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- Pubblicato Mercoledì, 04 Luglio 2012
- Scritto da Aristide Vecchioni
DUOMO DI ATRI
L’UMANITA’ E LA POESIA DEI VANGELI APOCRIFI NEGLI AFFRESCHI DI ANDREA DELITIO
“Le cose migliori si ottengono sempre con il massimo della passione” Wolfang Goethe |
I Vangeli dei poveri.
La presenza della tradizione apocrifa nel ciclo pittorico delitiano del Duomo di Atri ( come in quasi tutta l’arte figurativa medievale) testimonia una religiosità ab antiquo che nessuna autorità ecclesiastica era riuscita a emarginare. Nelle prime comunità cristiane, il fervore devozionale si nutriva di leggende trasmesse oralmente e, in parte, raccolte nei cosiddetti “Vangeli apocrifi”. Tali scritti esprimevano un’ingenua e immaginifica esperienza di fede, più legata alle quotidiane vicissitudini che alle interminabili e sfibranti diatribe teologiche. Erano miti che infondevano sentimenti e illusione, poesia e mistero, speranza di salvazione e meraviglie di paesaggi incantati. La povera gente, umiliata da secolari sopraffazioni, placava l’angoscia della propria impotenza rifugiandosi nello spazio idealizzato di simboli e chimere. In mancanza di riflessi dialettici, la capacità di illudersi favolisticamente era l’unico modo per compensare l’incertezza del quotidiano. Si sognava ad occhi aperti. Nelle allegorie e nella fiction sacre si celava un disperato desiderio di nuove e diverse prospettive sociali ed esistenziali. E’ questo lo sfondo emotivo, ovvero il retroscena psicologico che accompagnò la genesi della letteratura religiosa popolare.
Vangeli “apocrifi”, dunque, dal greco apòkryphos: occulto, sotterraneo, coperto da segreto, cioè di dubbia autenticità. Ecclesia quattuor habet evengelia, haeresis multa(la Chiesa ha solo quattro Vangeli l’eretico tanti) tuonava il collerico Origene(185-253) dal pulpito nei tornei omiletici. Per lui (e non solo) la questione assumeva una forte valenza ideologica. La selezione del vasto patrimonio documentario del Nuovo Testamento si era conclusa con i Vangeli canonici: vere pietre angolari dell’edificio dottrinario cattolico(1). Ergo, sempre secondo il teologo alessandrino, i rimanenti testi, inquinati da fantasie sovreccitate, stimolavano eresie e, pertanto, andavano soppressi. Ma gli avvenimenti successivi presero una diversa piega. I Vangeli apocrifi mostrarono una vitalità inestinguibile ed entrarono nella coscienza popolare con tanta forza da cancellare ogni sospetto sulle loro origini false ed ereticali. Essi svolsero una funzione capitale testimoniando situazioni ignorate dai sinottici(Matteo, Marco,Luca) e dal Vangelo di Giovanni, il più denso e complesso. Ma non basta. Il Protovangelo di Giacomo (II secolo), il Vangelo dello Pseudo Tommaso (IV-V secolo), il Vangelo dello Pseudo Matteo (IV secolo) suscitarono stupore e rispetto per la loro umanità e poesia. Le storie ivi narrate (sulla Natività di Maria, su Giuseppe il falegname, sull’Infanzia di Gesù) vennero divulgate di paese in paese da cantastorie e giullari itineranti(2). Allorala Chiesa, dinanzi a tanta peculiare devozione di massa, assunse un atteggiamento ambivalente: non l’accettò come propria ma la riutilizzò saggiamente come fascinoso elemento di edificazione spirituale, di modello di vita e di coesione sociale tra fedeli. Ne scaturì un sincretismo di religiosità popolare fiabesca e di riflessione teologica ufficiale che ispirò la fioritura artistica romanico-gotica di cui l’opera del Delitio, nel duomo di Atri, costituisce uno degli esempi più significativi.
Struttura dell’opera e iconografia cristiana apocrifa.
Indubbiamente, l’ideazione rigorosamente unitaria della composizione figurativa delitiana è da attribuire ad una committenza colta che guidò la mano dell’artista nella elaborazione delle sacre scene. Per essere chiari, la materia iconografica e il suo sottofondo didascalico-catechetico ebbero consulenti accreditati: il Vescovo e il collegio dei canonici dell’epoca. Né poteva essere altrimenti. Con il secondo concilio di Nicea(787), la Chiesaaveva rivendicato il diritto di scelta per le tematiche inerenti l’interpretazione del sentimento religioso. Tale potere decisionale era irrinunciabile e non delegabile all’artista il cui compito era limitato alla sola esecuzione tecnica: Pictoris sola ars est, solo l’arte è del pittore, nient’altro(3). Nel nostro caso, numerosi studiosi attribuiscono al dotto vescovo Antonio de Probis(4) la committenza e l’ideazione del ciclo sulle Storie di Maria, mentre l’articolazione pittorica( disegno incisivo, coerenza stilistica, equilibrio spaziale, squisitezze cromatiche) venne affidata alla forza creativa e all’esperienza del magister marsicano Andrea Delitio.
Esaminiamo adesso la struttura di questo capolavoro e le sue sorgenti ispiratrici. Il ciclo pittorico comprende 26 episodi distribuiti su quattro ordini orizzontali sovrapposti. In alto, tre lunettoni (spazi a mezzo cerchio) evocano tre momenti della storia di Gioacchino: l’espulsione dal Tempio, il ritiro nel deserto e ritorno a Gerusalemme, l’incontro di Gioacchino e Anna alla Porta aurea. Il tessuto narrativo è tratto dal Protovangelo di Giacomo(5). Gioacchino, vecchio proprietario di greggi e la sua sposa Anna non hanno figli. Poiché la sterilità di coppia era ritenuta una maledizione celeste in Israele, Gioacchino viene cacciato dal tempio ove si era recato per offrire sacrifici al Signore. Preso da vergogna, si ritira nel deserto a pregare quando un angelo gli predice la nascita di una figlia. Tornato a Gerusalemme, incontra la moglie presso la “Porta d’oro” del Tempio in cui era stato umiliato. I due si abbracciano con tenerezza, lieti della rivelazione divina(6).
Nel secondo registro, Delitio affronta il primo periodo della vita della Vergine: Nascita, Ingresso al Tempio, L’educazione, Sposalizio con Giuseppe, Visitazione, Annunciazione, Nascita di Gesù e Adorazione dei Magi. Ancora una volta l’incidenza delle cronache apocrife(ma anche gnostiche e islamiche) balza evidente attraverso una memoria pluritestuale. La figura di Maria, la “Tutta Santa”(Panaghia) vi giuoca un ruolo assoluto. La sua infanzia e giovinezza vengono rappresentate con dovizia di particolari tratti dai citati Protovangelo di Giacomo e Vangelo dello Pseudo Matteo. Nel repertorio artistico atriano le immagini assumono una freschezza e una potenza evocativa pari all’incanto delle antiche leggende popolari. Il racconto si snoda nitidamente scandito in otto riquadri. Esaminiamo, ad esempio, la Nascita della Vergine. La stessa, presenta un modulo binario: veristico e allegorico. Da una parte, si coglie la vivace atmosfera del post partum in una famiglia benestante dove ben nove donne, accuratamente abbigliate, sono indaffarate attorno alla puerpera e alla neonata per accudirle secondo gli usi locali. Dall’altra, la deliziosa presenza di una rondine che imbecca i suoi piccoli all’interno della camera da letto (in alto, sopra il camino) vuole simboleggiare il commosso sentimento della vita che sa di amore materno, di nido e di piume. Eguale immediatezza e calcolata semplicità caratterizzano le scene susseguenti che accolgono in toto i particolari aneddotici del Protovangelo di Giacomo e della Legenda aurea come: l’ingresso di Maria al Tempio di Gerusalemme, la visita degli Angeli che le portano cibo divino mentre lavora al telaio da ricamo, lo sposalizio con l’anziano Giuseppe che viene prescelto tra i dodici pretendenti per il ramoscello di mandorlo miracolosamente inverdito nelle sue mani.
Gli altri episodi, sono troppo noti per essere commentati. In essi sono presenti alcune sobrie notizie neotestamentarie mentre prevalgono nettamente i particolareggiati resoconti delle fonti eterodosse. Diamo ancora uno sguardo alla Natività di Gesù e all’ Adorazione del Magi. Nel Nuovo Testamento non si parla di grotta, nè vi sono tracce del bue e dell’asino che riscaldano con l’alito il Bambinello(7). Meno che mai si hanno notizie della presenza di una civetta che, nella scena delitiana, campeggia sullo spiovente della povera capanna. Anche l’ossequio dei Magi costituisce un enigma irrisolto. Matteo li cita genericamente nel secondo capitolo del suo Vangelo, senza specificare quanti fossero, come si chiamassero e quali popoli rappresentassero. In un affresco delle catacombe di Roma, i Re Magi dinanzi al piccolo Gesù sono quattro(8), mentre per le chiese orientali il numero varia fino a 12. In realtà, la terna dei Magi, viene puntualizzata nell’apocrifo Vangelo arabo-siriaco(9), del V-VI secolo, ove essi vengono presentati quali discepoli di Zarathustra, profeta della religione iranica. Nello stesso scritto la triade simboleggia i popoli dei tre continenti allora conosciuti(Europa, Asia, Africa) ed essa viene guidata dalla stella cometa verso il Salvatore. Altri racconti e dettagli, nati dalla fantasia creativa del popolo, vengono illustrati nel terzo ordine del ciclo: la Fuga in Egitto, la Strage degli Innocenti, Gesù tra i dottori, le Nozze di Cana e il Battesimo di Gesù. A testimoniare l’ampia fioritura della tradizione extra biblica in tali figurazioni valga, per tutti, il primo riquadro(la fuga in Egitto). L’intera vicenda è narrata dallo Pseudo Matteo in un lungo testo(10). La sacra famiglia, inseguita dagli sgherri di Erode, imbocca la via dell’espatrio clandestino. Come tante drammatiche storie di odierni immigrati, essa conosce la fame, la sete, la paura e i pericoli di un cammino insidioso tra leoni e leopardi. Ma la pietà popolare provvede a cospargere il tormentato esodo di mirabolanti prodigi che Delitio evidenzia con forza e compiutezza stilistica: l’angelo che indica il percorso, la palma che porge spontaneamente la chioma al Bambino per nutrirlo di datteri, le fiere divenute mansuete al passaggio dei fuggiaschi. Tali eventi, giova ribadirlo, non sono invenzioni dell’artista per vivacizzare la composizione pittorica ma costituiscono la fedele trasposizione figurativa di quanto minuziosamente narrato nelle copiose fonti apocrife. Perfino il paesaggio potrebbe essere riconducibile alla mappa di emigrazione disegnata nella letteratura cristiana appena citata. In alto, a sinistra, oltre il profilo di colline punteggiate di casupole e castelli, si intravedono un porticciolo, qualche barca e il mare aperto, ovvero il punto di imbarco palestinese per raggiungere l’Egitto. Forse, è “la via mediterranea dei 30 giorni” che Giuseppe confida all’Angelo di volere intraprendere (11). Arriviamo al quarto ordine delle sequenze sceniche riguardanti gli ultimi eventi mariologici: l’Annuncio della morte, il Commiato degli Apostoli, la Dormitio Virginis(oggi non più visibile), il Pio Transito o Cristo Eucaristico e l’Incoronazione della Vergine. Tale versione rispecchia l’intero racconto dello Pseudo Giuseppe di Arimatea(12) e della Legenda Aurea. Riassumiamolo. Maria, sopravvissuta alla crocifissione di Gesù per lunghi anni, è visitata dall’angelo Gabriele che le annuncia l’imminente morte offrendole un ramo di palma, simbolo del paradiso. Ella chiede di poter vedere ancora una volta gli Apostoli e la sua preghiera viene esaudita. Nell’incontro consegna la palma a Giovanni, il discepolo prediletto. La morte la coglie serena e, durante la notte, uno stuolo di Angeli la porta in cielo ove siede sul trono, alla destra del Figlio che la incorona. Anche la volta del Coro presenta una straordinaria incisività espressiva. Su uno sfondo di azzurro citramarino, trapuntato di stelle, si stagliano appaiati Evangelisti(con i loro simboli) e Dottori della Chiesa: Matteo(con l’angelo) e S.Girolamo; Marco(con il leone alato) e S.Gregorio Magno; Luca(con il bue alato) e S.Ambrogio; Giovanni(con l’aquila) e S.Agostino. La resa delle immagini è di una qualità suprema. La padronanza tecnica del disegno si salda felicemente con lo splendore cromatico di schietto respiro gotico-internazionale. Nelle sembianze di Luca, inoltre, la critica ha ravvisato l’autoritratto del Delitio: figura elegante, tratti fini, sguardo assorto davanti agli ultimi ritocchi di un quadro ove Madonna e Bambino gli sorridono con dolce e poetico contegno. Delitio vi si proietta non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Nell’imprimere il piglio di compiacenza e soddisfazione morale sul volto dell’Evangelista pittore per il lavoro appena terminato, egli in realtà rivela il proprio appagamento e la consapevolezza di un’arte compiutamente e stupendamente posseduta.
Il linguaggio artistico.
Le Storie di Maria presentano immagini, fantasie, simboli e significati che , ormai, sono entrati nella comune memoria di credenti e agnostici. Esse tracciano un fantasmagorico sentiero di rigogliosa flora narrativo-religiosa, ove ogni viandante inquieto si addentra per odorarne gli aromi di poesia e spiritualità. Questa sensazione di piacere aumenta ogni qual volta la grazia e la forza del racconto letterario vengono interpretate e tradotte in visione figurativa artisticamente geniale. E’ il caso del ciclo pittorico in esame. Diciamo subito che Delitio è un narratore ipnotico che ammaglia e cattura. Il suo straordinario potere evocativo e le sue costanti estetiche(plasticità di disegni, scelta di colori, realismo prospettico, varietà di figure) sono legati a un intenso tirocinio educativo di cui, purtroppo, abbiamo scarse notizie. Probabilmente dovette viaggiare molto. Tecniche e caratteri stilistici, come i suoi, non compaiono all’improvviso come rugiada mattutina o erba fresca. Sono frutto di studi, contatti, collaborazioni e soggiorni in quelle aree culturalmente più attive dell’epoca come, ad esempio, la Toscana, il Lazio, l’Umbria e le Marche. Egli risentì della varietà delle grandi scuole regionali in senso “eclettico”. Rielaborò e coordinò organicamente le più alte espressioni pittoriche, locali e internazionali. Il suo linguaggio artistico fu un laboratorio di stili. Della tradizione trecentesca De Litio accolse e sviluppò la costruzione prospettica e il sentimento della natura rintracciabili nei panorami amplissimi di amene colline, castelli fiabeschi, mare, barche, fiere ed esotici alberelli (v. Fuga in Egitto). Del neogotico assimilò la ricercatezza delle immagini, l’animazione delle scene, gli accurati abbigliamenti, le aristocratiche decorazioni (v. L’adorazione dei Magi, La natività di Maria, Le nozze di Cana). Appare inoltre evidente il crudo realismo fiorentino. Si pensi alla Strage degli innocenti e al convulso addensarsi di corpicini straziati, di madri urlanti, di gente terrorizzata, di sicari assassini mentre, dall’alto, il tiranno Erode impartisce folli ordini con spietata brutalità. Di estrazione classica ( cioè rinascimentale) sono la geometrica evidenza dei pavimenti, l’armonia degli spazi, la studiata simmetria degli ambienti, la razionalità architettonica ( v. Cristo tra i dottori, la Vergine al Tempio, Le nozze di Cana).
Nonostante la pluralità delle esperienze, l’artista marsicano rimase profondamente radicato ai valori e agli aspetti della vita locale. Nell’ampio respiro delle composizioni, infatti, è possibile cogliere pastori e contadini nella quotidiana fatica, ragazzi che ballano il “saltarello” o giocano per strada, popolane affaccendate nei lavori domestici, nobiltà e alto clero ritratti in composte e severe espressioni. E’ tutto un mondo di arguta vivacità che, pur incentrato su credenze religiose, ha trasmesso ai posteri costumi, tradizioni, folclore e quant’altro possa conferire identità culturale: cioè il senso ideale di appartenenza a una comunità e a una terra.
Aristide Vecchioni
Note
1)Il termine “Vangelo” significa buona novella, annuncio messianico. La sua natura non è biografica ma kerigmatica, riferita cioè alla proclamazione di salvezza ( J.G. Davies) mentre il suo stile è oracolare e liturgico(A.Loisy). I Vangeli, secondo Marco, Matteo, Luca e Giovanni, rappresentano i documenti basilari della predicazione apostolica su Cristo e il suo insegnamento. Essi vennero dichiarati dalla Chiesa “autentici”(cioè conformi alla teologia ufficiale) alla fine del I secolo, dopo una travagliata selezione di innumerevoli testimonianze che, dopo la morte di Gesù, circolavano nelle comunità paoline in forma orale e scritta. Non è difficile immaginare quante leggende fossero fiorite nel cristianesimo primitivo e come i testi si moltiplicassero a dismisura, confusamente e in contraddizione tra loro. La Chiesa allora, non senza compromessi con le comunità più influenti, accreditò quegli scritti che offrivano insegnamenti concisi e sentenziosi, cioè adatti ad una catechesi di iniziazione. Il più antico vangelo è quello di Marco(66-75 d.C.) a cui attinsero Matteo e Luca. Questi tre Vangeli presentano racconti così somiglianti da poter essere stampati e letti su colonne affiancate, onde l’appellativo di “ Sinottici”(da synopsis: sguardo d’insieme).Il quarto vangelo canonico, quello di Giovanni(I sec. d.C.) è il più elaborato per la presenza di concetti-chiave(come Cristo identificato con il Lògos e l’immortalità dell’anima) mutuati dal Platonismo e Neoplatonismo; 2) negli anni 70, Dario Fo, dopo lunghe ricerche, recuperò numerosi testi popolari della tradizione apocrifa medievale sparsi in Europa. Ne venne fuori uno spettacolo teatrale di altissimo livello artistico dal titolo”Mistero Buffo”; 3)cfr. R Assunto, La critica d’arte nel pensiero medievale, Milano, il Saggiatore 1964, cit. in L’eredità medievale di Claudio Leonardi, Storie della letteratura Italiana, vol.I, p.118, Ed. Sole 24 ore; 4) Antonio de Probis nacque da nobile famiglia atriana e venne eletto vescovo di Atri e Penne nel 1462. Divenne più tardi consigliere e diplomatico del Re di Napoli Ferdinando l’Aragonese a Venezia e in Ungheria. Morì a Napoli il 10 luglio 1482(cfr. Il Regno delle Due Sicilie descritto e illustrato, Napoli 1858, vol XVII, fasc.2, p.9; 5) cfr. I Vangeli Apocrifi, a cura di Marcello Craveri, Mondolibri, Milano, 2007, pp 8-11; 6) la storia di Gioacchino, quale necessario antefatto della vita di Maria entra nel repertorio figurativo di molte opere. Oltre a trovarla negli affreschi giotteschi della celebre Cappella degli Scrovegni a Padova(1303-1305), appare nei dipinti di Gaddi(S.Croce-Firenze), Ghirlandaio(S.Maria Novella-Firenze), Carpaccio(Accademia-Venezia), Vivarini(S.Maria Formosa-Venezia), Lippi(Copenaghen) e altri; 7) Matteo afferma solamente che Gesù nacque a Betlemme di Giudea al tempo di re Erode( 2-1). Luca aggiunge che Giuseppe si recò a Betlemme assieme alla sposa Maria per il censimento, e Maria diede alla luce il suo figlio primogenito che depose in una mangiatoia perché non c’era posto nel loro albergo(2-5). Marco e Giovanni ignorano tale evento e sviluppano solo i temi emblematici del Nazzareno adulto: messaggi, miracoli e passione; 8) a gennaio del 1997, l’allora Presidente del Senato, Mancino, in un intervento, accennò ai “Quattro Magi” dell’Epifania attirando su di sé i rozzi sbeffeggiamenti di molta stampa ignorante. Invece l’erudito Presidente, senza citarla aveva ben presente la raffigurazione delle catacombe romane dove appaiono quattro Magi in adorazione del piccolo Gesù; 9) cfr. I Vangeli apocrifi , op. cit. a nota 5, p.118; 10) Vangelo dello Pseudo-Matteo in I Vangeli Apocrifi, op. cit. a nota 5, pp.84, 85, 86, 87; 11) Vangelo dello Pseudo-Matteo, in I Vangeli Apocrifi, op.cit. a nota 5, p.87; 12) il testo, attribuito a Giuseppe di Arimatea è stato rielaborato su manoscritti latini della Biblioteca Vaticana e della Biblioteca Ambrosiana.