I  NOSTRI GIOVANI NON SONO UN VUOTO A PERDERE!

di Gabriella Romano

Ore tre di mattina: ritorno a casa dopo aver consumato l’annuale rito della “gita scolastica” che ci si ostina ancora a definire “visita di istruzione”. Tanta stanchezza, ma il sonno è passato. Lo sguardo, suo malgrado, indugia sull’amabile disordine lasciato dagli uomini di casa: sul tavolo del salotto, la consueta pila di giornali da cui fuoriescono fogli di una carta che non è quella dei soliti quotidiani. Li sfilo, capisco che si tratta del periodico cittadino di cui avevo avuto notizia dai manifesti che ne pubblicizzavano la presentazione alla quale,però, proprio perché in visita di istruzione, non avevo potuto partecipare.   Il foglio che, primo, mi cade sotto gli occhi è quello che contiene il bell’intervento di Marta Lupoletti, Presidente dell’A.S.A.  Il titolo ( forse per deformazione professionale)  mi induce , nonostante l’ ora tarda, a leggere l’articolo con attenzione. Leggo  dell’impegno dei giovani in attività tese a coinvolgere ”… una  generazione [ la loro] che spesso vive in superficie … che sbadiglia sul proprio futuro …” e mi sembra un segno: per cinque giorni,  dall’ osservatorio privilegiato qual è una gita scolastica, ho avuto sotto gli occhi comportamenti che ogni volta mi provocano inquietudine, mi sollecitano domande sugli errori fatti, mi inducono ad interrogarmi su cosa fare per rimediare in qualche modo. I comportamenti cui siamo abituati sono sempre gli stessi ed hanno un denominatore comune: l’ ansia di una libertà assoluta, il disinteresse per qualsiasi attività che non sia quella del divertimento e, soprattutto, della conquista di un’ illusoria quanto effimera felicità. Ho chiesto ai ragazzi perché non perdessero occasione per “ farsi una  birretta”( anche più d’una per la verità) e la risposta è stata, invariabilmente: “ Perché ci annoiamo e, bevendo, diventiamo tutti più allegri…ci sentiamo molto meglio dopo qualche bicchiere”.

La noia, eccola la noia…  La noia non è una compagna nuova per l’uomo: penso al taedium vitae di Lucrezio e di Orazio, a Leopardi che la definiva  come ” il maggior segno di grandezza e di nobiltà che si vegga nella natura umana”, allo spleen baudeleriano. In ogni caso essa è stata occasione per profonde riflessioni sull’umana condizione ed uno stimolo potente a tradurle  in opere che hanno sfidato il tempo e che ancor oggi ci appaiono di grande modernità.

E la noia dei nostri giovani?  Essa è soprattutto sinonimo di un vuoto valoriale, a creare il quale tutti noi adulti abbiamo potentemente concorso; un vuoto che li rende prigionieri di se stessi, li condanna all’inazione da cui tentano di fuggire attraverso facili scorciatoie che danno l’illusione di un momentaneo benessere. 

Ovviamente non per tutti è così: Marta e quelli come lei lo testimoniano;  lo è, però, per molti, anche solo a guardare ciò che accade nella nostra città.  Noi “grandi” non dobbiamo chiudere gli occhi di fronte a lunghe giornate di assoluta apatia, televisione, videogame, abbrutimento. Dovremmo “uscire dalle nostre distrazioni per ricordarci di trasmettere valori più forti delle mode”.  Ma, cara Marta, come facciamo noi adulti a trasmettere valori se prima non prendiamo umilmente atto che, sempre più spesso, ci presentiamo come campioni di veri e propri disvalori o, nel migliore dei casi, quali fautori di comode forme di relativismo pedagogico, allettanti sirene il cui   fascino  si rivela alla fine  infido e pericoloso? Solo allora si porrà la sfida educativa che, ovviamente, non potrà prescindere dalla cultura intesa come sistema di valori che le opere dei grandi, in ogni  campo, ci hanno tramandato nel tempo. A mio avviso, però, questo da solo non può bastare se non saremo capaci di metterci umilmente in ascolto, spogliandoci delle vesti di maestri del nulla, delle necessità di chi ci chiede fiducia e collaborazione e se, soprattutto, non saremo capaci di adottare comportamenti conformi a quei valori di cui tanti giovani hanno disperatamente bisogno per riempire il loro vuoto esistenziale, per “non sbadigliare sul loro futuro”, per essere, insomma, protagonisti di un domani che spetta di diritto solo a loro.

Gabriella Romano