PERSONAGGI ATRIANI.

ANTONINO MODESTINI: LA PASSIONE PER LE FESTE, L’AMORE PER LA CITTA’

 

Tifoso della Lazio e organizzatore di feste è stato Antonino Modestini, nato il 1° aprile 1934. Ironizzava sulla data di nascita, dicendo che era venuto al mondo nel giorno del pesce d’aprile, forse non più sentito come una volta dai giovani.

Alto, magro, carnagione scura, indossava spesso giacca e cravatta. Lo vedevi girare per le campagne e la periferia di Atri con l’ape, oppure con il gruppo di amici in Piazza Duomo o nel rione S. Antonio, in uno dei pochi (rispetto alla parte intramurale) bar del quartiere.

Tonino nacque nel quarto Capo d’Atri, nei pressi dell’oratorio della Trinità e accanto all’attività lavorativa, organizzò per diverse edizioni la festa dell’Immacolata Concezione, con la sfilata dei “faugni” e la processione con il simulacro della Madonna per le vie principali del centro. L’edizione che organizzò nel 1983 fu particolare per l’illuminazione della facciata della Cattedrale e quella del 1984 per la nuova dalmatica della Madonna, indossata soltanto per la festa assieme alla preziosa corona, memoria dell’incoronazione, custodita nel museo. Nel resto dell’anno indossa una convenzionale tunica.

Per Tonino non c’erano premi per i portatori delle fiaccole dell’8 dicembre, perché il premio era il compito di portare il “faogno”. Era già cominciato il periodo della disaffezione dei ragazzi per questo ruolo. Chi aveva le mani libere poteva scoppiare miccette e pirat per le strade, suonare ai campanelli delle case per svegliare il padrone o semplicemente per disturbare o, più malinconicamente, tornare a casa per coricarsi dopo una notte piena di allegria. La breve considerazione sociologica è stata illustrata in una tela da Antonio Pavone, dove i fasci di canne sono portati da uomini barbati vestiti senza fronzoli.

C’era però chi non era d’accordo sul ballo della pupa che sigla i festeggiamenti dell’Immacolata. Tonino rispondeva che la pupa viene offerta ai bambini come attrattiva. Per tagliare la testa al toro il ballo, con l’accompagnamento della banda che esegue gustose marcette, è stato trasferito in Piazza duchi d’Acquaviva, ripetendo la soluzione architettonica della coesistenza, come a Siena, da una parte la piazza religiosa, dall’altra quella civile e profana.

Un anno nel pomeriggio dell’8 dicembre si diffuse la notizia della venuta di Vittorio Sgarbi che avrebbe visitato la Cattedrale con gli affreschi del Delitio. Processione e pupa passarono in second’ordine e tutti aspettavano lo storico dell’arte che sbucò da Via Roma, accompagnato dall’autista e dalle segretarie che nell’immaginario dei giovani, alimentato dal cinema e dalla pubblicità, dovevano essere paradigmi di bellezza. Tonino, con la solita ironia, disse che una segretaria non era proprio il top della grazia, e si turò il naso, come per dire, “era un colera”.

Nel giorno dell’Epifania, per la chiesa di S. Gabriele, di cui era parrocchiano, organizzava la festa per la schola cantorum “Aristotile Pacini”, all’epoca diretta dal m° Carmine Leonzi con il fratello Cav. M° Concezio, direttore artistico, che animava l’ultima liturgia solenne del tempo natalizio con il canto del Te Deum e il bacio di Gesù Bambino. Don Paolo celebrava la Messa e tanti erano gli atriani, parrocchiani e fedeli del centro storico, presenti all’evento, per riascoltare i classici brani del Natale.

Inventò la festa dell’anziano, per la parrocchia di S. Gabriele, con il palco in Piazza Mambelli per valorizzare la periferia Sud di Atri e soprattutto gli anziani. La festa si teneva nella terza decade di luglio, nelle vicinanze della festa dei SS. Gioachino e Anna, genitori di Maria Santissima, nonni di Nostro Signore. Un tempo i protettori dei nonni avevano la festa separata e il 26 luglio si celebrava soltanto S. Anna, considerata patrona più delle partorienti che dei nonni. Ad Atri ogni rione aveva il culto della Santa. Il quarto S. Maria la venerava presso l’altare Acquaviva, S. Nicola nella chiesa di S. Francesco (prima cappella laterale sinistra) e S. Croce in quella di S. Spirito, dove il culto è resistito più a lungo, anche perché si venerava pure S. Gioachino, la cui statua fu trasformata in S. Francesco Saverio e l’operazione non fu difficile perché bisognava soltanto cambiare l’abito alla “conocchia”. Alla convenzionale tunica di S. Gioachino, simile a quella di S. Giuseppe, fu sostituito un abito talare con una stola verde. Il volto non dava nessun problema, perché entrambi erano barbati.

Una malattia ribelle ad ogni tentativo della scienza gli ha fatto compagnia per molti anni. Tonino ha sempre conservato il sorriso e l’ironia e soprattutto l’impegno per la cittadina natale e il rione S. Antonio. Assistito amorevolmente dalla moglie Livia e dai figli Laura, Luisa, Gianluca, Francesca e Letizia, con i rispettivi coniugi, allietato dall’arrivo del nipotino Alessandro, incontrò sorella morte, nel 2011, proprio pochi giorni dopo la solennità dell’Immacolata, la festa mariana più sentita di Atri, imbevuta forse di qualche pesante elemento accessorio, ma anche quello ci vuole, perché tra le sacre mura della Basilica di S. Maria la mattina dell’8 dicembre rinnoviamo l’atrianità e la fede nel Signore e nella Madonna.

SANTINO VERNA