CHIESE E DEVOZIONI POPOLARI AD ATRI

LA CHIESA DI S.MARTINO: UN ANTICO ROMITORIO NELL’ABBRACCIO DELLA NATURA

 

A circa 4 kilometri da Atri, sorgono la chiesa e il romitorio di S. Martino (in dialetto Santa Martine) appartenenti al piviere di S. Maria nella Concattedrale. Dato che si trova su strada secondaria rispetto alla Cona, la chiesa è meno conosciuta della Madonna delle Grazie. Nei pressi della fabbrica è il camposanto per le vicine contrade e anche per qualche atriano che ha scelto S. Martino per luogo della sepoltura, volendo un maggior contatto con il creato.

La contrada per gli atriani evoca un senso di lontananza, tanto che quando negli anni prima dell’ultima guerra mondiale vi andava a suonare la banda di Atri, era vissuto come un evento. Lo ricordò pochi anni prima della morte il maestro Glauco Marcone, allievo di Antonio Di Jorio, primo direttore del coro folkloristico fondato nel1974 inordine di tempo e della ricostituita banda cittadina che assemblava gli allievi del doposcuola popolare di musica da lui diretto.

Il romitorio di S. Martino era più famoso di quello della Cona, dove la maggior attenzione va all’aspetto Santuariale con la venerazione alla Madonna delle Grazie. Vi abitava un eremita, addetto alla manutenzione della chiesa e alla vita orante. Con la scomparsa di questa figura, riapparsa in altre diocesi con nuove forme, il romitorio fu abitato da una famiglia che conduceva vita e lavoro normali, ma con il compito della cura della chiesa.

Il culto di S. Martino giunse in Abruzzo grazie ai Longobardi che nell’Alto Medioevo occuparono la regione. Atri appartenne al ducato di Spoleto ed ebbe la felice definizione di civitas vetusta proprio da Paolo Diacono, storico dei Longobardi. Questo popolo venerava pure S. Michele Arcangelo, ma agli atriani non doveva essere molto simpatico perché protettore ed eponimo della vicina Città S. Angelo, dove nella seconda metà del XV sec. il Vescovo Amico Bonamicizia aveva tentato di trasferire la sede vescovile di Atri, per ragioni di campanilismo, perché angolano e Canonico della Collegiata di S. Michele. I civitaresi (così sono chiamati ancora dagli atriani con un pizzico di antica rivalità) rimasero con un pugno di mosche in mano, ma ottennero la compensazione della prima visita solenne dei Vescovi di Atri e Penne, dopo l’insediamento a S. Massimo e a S. Maria Assunta.

La bianca chiesa, in muratura, con un’esile costruzione per la campana, abbellita dal verde della campagna, ha un modesto interno, con la statua settecentesca del Santo titolare. Negli anni ’90 fu caldeggiato il progetto di affrescare l’interno con Storie di S. Martino. Sarebbe stato un lodevole esempio di arte figurativa contemporanea nella città di Atri, a volte restia, per una sorta di misoneismo alimentato dall’abbondanza di arte antica e medioevale, non solo nelle chiese. E sicuramente l’artista si sarebbe ispirato alla cappella del Santo nella Basilica Inferiore di S. Francesco, dove Simone Martini ha lasciato il segno del suo talento.

Nei pressi del complesso di S. Martino è l’omonima fontana archeologica, abbinata anche al ricordo della famiglia Torinese che aveva terreni nel luogo. Essa aveva l’avito palazzo in pieno centro storico in Atri, nei pressi del monastero di S. Chiara.

Alla chiesa di S. Martino fa forse riferimento Antonio Di Jorio nella canzonetta “Paese mè”, dedicata sì al paese natale, Atessa, ma anche ad Atri che lo aveva accolto nel 1921. Nella composizione si parla della nostalgia per la campana di S. Martino. Può sembrare strano, perché se Di Jorio voleva ricordare una campana della città adottiva il pensiero correva subito al Campanone di S. Maria o agli altri sacri bronzi delle diverse chiese. In un’altra strofa si parla di un colle lontano che gli ricordava il Monte Pallano, nei pressi di Atessa, ma gli poteva ricordare benissimo il Colle della Giustizia, sulla strada per S. Martino.

Probabilmente il maestro di Atessa volle assemblare, lontano dall’Abruzzo, luoghi sia atessani che atriani. Il riferimento al Vescovo di Tours è caro agli atessani, perché ogni anno, si compie il pellegrinaggio a piedi (anche se un consistente tratto ora è in pullmann), dalla chiesa di S. Leucio che si fregia del titolo di Cattedrale essendo un’insigne Arcipretura alla diruta badia di S. Martino in Valle, alle falde del Monte Amaro.

La festa di S. Martino si tiene liturgicamente l’11 novembre, data delle esequie del Vescovo di Tours. Demologicamente chiude il ciclo che si apre con la Natività di S. Giovanni Battista e apre quello che si conclude a S. Giuseppe, secondo la tripartizione dell’anno. Era una festa ricordata dal Canonico Luigi Illuminati, perché era il giorno dei motteggi giustificati dalle abbondanti bevute di vino.

Nella contrada atriana, la festa popolare si tiene a maggio, come avviene per S. Nicola a Bari, per favorire una maggiore partecipazione di fedeli.

SANTINO VERNA