CHIESE E DEVOZIONI POPOLARI AD ATRI

LA  CHIESA MEDIOEVALE DI SAN LIBERATORE, LA “CAPPELLA VOTIVA” RICCA DI STORIA

Impropriamente detta cappella votiva, la chiesa di S. Liberatore è una chiesa vera e propria e non una cappella. Con questa dicitura s’intende uno spazio sacro all’interno di una chiesa o uno stabile. Gli esempi atriani sono rispettivamente la cappella del SS. Sacramento nella Basilica Concattedrale e la cappella dei duchi, presso il piano superiore di Palazzo Acquaviva. Rimangono però pochi elementi della primitiva cappella che, ovviamente, non è più tale.

 

La chiesa di S. Liberatore è situata in Piazza duchi d’Acquaviva, dove l’attenzione va maggiormente all’edificio più grande, il palazzo ducale. L’oratorio è fiancheggiato a destra da quest’ultimo, a sinistra dall’omonimo ospizio (ora casa Savini), il cui erede è l’ospedale civile “S. Liberatore”, per tanti anni in Largo S. Spirito, dal 1961 nel rione S. Antonio. S. Liberatore non è un Santo con questo nome, ma il Cristo Liberatore dal peccato e dalla morte. Denominazione meno comune di Salvatore, in Abruzzo abbiamo la badia di S. Liberatore a Maiella in Serramonacesca, fino al 1973 sotto la giurisdizione di Montecassino. Paolo VI per far coincidere il più possibile la circoscrizione ecclesiastica con quella civile assegnò i comuni “cassinesi” dell’Abruzzo alla diocesi dove si trovava l’enclave. Serramonacesca, dal1927 in provincia di Pescara, fu messa sotto la giurisdizione di Chieti.

La festa del Liberatore sarebbe il 6 agosto, Trasfigurazione del Signore, tanto cara alle Chiese orientali, poco sentita nel mondo occidentale. Istituita nel1457, inprecedenza la memoria della Trasfigurazione era la IIa domenica di Quaresima, quando uno dei Vangeli sinottici, parla di Gesù che condusse sul monte (identificato con il Tabor), i discepoli prediletti e si trasfigurò tra Mosè ed Elia, la legge e i profeti. Francesco d’Assisi, come Antonio di Padova, S. Chiara e S. Bernardino, per fare gli esempi di santità più famosi, hanno vissuto soltanto l’appuntamento quaresimale del quarto mistero della luce.

Il S. Liberatore di Atri è una chiesa medioevale. Nell’attiguo ospizio, il Beato Rodolfo assisteva gli infermi e i poveri e tra quelle mura nacque la vocazione religiosa e missionaria. La chiesa nel XVIII sec. perse la funzione cultuale e riprese a vivere nel 1935, quando l’Arcidiacono Raffaele Tini la fece restaurare con la scritta sulla facciata: “In Deo vivunt pro patria mortui”, iscrizione che suscitò qualche perplessità perché sembrava che in Dio vivessero soltanto i caduti per la patria e non tutti. Le poche opere d’arte furono trasferite in Cattedrale, fu abbattuta la cantoria sulla controfacciata, chiuso il passaggio con la casa confinante e le decorazioni, dirette dal Prof. Alfredo Ferzetti, furono eseguite da Ettore Mattucci. Il Ferzetti, maestro vetratista, realizzò pure le vetrate, quella absidale con il Crocifisso che veglia sui caduti e le monofore con i Santi “militari”: S. Martino, S. Sebastiano, S. Giorgio, S. Barbara.

S. Martino di Tours, soldato romano prima della conversione, visse l’episodio del mantello, la cui metà fu donata al povero infreddolito, proprio durante la vita militare. Assai venerato in Abruzzo (presente in diversi toponomi), ad Atri gli furono intitolati una chiesa e un romitario nell’omonima contrada. La sua festa, come ricordava Don Luigi Illuminati, era molto sentita nella città dei calanchi.

S. Sebastiano, soldato torturato dalle frecce e poi ucciso, era venerato soprattutto contro la peste. Patrono dei vigili urbani, ad Atri fu festeggiato il 20 gennaio 2001.

S. Giorgio, cavaliere legato alla battaglia contro il drago (simbolo del paganesimo), venerato dai cattolici, dagli orientali e addirittura, con modalità diverse, dagli islamici, è patrono degli scouts, presenti in Atri dal secondo dopoguerra nelle chiese della Cattedrale e di S. Francesco, e recentemente tornati nella parrocchia di S. Maria.

S. Barbara, patrona degli artificieri e dei pompieri, figlia di un pagano, fu decapitata dal padre che subito dopo fu ucciso da un fulmine. Per Atri i minatori del Belgio realizzarono la piccola statua, custodita in S. Agostino e dal 2000 inS. Francesco. Gli atriani la ricordano per il proverbio: “Santa Barbara benedetta, liberaci dal tuono e dalla saetta”. Per alcuni anni furono accesi e portati per il centro storico i “faugni”, nella data liturgica del 4 dicembre.

La chiesa di S. Liberatore, restaurata nel 2006 dal Comune di Atri e dalla Fondazione Tercas, è officiata soltanto, con l’organizzazione dell’associazione combattentistica locale e del Comune, il 4 novembre, o talvolta, nella domenica più vicina. La celebrazione eucaristica è il sigillo del corteo che parte dalla villa comunale e percorre la strada centrale della cittadina. Recentemente la celebrazione è stata animata dalla corale friulana “Natissa”, per via del gemellaggio con il coro folkloristico “Antonio Di Jorio”.

Nel 1995, per il mezzo secolo della liberazione, il 18 giugno fu realizzata una grande festa e l’oratorio, insufficiente per ospitare ex-combattenti e fedeli, fu sostituito dalla Piazza duchi d’Acquaviva con un palco. Avrebbe dovuto celebrare la S. Messa l’allora Arcivescovo di Teramo- Atri, Mons. Antonio Nuzzi, ma per impegni improrogabili fu presieduta da Don Giuseppe Bonomo, attuale Parroco di S. Maria nella Concattedrale, all’epoca cappellano dell’ospedale civile.

All’interno, vari cimeli ricordano i caduti atriani delle due guerre del secolo breve ed eroi della città come Pietro Baiocchi e Aurelio Grue.

SANTINO VERNA