CHIESE E DEVOZIONI POPOLARI AD ATRI

LA CHIESA DI SAN NICOLA: ARTE E FEDE NEL CORSO DELLA STORIA

 

 

Parrocchia del quarto Capo d’Atri e di parte del quarto S. Nicola, è la chiesa del Santo di Mira, la cui ricostruzione porta la data del 1256. La facciata, restaurata alla fine degli anni ’90 per interessamento del Parroco Mons. Giuseppe Di Filippo, non ha più le due monofore, e come apertura, è stata ripristinata la finestra circolare, circondata da maioliche policrome di Castelli. A sinistra si erge la modesta torre campanaria. L’abside, come la Basilica di S. Nicola a Bari, è coperta da superficie rettilinea.

L’interno, a tre navate divise da pilastri che sostengono archi a sesto acuto, con diversi capitelli provenienti dalla badia di S. Giovanni a Cascianello, ha copertura lignea. Nel terzultimo intradosso della navata sinistra un affresco tardomedioevale raffigurante S. Luigi IX di Francia, mentre sulla controfacciata è l’immagine trecentesca di S. Lucia con la fiaccola, attributo poi sostituito con il vassoio recante i bulbi oculari, simbolo della carità verso i poveri, per i quali la martire siracusana si sarebbe cavati pure gli occhi.

Il presbiterio con discreto prolungamento absidale ha un Crocifisso ligneo (XVIII sec.), restaurato nel 2008, con tanti lividi sul corpo. Nella navata destra è la tela di S. Nicola di Mira (XVII sec.), forse proveniente da Bari, grazie al breve episcopato a Penne e Atri del barese Vincenzo Maria De Rubeis, francescano conventuale. L’immagine rappresenta il Vescovo di Mira nell’iconografia tradizionale che cerca un compromesso tra il mondo orientale e quello occidentale. La soluzione del capo scoperto, mette in evidenza la canizie e quindi la veneranda età, ma non privilegia nessuna liturgia, né la mitra latina, né la tiara bizantina, come nel simulacro conservato nella Basilica di Bari. Una volta la tela era quella dell’altare di S. Nicola, poi rimosso. Nel 1979, per interessamento dell’allora Parroco Don Antonio Toscani, fu realizzata la statua lignea del Santo, ma nell’iconografia occidentale, e fu praticata una nicchia nel mezzo della navata destra. Il simulacro fu benedetto dal suo successore, Mons. Giuseppe Di Filippo, all’epoca Vicario- Generale, durante una celebrazione animata dal coro “Antonio Di Jorio”.

La festa di S. Nicola, dal 1980 al 1983, con programma religioso e ricreativo si tenne in luglio, perché la data dicembrina era sfavorita dal freddo. Nel 1987, inoccasione del IX centenario dell’arrivo delle spoglie da Mira a Bari, la festa si tenne proprio nella data liturgica, il 6 dicembre. Preceduta dal triduo, predicato da P. Gianni Malberti del Russicum di Roma, il giorno della festa quell’anno coincise con la visita del Patriarca Dimitrios I al Beato Giovanni Paolo II nella Basilica Vaticana. Mentre l’Oriente incontrava l’Occidente sulla tomba di Pietro, nella chiesa atriana di S. Nicola veniva celebrata la divina liturgia in rito bizantino. La S. Messa conclusiva fu celebrata da Padre Abele e fu l’ultima sua liturgia a S. Nicola come Vescovo di Teramo- Atri. Sarebbe tornato da emerito il 4 giugno 1989 per amministrare le Cresime. Seguì la breve processione con la statua di S. Nicola per le vie della parrocchia, anche se il giro interessò pure il piviere di S. Maria, dato che comincia dalla parte destra di Portico Pomenti. La S. Messa fu animata dall’Academia Baptistiana, diretta dal m° Glauco Marcone, con all’organo il m° Gian Piero Catelli, organista titolare di S. Giovanni Battista e parrocchiano di S. Nicola. La schola era legata alla Parrocchia perché diverse voci femminili venivano dal coro parrocchiale, impegnato nell’animazione della S. Messa festiva delle 11. Furono eseguiti brani di Perosi. Il simulacro di S. Nicola rimase ancora qualche giorno nei pressi del presbiterio.

In questi ultimi anni, anche per la presenza di diversi stranieri provenienti da Paesi che venerano S. Nicola, in molti è nato il desiderio di rifare la festa. Comunque quella liturgica c’è sempre, nell’ambito della novena parrocchiale dell’Immacolata.

In S. Nicola si venerava pure S. Giuseppe. Tanto tempo fa la Curia Vescovile aveva decretato una tassa per il comitato dei festeggiamenti che si radunava il 2 febbraio nella sacrestia per pianificare le liturgie e la banda. Siccome il comitato non poteva pagare, Michele Celommi disse all’Arcidiacono Raffaele Tini che il pagamento sarebbe arrivato a festa avvenuta. Ma il prelato rispose: “Finita la festa, gabbato il Santo” e quindi vietò i festeggiamenti di S. Giuseppe.

Ma il 19 marzo, la banda era ugualmente arrivata, e l’allora Parroco Don Emidio Angelini, aveva celebrato la Messa e si atteneva a quanto aveva detto l’Arcidiacono. Pertanto non si mise in fila per la processione. Il Santo uscì lo stesso, accompagnato dalla banda e sotto le finestre dell’Arcidiacono fu eseguita la marcia reale.

Altra festa sentita era il Corpus Domini, nella domenica tra l’ottava. La processione era parrocchiale e vi era compresa la benedizione degli infermi che guardavano dalle finestre del vecchio ospedale civile. Veniva allestito un altare nei pressi della casa di Francesco Ferzetti e quello era il momento più toccante, perché sembrava di rivivere un attimo lourdiano. E un momento simile era la festa della Medaglia Miracolosa, il 27 novembre, con la distribuzione delle medaglie e l’organizzazione delle Figlie della Carità. In S. Nicola furono celebrate, nel 1956, le esequie di Madre Agnese Taralli, da Mons. Aurelio Tracanna, il quale rinunciò a diventare Parroco della Cattedrale per non lasciare S. Nicola dove da Arcidiacono continuò il ministero come economo spirituale.

Il Vaticano II fu portato da Don Antonio Toscani. Vibranti furono le Messe beat e l’introduzione delle chitarre. Il repertorio ha diversi canti di Marcello Giombini, riproposti ancora oggi. Nutrito il numero dei chierichetti che nell’arco della mattinata serviva anche quattro Messe, con tappa a S. Lucia. Lo spopolamento della parte intramurale (negli anni ’80 c’erano sei negozi di alimentari, oggi soltanto uno) e le mutate condizioni del tempo, hanno ridotto notevolmente la compagine dei ministranti, ma non l’affetto verso la Parrocchia di Capo d’Atri.

SANTINO VERNA