I GESUITI E ATRI

IL BEATO RODOLFO E  P. CLAUDIO ACQUAVIVA: IL FORTE LEGAME DELLA COMPAGNIA DI GESU’ CON LA NOSTRA CITTA’

La Compagnia di Gesù fu presente ad Atri dal 1606 al 1767, per volere del V° Preposito Generale P. Claudio Acquaviva d’Aragona, figlio del duca Giovanni Antonio e fratello di Giovan Girolamo, padre del Beato Rodolfo. Tra zio e nipote c’erano solo sette anni di differenza.

Quando sul mensile Jesus fu dedicato il numero monografico ai gesuiti per il V° centenario della nascita di S. Ignazio, nella casella del luogo di nascita di Padre Claudio comparve Napoli e non Atri. Indubbiamente non si volle sminuire la città dei calanchi, ma forse si voleva mettere in evidenza il vasto Stato preunitario dove era ubicata Atri. I gesuiti (non è questa la sede per fare gli avvocati del diavolo) non tengono molto alle radici e ai luoghi dei loro illustri confratelli e forse neppure tanto ai loro Santi e Beati. Una volta un famoso gesuita, alla fine di una solenne celebrazione da lui presieduta con uno stuolo di concelebranti, mentre nell’attiguo chiostro si tenevano tante conversazioni, rivelò con molta tranquillità che prima di entrare nell’Ordine non sapeva che S. Luigi Gonzaga era un componente della sua futura famiglia.

Questo non accade con altre compagini religiose. Claudio entrò tra i gesuiti nel 1567 e a 32 anni era già Superiore di un collegio. A 38 era Preposito Generale, la massima carica dell’Ordine, il Papa nero, come viene giornalisticamente definito, perché a vita (almeno fino a non molti anni fa) e per l’abito nero che riecheggia quello del clero diocesano. I gesuiti sono chierici regolari e mutuano diversi aspetti dai sacerdoti secolari (dicitura che preferiscono in certi casi a diocesani, come si evince dalla voce preregistrata che ogni domenica alle 9.30 annuncia la S. Messa sulla Radio Vaticano collegata con la radio di Stato).

I gesuiti si stabilirono nel collegio di S. Andrea, beneficato dal Card. Giovan Battista Cicada, dal 1951 ricordato dalle targhe della via dove si affaccia lo stabile. Il convitto, nel linguaggio popolare, fa più riferimento al porporato che ai figli di S. Ignazio, forse perché gli atriani, orfani della presenza del Vescovo, dal 1912, per una considerevole parte dell’anno, hanno sempre salutato con grande gioia l’arrivo del pastore della diocesi o di un Principe della Chiesa. Diventava sinonimo di festa l’ingresso di una porpora in Cattedrale ed era una grande gioia che il Cardinale X aveva visitato il museo capitolare o semplicemente si era fermato in Atri. Sempre nel linguaggio popolare lo stabile viene detto anche “orfanotrofio” (e tale era la denominazione della toponomastica della prima metà del XX sec.) o “stabilimento”, per la Scuola di Arti e Mestieri che nella seconda metà del XIX sec. fu il vanto di Atri, perché vi accorrevano giovani da tutto l’Abruzzo e anche da fuori regione.

Presso il collegio dei gesuiti nacque il primo teatro moderno di Atri. Nella pedagogia e nell’attività dell’Ordine la recitazione e la cultura aveva un grande ruolo. Quando andarono via i gesuiti, l’istituzione fu egregiamente rimpiazzata dal Teatro Comunale in Piazza Duomo, l’unico edificio teatrale storico attualmente presente nella provincia di Teramo e uno dei pochi in Abruzzo. Il Comunale era nato dalla volontà delle famiglie egemoni come sfida alla Cattedrale, ma nel fiume della storia c’è il torrente dei gesuiti che contribuirono tantissimo alla cultura atriana.

Sei anni prima della soppressione, decretata da Clemente XIV, il collegio gesuitico di Atri (grazie all’Acquaviva erano aumentati in maniera solenne, tanto che il Generale aveva dovuto dire molti “no” a quanti volevano la presenza dei figli di S. Ignazio), fu soppresso. Ricordiamo nella sua non lunga, ma importante storia, P. Raffaele Pastore e P.Antonio Santarelli, da non confondere con il canonico della Cattedrale, morto nel 1964.

Il Beato Rodolfo ebbe la vocazione religiosa e missionaria, servendo gli infermi e i poveri nell’ospizio di S. Liberatore, in Piazza del popolo (od. duchi d’Acquaviva). Sventrando l’omonimo oratorio poteva andare dai suoi amici senza uscire di casa. Poteva servirsi dello zio per scegliersi la residenza più opportuna, ma volle partire per le missioni in India, dove incontrò il martirio, assieme ad altri compagni, nella terza decade di luglio 1583. Aveva 33 anni, gli stessi anni di Gesù.

Beatificato nel 1893 da Leone XIII, alcune sue reliquie, assieme a quella dei soci, sono custodite in un contenitore offerto da Massimo Melchiorre, nel museo capitolare. Luogo del suo culto divenne la Cattedrale, al cui piviere appartengono attualmente l’antico collegio, l’ospizio della sua vocazione e anche la casa in cui nacque e dimorò fino all’ingresso nella vita religiosa.

La chiesa di S. Andrea non ha più funzioni cultuali. Dal 2003 ospita la schola-cantorum “Aristotile Pacini”, e ne e’ la sala per le riunioni e le prove. Sostituì per un breve periodo la chiesa di S. Giovanni, durante i restauri, per assicurare ai contradaioli di S. Domenico, allora quartiere molto popoloso, le celebrazioni religiose. Nel corso degli anni quelli di S. Giovanni si sono trasferiti nel rione S. Antonio o in altri luoghi periferici e ulteriori restauri, come quelli dal 1994 al 2005, hanno trasferito le celebrazioni in Cattedrale, dove peraltro si conserva un reliquiario parlante di S. Ignazio, il fondatore dell’Ordine di Papa Francesco, il primo Papa gesuita della storia e il primo Papa religioso dell’era atomica.

SANTINO VERNA