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- Pubblicato Venerdì, 27 Settembre 2013
- Scritto da Santino Verna
I FRANCESCANI CONVENTUALI AD ATRI
UNA PRESENZA CHE HA SEGNATO LA STORIA DELLA NOSTRA CITTA’
La dicitura “conventuale”, risale al 1250 per volere di Innocenzo IV. Sta ad indicare i francescani della comunità, residenti nei centri abitati, equiparati al clero della Collegiata. I conventuali sono una delle tre famiglie che osservano la regola del Primo Ordine di S. Francesco. Dopo la morte del Santo Poverello, presero vigore le due correnti dei Conventuali e degli Spirituali, i primi sostenitori della grande Basilica per glorificare il Patriarca dell’Ordine, i secondi di una povertà più rigorosa.
Ad Atri il messaggio di S. Francesco si sentì sin dalla sua prima visita in Abruzzo, tra il 1215 e il 1216, quando il Vescovo di Penne, Atanasio de Venantiis, aveva conosciuto a Roma il Poverello e gli aveva chiesto i suoi frati per la terra vestina. Nella diocesi pennese, S. Francesco pacificò alcune fazioni e segno della riconciliazione è il pozzo nel chiostro di quel convento minoritico alle falde del Gran Sasso che nel 1847 divenne ritiro dei PP.Passionisti, 12 anni prima dell’arrivo di un altro Francesco, anche lui di Assisi, confratel Gabriele dell’Addolorata, santo patrono d’Abruzzo.
I conventuali ad Atri si stabilirono già prima del 1240 e tra loro si distinse il Beato Andrea, tumulato nella chiesa che ebbe il titolo del Patriarca dell’Ordine. Purtroppo la sua tomba andò distrutta. Il convento di Atri divenne sede di Custodia, giurisdizione intermedia tra Provincia e Convento, dizione ancora presente per indicare ad es. quella di Assisi, dipendente dal Ministro Generale, con frati iscritti nella medesima e altri provenienti da altre Province o Custodie.
Atri appartenne alla Provincia Pennese, dal 1457 dal titolo di S. Bernardino (l’Ordine non era ancora formalmente diviso) e il convento divenne luogo di fede, cultura, riconciliazione e socializzazione, a partire dalla chiesa che nel XVIII sec. assunse l’aspetto barocco attuale, con la scalinata a doppia rampa, in pietra di Pretoro, del Fontana di Penne. Il sagrato sostituì la piazza tra il corso e la facciata. I resti della primitiva chiesa si possono notare ancora sul lato destro, in Via Angelo Probi, così chiamata dal componente di una famiglia dell’oligarchia cittadina sempre legata a S. Francesco.
Nel convento di Atri furono presenti le Confraternite di S. Antonio e delle Stimmate. La prima si occupava della distribuzione del pane per i poveri. Tra i Padri illustri ricordiamo soltanto nel XIV sec. Guglielmo de Turre (o della Torre), teologo, poi Vescovo di Potenza.
Con le soppressioni ottocentesche, la chiesa passò al clero diocesano. La chiesa fu cara alla pietà popolare perché interessata dalla processione del Cristo deposto, la sera del Venerdì Santo. A S. Francesco, per il quarto S. Nicola, spettava l’Addolorata, mentre S. Spirito aveva la bara con il Cristo deposto, S. Giovanni il Calvario e la Cattedrale la croce con i simboli della Passione.
Nel 1936 i minori conventuali d’Abruzzo tornarono nella cittadina dei calanchi. Tra i primi, il neosacerdote P. Francesco D’Ostilio, insigne giurista, successivamente Ministro Provinciale. Nel 1938 nacque la schola-cantorum dove si trasferirono diversi ragazzi, reclutati da Mons. Aurelio Tracanna, all’epoca Rettore di S. Giovanni, per la Cattedrale. La schola incrementò la tradizione del Tota Pulchra, in tutte le sere della novena dell’Immacolata. Il canto, d’ispirazione biblica, ha la musica di P. Alessandro Borroni e fu composto nel 1894, in occasione del VI centenario della Traslazione della S. Casa di Loreto. Quando i francescani andarono via da Atri, nel 1975, la tradizione fu trasferita in Cattedrale, con la schola ormai diventata coro “Antonio Di Jorio”. Successivamente riprese per breve tempo la vecchia dicitura di S. Francesco, con la direzione del M° Glauco Marcone e il M° Gian Piero Catelli all’organo.
Nel convento di Atri rifiorì il Terz’Ordine Francescano e pure la Milizia dell’Immacolata. Per i ragazzi ci fu il secondo gruppo scout (il primo era legato alla Cattedrale) e il rinnovamento conciliare fu accolto con grande entusiasmo, grazie ai ragazzi che lavoravano al ciclostile per la realizzazione dei sussidi. Era attivo pure un circolo culturale di professionisti che si riunivano periodicamente e visitavano un luogo dello spirito in Abruzzo ogni anno, come il Santuario del Miracolo Eucaristico di Lanciano. Per qualche atriano significò il ritorno nell’ovile del Buon Pastore dopo decenni di disinteresse verso la Chiesa.
Nel capitolo 1972 furono decise le soppressioni di quattro conventi nella Provincia, per motivi pastorali, e tra questi c’era Atri. I frati andarono via il 20 gennaio 1975, ma rimase un frate, P. Francesco Di Salvatore, della comunità di Silvi Marina, come cappellano del nosocomio e assistente dei terziari, ospitati nel monastero clariano dove fu trasferita la tela di S. Elisabetta di Turingia, patrona dell’OFS assieme a S. Luigi IX (un tempo le due compagini del TOF avevano i protettori separati e con l’unione ha prevalso S. Elisabetta sul Santo paradossalmente più famoso per le chiese a lui intitolate).
Con il capitolo del 1990, P. Francesco fu trasferito nella comunità di S. Pio X al Torrione dell’Aquila e la cappellania dell’ospedale per breve tempo fu affidata a P. Emidio Petraccia, prima di tornare, nello stesso anno, al clero diocesano. Nel 2000 alla comunità di Silvi è stata affidata la cappellania della clarisse (durata fino all’ottobre 2012) e l’anno seguente è cominciata la feconda collaborazione tra la parrocchia dei francescani e Atri, in un cammino foraniale di attenzione ai vari carismi.
SANTINO VERNA