C'era una volta...

SAN SIMONE E L’ANTICA FIERA IN ATRI

Giuseppe Antonelli, illustre scultore, diceva che la festa di S. Simone con la relativa fiera non era stata introdotta per una particolare devozione degli atriani all’apostolo, ma per andare incontro ai braccianti e agli operai che così potevano godere di un giorno di festa che intervallava il faticoso lavoro manuale.

La fiera costituiva un giorno di riposo e di svago, perché i contadini risalivano dalla campagna in collina e facevano gli acquisti. Ma era occasione per incontrare tanta gente e godere l’atmosfera del paese. C’era la sosta presso le non poche botteghe di Capo d’Atri o del Corso, e la fermata nelle osterie, il cui numero corrispondeva a quello delle chiese.

Quindi non era una festa portata nella città dei calanchi dai lancianesi, perché nella chiesa di S. Agostino nella città frentana si venerano le reliquie dei SS. Simone e Giuda Taddeo, il S. Simone venerato in Atri e S. Giuda, non ovviamente l’Iscariota, penalizzato dal traditore, perché da quel gesto in poi il nome Giuda non sarà più tenuto in considerazione. Secondo la tradizione, quattro secoli dopo, portava il nome di Giuda, S. Ciriaco, protettore di Ancona. Ebreo convertito, avendo come nome originario quello del traditore, lo mutò in quello che gli rimase per sempre.

Simone era uno dei Dodici, il secondo con questo nome. Il più famoso era Simone, il principe degli Apostoli, al quale il Signore cambiò il nome in Pietro. Per questo tutti i Sommi Pontefici, quando accettano il Pontificato, prendono un altro nome. Il Simone del 28 ottobre era Cananeo e viene associato da pie tradizioni alle nozze di Cana, il primo miracolo compiuto da Gesù. Pericope proclamata nella domenica dopo il Battesimo del Signore, nell’anno C, perché legata all’Epifania.

Era detto anche lo “zelota”, cioè lo zelante, perché apparteneva alla cerchia di conterranei del Signore che non accettava il dominio romano. Erano dotati di armi, perché pronti ad attaccare l’invasore. Il Signore ha scelto proprio di tutto: Pietro che lo rinnegò tre volte, Giacomo e Giovanni con la tentazione dei primi posti, Tommaso con il bisogno di mettere il dito nelle piaghe…Dopo l’Ascensione, non sappiamo più nulla di Simone e Giuda. Quello che sappiamo viene dalla leggenda. Avrebbero evangelizzato vari luoghi dell’Oriente –Simone addirittura l’Inghilterra secondo una tradizione- e ovviamente più di un luogo rivendica la sua presenza.

Sempre perché uno dei Dodici, assieme a Giuda, le reliquie erano ambite da molti luoghi. Lanciano le ebbe con grande gioia, perché significava mettersi sullo stesso piano di Ortona, che dal XIII sec., grazie a Leone Acciaiuoli, aveva il corpo dell’incredulo Tommaso. Il Miracolo Eucaristico, risalente all’VIII sec., dava certamente prestigio alla città frentana, ma un Santo l’avrebbe dato, nella mentalità del popolo, ancora di più. Atri non aveva grandi relazioni con Lanciano, e quelle che c’erano avevano il profumo delle fiere.

Mercanti atriani si recavano nella città del Miracolo per le grandi fiere, e tra i manufatti ricordiamo le ceramiche dei Grue (Atri era uno dei centri di spicco in Abruzzo per la maiolica). Altro luogo commerciale era Senigallia. E possiamo immaginare la sosta nella chiesa di S. Agostino, analoga all’omonima chiesa di Atri alla fine di Corso Elio Adriano, perché per un certo numero di anni ha avuto la funzione di procattedrale. La chiesa agostiniana di Atri per 10 anni, quella di Lanciano per 12, dopo l’episcopato dell’atriano Mons. Leopoldo Teofili, il penultimo Pastore delle Chiese di Lanciano e Ortona non unite dal provvedimento della Santa Sede che riguardò pure Teramo e Atri. La scelta di S. Agostino, di entrambe le città, fu motivata anche dalla vicinanza alla Cattedrale. Sia quella frentana che la atriana, hanno il titolo mariano: Atri l’Assunta, Lanciano la Madonna del Ponte.

S. Simone non ha grande venerazione in Atri e quindi non ha raffigurazioni isolate in Cattedrale. Compare nel gruppo degli apostoli, nel ciclo pittorico di Andrea Delitio, e già quello basta per aver considerazione nella città dei calanchi. Da lontano si viene per ammirare le opere del massimo pittore del tardogotico in Abruzzo, anche perché il Delitio, è quasi impossibile incontrarlo altrove. Quasi sconosciuto fino alla fine del XIX secolo, il Delitio è diventato l’artista per antonomasia della Concattedrale, a scapito di tanti altri colleghi ritenuti minori, ma tutt’altro che tali.

Gli atriani hanno storpiato il nome dell’Apostolo del 28 ottobre in “San Giummene”, o nella forma più ripulita “San Giummone”. Il nome di Simone, in passato, non era molto frequente in Atri. Lo è diventato in tempi recenti, quando è cominciata maggior familiarità con i nomi degli Apostoli. Forse ci ha messo lo zampino il mondo angloamericano, con i vari Simon, di soap opera, programmi televisivi e canzoni.

In tempi recenti la fiera è stata rivalutata con le caldarroste e il vino novello. In altre parole, S. Simone anticipa in Atri la festa, più conosciuta, di S. Martino. Centro della festa, Piazza Duomo, dove nel 1993, erano tra i concittadini, il Cav. Salvatore Manco e il poeta dialettale Antonino Anello. Si finiva a parlare, nella vivace conversazione, di tradizioni popolari e Tonino, nel vivace vernacolo, raccontò ai fortunati presenti, la leggenda di S. Martino.

SANTINO VERNA