LE RADICI ANTICHE DI UNA FESTA SEMPRE ATTUALE

LA MADONNA DEL ROSARIO

La prima domenica di ottobre, in Atri, si festeggia la Madonna del Rosario. Liturgicamente è il 7 ottobre, ma per tutte le chiese domenicane esisteva il privilegio di festeggiarla nel giorno del Signore, nella domenica compresa tra il 1° e il 7 ottobre. La festa fu istituita da S. Pio V, Papa domenicano, nel 1571 come ringraziamento per la vittoria nella battaglia di Lepanto.

I motivi dell’istituzione oggi possono sembrare anacronistici, ma non dobbiamo giudicare con la lente degli uomini del XXI secolo. Ogni chiesa domenicana faceva festa alla Madonna del Rosario, estendendone il culto a tutto il mese di ottobre. La festa fu rinnovata tre secoli più tardi, quando in un caldo meriggio del 1872 nella Valle del Pompei il Beato Bartolo Longo sentì l’invito della Madre di Dio e propagò il Rosario per la salvezza della sua anima, travagliata da un passato pieno di difficoltà e deviazioni. Si diffuse il quadro della Madonna di Pompei, differente da quella del Rosario, perché nel caso pompeiano la Madonna è in trono e con Gesù Bambino in braccio consegna le corone a S. Domenico e S. Caterina (originariamente S. Rosa da Lima, il cambiamento fu dovuto al Beato Bartolo perché devoto della patrona d’Italia). Dal quadro, in alcuni luoghi, si passò al simulacro a tutto tondo, perché l’Occidente non digerisce molto bene le immagini piatte. Ma ormai il popolo si era affezionato a quell’opera d’arte, della cerchia di Luca Giordano, e riproporla in altra versione significava allontanarsi dal clima ai piedi del Vesuvio.

L’eco di Pompei arrivò ben presto in Atri, cittadina del Regno delle Due Sicilie, dominata dagli Acquaviva, una delle sette famiglie più importanti del Mezzogiorno. Nella seconda metà del XIX secolo, quel periodo assai ben dipinto dal canonico Luigi Illuminati, ebbe Vescovi meridionali. Poi, con Papa Sarto, fu la volta dei Pastori settentrionali che, constatata l’arretratezza del Sud, dovevano fare un grande lavoro nelle diocesi affidate.

Un pellegrinaggio di atriani al Santuario di Pompei, si tenne domenica 27 settembre 1987, anno mariano, organizzato dall’indimenticabile Gaetanina Modestini. Fu il suo ultimo pellegrinaggio mariano, perché già accusava i segni della malattia. Si spense il 18 maggio dell’anno successivo, nel giorno del genetliaco di S. Giovanni Paolo II.

La festa della Madonna del Rosario comprende il programma religioso e quello ricreativo. Acme dei preparativi la “vestizione” della Madonna, prelavata dalla nicchia alla fine dello spazio “domenicano” del tempio. La piccola cappella è l’ultima del fianco sinistro e si ricorda la munificenza dei minatori del Belgio. Dopo il furto sacrilego, l’immagine, nel 1973, fu incoronata da Mons. Amilcare Battistelli, Vescovo titolare di Amiterno, sede assegnatagli dal Beato Paolo VI quando ancora era ben definita la figura dell’emerito. Tre anni più tardi lo divenne, mantenendo anche sulla carta il legame con Atri. Al triduo interviene il predicatore, non sempre un domenicano. Negli anni ’80 furono soprattutto i passionisti a predicare, come l’indimenticabile P. Gabriele Vicentini.

Nel 1987 la festa del Rosario fu caratterizzata dall’inizio dell’attività dell’Academia Baptistiana, diretta dal m° Glauco Marcone con all’organo il m° Gian Piero Catelli, organista titolare di S. Domenico. Al triduo non intervenne tutta la schola, ma solo le robuste voci virili del coro di S. Francesco. Dietro l’altar maggiore, fiancheggiato da due pesanti tende, il coro nelle prime sere eseguì brani classici, mentre il giorno della festa fece risuonare l’opera di Perosi.

Nei Secondi Vespri la processione per le vie del centro storico, con il simulacro portato a spalla dai figuranti dell’Arciconfraternita del SS. Rosario. Il servizio liturgico è prestato dai ministranti, ora provenienti dalla Parrocchia di S. Maria nella Concattedrale, perché dal 2005, quando Mons. Giuseppe Di Filippo, storico Rettore della chiesa lasciò S.Giovanni, la stessa è diventata filiale e succursale del Duomo. Per lunghissimi anni S. Domenico ebbe un gruppo autonomo di chierichetti, ragazzi provenienti dal quarto, e tra gli ultimi, in ordine di tempo ricordiamo Alessandro e Manolo Palmaricciotti, Gianluca e Paolo D’Andreamatteo, Massimliano e Marcello Marcone e Antonino Giacintucci. Per la festa rosariana per una decina d’anni furono affiancati dai chierichietti di S. Nicola.

I chierichetti, coordinati da Piergiorgio Cipollini, storico locale, indossavano la tunica bianca, il pesante cordiglio e la mozzetta rossa. C’erano quattro “divise”, ennesimo ricordo rosariano della chiesa. A Luigi Cosanni, sacrista per tanto tempo della chiesa, spettava durante le processioni una mozzetta dimessa da un canonico e adattata alla compagine confraternale.

Il programma ricreativo comprende momenti musicali e canori in Piazza Duomo e la “festa dell’uva”, versione autunnale della “Maggiolata”. Infatti si chiama pure “Ottobrata”. La versione primaverile ha avuto certamente più fama, perché abbinata alle feste dei Santi al vertice della classifica della devozione, S. Antonio di Padova e S. Rita da Cascia, e per il trasferimento al 15 agosto, la fiera più grande dell’anno, con i carri trainati dai buoi. Il re degli animali della campagna, l’animale simbolo della mansuetudine, è il protagonista della festa ricreativa di agosto.

Nel caso di ottobre sono carri a trazione meccanica, comuni trattori addobbati con il richiamo all’uva. Vi siedono ragazzi in costume locale con il sottofondo della fisarmonica bitonale. Dal Cagno, quando la tradizione fu ripristinata nel 1989, con il comitato formato da Lucio Guido Rocchio, Gaetano Pallini, Luigi Cosanni e Vincenzo Savini, giovanissimo protagonista era Antonio Spezialetti.

SANTINO VERNA