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- Pubblicato Venerdì, 04 Settembre 2015
- Scritto da Santino Verna
Una memoria di storia e di fede da recuperare
SANT’ERCOLANO, VENERATO NELLA CHIESA DI S. CHIARA
Gli occhi smeraldini del professore di storia dell’arte fissavano gli studenti, nel corso della lezione, perché si parlava di un Santo dal nome strano “Ercolano”. “Deriva da Ercole”, precisava il docente, parlando del patrono di Perugia, il Vescovo “defensor civitatis”, la cui raffinata statua è presente al centro della lunetta del Palazzo dei Priori.
Il S. Ercolano di Atri, venerato nella chiesa di S. Chiara, è un soldato romano, presente nella storia di S. Alessandro Vescovo, martire sulla Via Cassia. E’ uno dei tanti martiri della Chiesa romana, un tempo quasi invadenti nel calendario, a scapito dell’itinerario liturgico. Per risolvere il problema, nella riforma del 1969, con il calendario entrato in vigore il 1° gennaio seguente, fu istituita dal Beato Paolo VI la memoria facoltativa dei SS. Protomartiri romani, alla data del 30 giugno, perché segue immediatamente la Solennità dei SS. Pietro e Paolo, i nuovi fondatori di Roma.
Il 30 giugno fino a quel momento si commemorava S. Paolo Apostolo per dar la possibilità al Vescovo di Roma di tenere celebrazioni sia nella Basilica Vaticana, nel giorno dei SS. Pietro e Paolo, sia in quella Ostiense. Attualmente il Papa presiede in S. Pietro il 29 giugno.
S. Ercolano, festeggiato il 25 settembre, aveva il simulacro giacente sotto il vecchio altar maggiore della chiesa delle clarisse. Nel XIX secolo, per via della riscoperta dell’archeologia classica, non tenera verso il mondo cattolico, fu promossa, quasi per reazione, lo studio delle antichità cristiane, e diverse chiese volevano avere il corpo o le reliquie di un martire, dalle catacombe romane.
Le reliquie donavano prestigio alla chiesa e alimentavano rivendicazioni, come a Loreto Aprutino, dove nel 1711 erano arrivate quelle di S. Zopito, accolte dal bue inginocchiato, la cui tradizione continua ancora oggi il lunedì di Pentecoste, alla presenza di loretesi, forestieri e antropologi (un servizio in nazionale di Franco Farias, loretese doc, andò in onda nel 1991), con una tappa in Atri, alla fiera boaria, quasi per sottolineare l’alleanza tra Atri e Loreto Aprutino, contro Penne. Loreto desiderava avere la sede vescovile, per staccarsi da Penne, ma non ci riuscì. Stesso desiderio accarezzava Città S. Angelo, e ci stava per riuscire nella seconda metà del XV secolo con Amico Bonamicizia, canonico della Collegiata di S. Michele. Il Vescovo di Atri e Penne, per quattro mesi l’anno, viveva a Città S. Angelo, e la Collegiata si poteva fregiare di essere, sia pure senza le prerogative cattedralizie, la terza chiesa della diocesi.
S. Ercolano, di cui conosciamo pochissimo, era un martire. L’iconografia lo vuole soldato o perché realmente lo era, o perché era “miles Christi”, locuzione presente nel frasario ecclesiale fino a non molti anni fa, quando con la Cresima si diventava soldati di Cristo, perché si aveva la maturità per affrontare le prove della vita e difendere la fede. La maturità in qualche modo coincideva con la chiamata alle armi, perché per molti era l’unico periodo della vita passato in terre lontane da casa. Fino alla permanenza della leva obbligatoria in Italia, la partenza era festeggiata in alcune famiglie con un lauto pranzo, alla presenza di parenti, compari e amici.
Festeggiato il 25 settembre, la piccola festa comprendeva la processione con il popolo salmodiante che storpiava il nome del martire. L’abbellimento delle reliquie con la vestizione del simulacro avvenne nel 1870, quando nella comunità atriana era presente Suor M. Veronica De Petris, la piissima clarissa che otto anni prima era stata assicurata dalla Madonna della permanenza del monastero atriano fino alla fine dei tempi.
La festa era più importante di quella di S.Chiara (un tempo il 12 agosto, dalla riforma del calendario l’11), celebrata con più intimità dalla comunità claustrale. Neppure adesso si tiene la processione con la statua di S. Chiara, opera di Umberto Bartoli (1953), anche se la festa, da una quindicina d’anni, ha assunto maggior vigore, con la presidenza dei tre Ministri Provinciali delle tre famiglie francescane del Primo Ordine (o del loro Vicario o di un sostituto) e del Vescovo diocesano, perché quest’ultimo ha la vigilanza peculiare sul monastero di Atri. I canti sono eseguiti, a turno, dalle tre corali della forania (le due di Atri e quella di Silvi Marina), mentre le monache sostengono sempre l’assemblea con l’organo nel coretto.
Il triduo di S. Ercolano s’imbatteva in una data minore di S. Chiara: il 23 settembre, Ritrovamento del Corpo della Santa. E il giorno seguente in un altro Santo francesco, Pacifico di S. Severino Marche, tappa obbligata nella terra dei fioretti.
L’istituzione dell’Adorazione Eucaristica quotidiana, cominciata l’11 gennaio 1958 per iniziativa del Vescovo Amilcare Battistelli, per interessamento dell’Arcidiacono Aurelio Tracanna, comportò l’adattamento dell’area presbiteriale, resosi ancor più necessario con la riforma della liturgia del Concilio Vaticano II. Il vecchio altare fu sventrato e il presbiterio ricavato nell’area, delimitata dal coretto delle monache, le cui pareti hanno la Via Crucis. Le linee tardobarocche furono salvaguardate e il sarcofago di S. Ercolano, visibile soltanto per la festa settembrina, attraverso la rimozione dell’antipendio, portato in cantoria, accanto a S. Massimo (proveniente da S. Agostino) e S. Eleonora.
Nell’immediato secondo dopoguerra una bambina s’avvicinò al paliotto dell’altare e gli sembrò di vedere la carne viva del martire. Grande fu lo stupore che fu avvisato l’Arcidiacono Raffaele Tini. Nella fantasia della bimba era un evento eccezionale, perché sarebbe stato avvertito il Papa.
A S. Ercolano è dedicata la campanella apicale del campanile a vela di S. Chiara. Fino a mezzo secolo fa era possibile ascoltare anche di notte i sacri bronzi delle clarisse. E diventa un gioco di acustica, nel rione Capo d’Atri, mettersi in alcuni punti della casa per captare meglio il dolce suono che richiama alla preghiera e alla celebrazione dell'Eucarestia.
Per iniziativa di Ettore Cicconi, fondatore del Museo Etnografico, nel 2000, S. Ercolano è tornato all’attenzione degli atriani. Si parlava del ripristino del culto, collocandone il sarcofago in un luogo adatto, assieme a S. Massimo, per renderlo di nuovo visibile ai fedeli. I componenti della schola-cantorum possono vederlo nelle poche occasioni annuali in cui salgono sulla cantoria. E anche il ministro che porta la Comunione, durante le Messe che animano.
Qualche atriano ipotizzò la collocazione in S. Reparata, presso il transetto sinistro, un tempo della Congrega dell’Immacolata. Ma in questo caso bisognerebbe demolire il corpo dell’altare, dove è l’antico stemma di Atri con i colori rosso e azzurro.
E così S. Ercolano tornerebbe ad essere il martire nella modalità giacente come S. Felice a Città S. Angelo, S. Giovina a Lanciano, S. Donato a Castiglione, in un tripudio di tradizioni popolari che rendono l’Abruzzo più bello e solare.
SANTINO VERNA