UN VIAGGIO TRA LE MURA DI ATRI

INTENSE EMOZIONI TRA MEMORIE E RICORDI...

via....una sorta di viaggio tra le “mura” della nostra città, visitando, anche solo con la mente, e se possiamo, facendoci una passeggiata, non solo per la linea, “ i luoghi” dei nostri quartieri, o meglio rioni. Da Capo d’Atri al rione  Sant’Antonio, da San Domenico, a Porta Macelli, e così via . Non è un percorso obbligato ma un viaggio per riscoprire quelle strade, quelle Chiese, quelle porte, dove magari una volta abitava un nostro amico, un nostro parente, o forse c’era quel negozio di generi alimentari, dove ti mandava la nonna a fare la spesa e la signora Emilia( la sardell) se doveva darti il resto di 10 lire ti dava una caramella alla menta. Partiamo da Capo d’Atri, quella che aveva spazi verdi, vicino a Santa Rita, dove da ragazzi ci si nascondeva a fumare la prima sigaretta, oppure dalla piazzetta conosciuta come “Spiazzapiducchiu” dove ci si ritrovava il pomeriggio per giocare a pallone. Partite di calcio che finivano quasi sempre senza palla, rotolata magari all’interno di qualche abitazione o “sequestrata” da qualche residente al quale avevi rotto la finestra o semplicemente mandato il pallone contro la porta di casa. Un campo che non era mai lo stesso e che cambiava a seconda del numero dei giocatori. In pochi, due o tre, si giocava persino nella strada, in via Trinità, dove le porte erano due mattoni messi in mezzo alla strada che il portiere di turno rimuoveva tempestivamente al passaggio di qualche macchina, stringendo di qualche centimetro la porta . Quando si era più numerosi invece, palla sotto le braccia e via, al campo delle sfide, quelle contro San Domenico o Sant’Antonio, nel maestoso campo della villa comunale, semprechè, beneinteso, no fosse occupato. E qui nasceva il problema. Da chi? Dipendeva. Se quelli che stavamo giocando erano  più cattivi, grandi o piu’ forti da te, allora ti mettevi a coda tra le gambe e zitto. Se invece erano piuttosto abbordabili, allora si faceva la voce grossa, specie se l’avversario era una squadra come quella della Croce di Sant’Antonio, nota per l’annoverare tra le sue fila “gente senza scrupoli”(erano considerati quelli cattivi, nel senso di incutere timore”) Dopo le sudate e le corse si ritornava a casa, passando prima per il corso, con il sudore sulla fronte, e fermandosi da Nelluccio, sotto i portici a farsi dare un bicchiere d’acqua, o per i più fortunati, una pizza all’angolo, da Vincenzo. Denaro contante e subito, altrimenti nisba. Queste le emozioni del pallone, poi la scuola. Quella del Barnabei o delle Mmbelle, come si chiamavano una volta. La prima era quella frequentata da studenti con poca voglia di studiare, la seconda invece, per quelli che venivano chiamati secchioni. La ricreazione, già, questo fatidico momento nel quale succedeva di tutto, meno peggio di oggi sia chiaro. Oggi leggiamo di ragazzi sorpresi a fumare canne nei bagni. Una volta invece poteva succedere che qualcuno rubasse una bomba o una pizzetta al pasticciere. E poi, una volta fuori, dopo la campanella che aveva intonato la fine delle lezioni, tutti a cambiare figurine Panini, quelle del calcio, o a lanciare la sfida con le” Sdazz”, figurine messe sui mattoni da colpire! E poi di nuovo, nel pomeriggio, a tirare calci al pallone. Queste sono le poche cose che ricordo, e tante altre, molte a dire il vero, che ho dimenticato, Ma una cosa è rimasta impressa in ognuno di noi: la domenica! Il giorno tanto atteso. La mattina a messa a fare il chirichetto a San Nicola, con la speranza di rimediare qualche refuso delle ostia, e poi tutti da Mdiucc, la sala biliardino vicino alla chiesa per le partite in attesa che arrivasse l’una e poi di corsa a casa a gustare il piatto speciale della domenica, con primo a base di timpallo, carne, e….la tanto agognata bottiglia di Coca Cola acquistata da Annadumenec, la cantina vicino alla chiesa di Santa Rita. Banalità, ovvietà, cose da poco, anzi infime, al cospetto delle partite viste oggi in tv , mentre una volta le sentivamo alla radio. Ovvietà che forse, anzi sicuramente fanno ridere i ragazzi di oggi che nono conoscono il gusto di aprire una bustina della raccolta Panini, che trascorrono parte delle loro giornate su facebook, che guardano al pc i video o i film. Eppure è passato poco tempo, forse solo vent’anni. Pochi, ma tanti, se ci pensi bene. Se guardi le strade di oggi, se ascolti il silenzio tremendo delle ruette, se vedi solo auto parcheggiate, o se, all’uscita della scuola incontri ragazzi con i telefonini in mano o le cuffie nelle orecchie. Altra generazione, sicuramente, altra gente. Peccato che non hanno ancora compreso quanto sia importante ammirare il sole, guardare il cielo e alzare la testa, sempre chinata in giù come i pantaloni che portano. Forse un giorno ritroveranno quei passi e quelle strade, lunghe e strette che oggi ho ritrovato in questa giornata di primavera, dove anche chi ha il peso della sua età e della sua storia ha ritrovato in quei luoghi la leggerezza di un tempo.

Marino Spada