LA FESTA DI SAN ROCCO IN ATRI

UN TESTIMONE DELLA FEDE MOLTO POLARE

Festeggiato in tutto l’Abruzzo, a macchia di leopardo, S. Rocco è senz’altro il testimone della fede più popolare del mese di agosto. La memoria liturgica cade il 16, ma spesso, per non intralciare la solennità e l’ottava dell’Assunta, viene trasferita in un’altra data, non di rado la fine del mese. E’ il caso, spostandoci un po’ dall’Abruzzo, di Gioiosa Jonica, dove si tiene una delle kermesse più sgargianti del Santo degli appestati. Da Montesilvano vi si reca l’illustre gioiosano Domenico Logozzo, già Redattore Capo della sede RAI di Pescara, in Abruzzo dal 1984.

S. Rocco di Montpellier, visse tra il XIV e il XV sec. Figlio di benestanti, fu pellegrino verso Roma. All’epoca quattro erano i luoghi di pellegrinaggio nella cristianità: la Terra Santa, Roma, Santiago di Compostella, Monte S. Angelo. Si stava aggiungendo un altro luogo in quegli anni, Loreto, primo Santuario mariano internazionale in ordine cronologico. Rocco era un laico, forse terziario francescano, e per questo è entrato nel santorale, o meglio nella raccolta delle celebrazioni dell’Ordine Serafico.

L’iconografia lo rappresenta vestito da pellegrino, come S. Giacomo Apostolo. Con due attributi particolari: il ginocchio recante il bubbone, indizio della peste e il cane con il pane in bocca, simbolo della Provvidenza di Dio che si prende cura di tutti. Il cane fu mutuato dalla storia del corvo di Elia. Nella Bibbia l’animale fedele dell’uomo è una “vox media”, perché riveste sia un significato positivo che negativo. Nell’agiografia è positivo in S. Rocco, negativo in S. Vito, perché secondo la leggenda, il martire del 15 giugno, fu sbranato da cani feroci. Gli animali, del resto, proprio perché rappresentano la situazione di Adamo prima del peccato originale riconquistata dai Santi con la fede e l’ascesi, sono presenti nell’iconografia: S. Giovanni Battista e S. Agnese con l’agnello; S. Antonio Abate con il maialino e gli altri animali della campagna; S. Espedito con il corvo; S. Raffaele con il pesce.

In Atri, S. Rocco è venerato nell’oratorio della Trinità, la chiesetta del centro storico sul quale i fiumi d’inchiostro son sempre stati scarsi. E’ un edificio tardomedioevale, legato agli Agostiniani, le cui antiche tracce sono visibili nella parte destra. Annessa è la casa natale di Pietro Baiocchi, l’unico abruzzese presente nella spedizione garibaldina dei Mille, come ricorda la lapide sulla facciata. Baiocchi, come si evince dal cognome, era originario di Città S. Angelo, e forse queste radici sono state un po’ una spina nel fianco nei campanilisti atriani. Pochi decenni dopo la morte a Palermo di Baiocchi la rivalità tra i due comuni riprese a causa dell’Istituto Magistrale, localizzato a Città S. Angelo, anziché in Atri. Più tardi, grazie ad amministrazioni argute, il comune dell’Arcangelo ebbe il suo breve tratto costiero tra Silvi e Montesilvano e Atri non aveva nemmeno una mattonella di mare.

Nella chiesa di S. Nicola, S. Rocco è venerato nella pala murale del fonte battesimale, dove tanti contradaioli di Capo d’Atri son diventati cristiani. Con la riforma liturgica e l’introduzione del primo sacramento all’interno della S. Messa, il Battesimo non viene più amministrato al fonte, ma idealmente c’è sempre un pensiero a quel fuoco liturgico, nel corso della celebrazione. L’affresco, della cerchia del Delitio, non serviva come pala del fonte, perché ai tempi del grande Andrea, il Battistero l’aveva soltanto la Cattedrale. S. Nicola era sempre parrocchia per parte del rione omonimo e per tutto il quarto S. Croce (Capo d’Atri). Al centro è la Madonna con Gesù Bambino, e all’altro lato, S. Sebastiano, martire, patrono dei vigili urbani, festeggiato in Atri soltanto nel 2001, in Cattedrale, il sabato precedente il passaggio all’altra riva di Don Giovanni D’Onofrio.

Dal 1887, il Santo di Montpellier, è venerato nell’edicola murale di Vico Muzio Martella, all’ingresso del quarto S. Giovanni. Insieme alla Madonna dei Sette Dolori.

La festa di S. Rocco, era preceduta dal triduo, con inizio il 13, perché la celebrazione rispettava la data liturgica. La liturgia vespertina era annunciata dalle due campanelle sulla piccola struttura a vela che sormonta il corpo della chiesa. La statua viene prelevata dalla nicchia nel lato del Vangelo e collocata nei pressi del presbiterio, prima della balaustra. Dopo la IIa guerra mondiale l’oratorio fu affidato agli Oblati di Maria Vergine, congregazione ottocentesca sul filo rosso dei Santi sociali, giunta in Atri per gestire il convitto vescovile. Ogni giorno i Padri celebrano la Messa alla Trinità e diedero grande impulso alla festa di agosto. Quando andarono via, alcuni atriani rimasero in contatto con diversi di loro e la grande gioia fu quando scoprirono il Santuario di S. Rita, a Fontenay-aux-roses, presso Nanterre, gestito dagli Oblati di Maria Vergine.

Il 16 agosto, le SS. Messe in continuazione, fino a non molti anni fa, la prima era alle 7, per molte edizioni presieduta dall’Arcidiacono Don Bruno Trubiani, l’ultima alle 11, la più solenne. Quando il 16 cadeva la domenica, c’era qualche celebrazione in meno, perché i sacerdoti impegnati nelle proprie parrocchie.

Era un andirivieni di atriani che dopo aver partecipato all’Eucarestia, si precipitavano verso l’altare per dare un bacio alla statua del Santo invocato (come S. Mauro a Bomba) contro i dolori fisici. La cura della chiesa fu affidata a Maria Graziosi, dimorante in Largo Forosetto che preparava tutto nei minimi dettagli, compreso il “complimento” ai cantori, vale a dire ai componenti della schola cantorum di S. Francesco, in trasferta ma sempre in Atri di cui erano e sono orgogliosi cittadini.

La S. Messa più solenne era seguita dalla processione. Nel 1995, durante una conversazione con il Cav. Antonio Concetti, presidente del comitato della festa di S. Rita, fu caldeggiata l’idea di una festa anche ricreativa per il Santo di Montpellier. L’idea fu penalizzata dalla collocazione nel mese di agosto, quando la gente è in ferie, e la festa è ideale nelle località vacanziere come Pineto e Silvi.

Restaurato nel 2001, per iniziativa del Parroco di S. Nicola, Mons. Giuseppe Di Filippo, l’oratorio della Trinità, esclusa dai turni delle Quarant’Ore, rimane sempre nel cuore di tutti gli atriani, di quanti vi hanno servito Messa e di tutti i devoti di S. Rocco.

SANTINO VERNA