IL VOLTO AFFASCINANTE DEL SANTO DELLA PROVVIDENZA INVENTORE DEL PRESEPE POPOLARE

SAN GAETANO THIENE IN ATRI

L’arrivo della reliquia di S. Gaetano Thiene a Fontanelle di Atri è occasione per riscoprirne la figura, venerata anche nel capoluogo comunale, in due chiese, S. Francesco e S. Chiara. Quest’anno la festa a Fontanelle avrà la presidenza liturgica di Mons. Michele Seccia, Vescovo di Teramo- Atri.

Gaetano, Santo dell’Italia del Nord, adottato dal Mezzogiorno, vissuto tra XV e XVI secolo, è uno dei testimoni della fede della Riforma Cattolica. Già nel nome contiene qualcosa di meridionale, perché fu battezzato con quello di uno zio canonico, originario di Gaeta, città costiera oggi nel Lazio, ma appartenente al Regno delle Due Sicilie. Vi abita attualmente Caterina Zappia, la più grande studiosa di Maurice Denis.

Gaetano è erroneamente detto “da Thiene”, perché la cittadina in provincia di Vicenza indicherebbe la provenienza. Invece era proprio della città del Palladio, dove nacque. Thiene era il cognome. Quel “da” è specifico dei Cappuccini e, per i Santi più antichi, per gli altri frati dell’Ordine Serafico delle altre due obbedienze: per i Minori abbiamo Ludovico da Casoria, recentemente canonizzato, Pietro d’Alcantara, Salvatore da Horta etc., per i Conventuali, Bonaventura da Potenza e Giuseppe da Copertino.

Il Santo della Provvidenza, è l’inventore e il propagatore del presepe popolare. E’ anacronistico parlare di presepe in questa caldissima estate. Il presepe vivente fu inventato a Greccio, da S. Francesco che volle invitare il popolo alla pace. Ma qui si trattava della ricostruzione del Mistero della Natività, con figuranti in carne ed ossa (forse più in ossa che in carne, data la povertà) e i due animali domestici veri e propri, il bue e l’asinello. Gaetano, come forma di catechesi popolare, volle introdurre tanti altri elementi, adottati dalla civiltà napoletana e dal Mezzogiorno. Ed ecco allora la lavandaia, il pastorello, lo zampognaro, il boscaiolo, il povero e la cavalcata dei Magi, assenti nella rappresentazione di Greccio, perché si voleva rappresentare l’arrivo dei diplomatici stranieri alla corte del re di Napoli.

Il culto di S. Gaetano, arrivò in Abruzzo, grazie alla città di Chieti dove il Vescovo Carafa era collaboratore del Santo. Infatti i Chierici Regolari si chiamano “Teatini”, dall’aulico demotico di Chieti. La città di S. Giustino ebbe una rivincita, se vogliamo, sull’Aquila, perché mentre il capoluogo abruzzese non viveva momenti di splendore dal pontificato di Celestino V, legato alla Basilica di Collemaggio, Chieti diventava la sede vescovile più importante, anche per il vasto territorio che andava dalla Maiella al mare, e dal Pescara all’Alto Vastese. A Chieti c’era il rappresentante diplomatico di Venezia e vari chietini insegnavano all’ateneo di Padova, come Nicoletto Vernia, legato a S. Gaetano, titolare della via del Pontificio Seminario Regionale abruzzese-molisano, denominato “Pianum” e in tempi più recenti, Luigi Bucciante.

A Fontanelle sarebbe arrivato, e lo conferma il Prof. Antonio Di Felice, umanista e preside del liceo rosetano, grazie alla predicazione popolare di alcuni Padri. S. Gaetano non è soltanto della sua congregazione religiosa, attualmente molto scarna, ma anche di altre obbedienze, come l’omonima Pia Società, fondata dal prossimo Beato Ottorino Zanon che raccolse l’eredità territoriale e umana della Parrocchia dell’Isolotto.

S. Gaetano è rappresentato come un sacerdote maturo e barbato, con la talare nera dei preti, la cotta e la stola bianca e Gesù Bambino in braccio, perché, secondo la tradizione, quando celebrò la prima Messa nella Basilica Liberiana di S. Maria Maggiore, dove vi è stato alcuni anni canonico Mons. Francesco Di Felice, Consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia di cui è stato Sotto-Segretario, la Madonna gli consegnò il Divino Infante. La Basilica mariana è legata alla Natività del Signore, perché vi si conservano alcune asticelle della culla di Betlem.

Ad Atri, come detto, era venerato in S. Francesco, nella seconda cappella laterale destra e ogni anno era celebrato il triduo, con la Messa al suo altare. Gli altri altari erano interessati per le devozioni annuali e settimanali, come il martedì di S. Antonio e il mercoledì di S. Francesco. La profonda cappella ha una tela del Prepositi (XVIII sec.), artista atriano, di formazione napoletana che ha lasciato il segno del suo talento in varie chiese abruzzesi. Giuseppe Prepositi dimorava nella casa presso l’omonimo vicolo e alcuni discendenti erano simpaticamente ricordati per le manie igienistiche. Un fratello cuoceva la frittata e l’altro fratello, per dispetto, la buttava a terra, e poi la mangiava. L’episodio era serbato vivo dal Dott. Loreto Tini che probabilmente l’aveva sentito raccontare dallo zio, l’Arcidiacono Raffaele.

La chiesa di S. Chiara ha un altro altare di S. Gaetano. Stupisce il culto dello stesso, in due chiese non solo nella stessa città, ma nello stesso quarto, il rione S. Nicola. E ora, nella stessa parrocchia, perché anche S. Chiara con il suo monastero fa parte del piviere della Cattedrale. Ma S. Chiara era un po’ una chiesa a parte, perché luogo delle claustrali che non potevano recarsi nelle altre chiese cittadine. Ecco perché il culto dell’Immacolata (non andavano in Cattedrale o in S. Francesco), la devozione all’Addolorata (non scendevano in Cattedrale), le varie feste serafiche dell’anno.

SANTINO VERNA