CURIOSITA' E TRADIZIONI DELLA NOSTRA CITTA'

LA MADONNA DEL CARMELO AD ATRI

Il 16 luglio la Chiesa festeggia, come memoria facoltativa, la Madonna del Carmelo, festa di origine medioevale, icona della Gerusalemme Celeste. Furono monaci devoti della Madonna che si ritirarono sul monte Carmelo, avendo come esempio il profeta Elia, quello che apparve con Mosè, con al centro Gesù, nel Mistero della Trasfigurazione.

La data del 16 luglio, la stessa peraltro della canonizzazione di S. Francesco, è quella dell’apparizione della Madonna a S. Simone Stock, carmelitano inglese. Da quest’evento si diffuse la tradizione dello scapolare (o abitino), veste in forma molto ridotta, con l’immagine della Madonna con Gesù Bambino in braccio. L’apparizione avvenne nel 1251, tre mesi e mezzo dopo l’istituzione della diocesi di Atri. La città dei calanchi, nella lotta tra Guelfi e Ghibellini, aveva sostenuto i primi, e Innocenzo IV, sollecitato dal Card. Pietro Capocci (Capozio), ricompensò gli atriani con la sede vescovile. Al tempo equivaleva allo “status” di città, come diceva il medievista Paolo Cammarosano. Contestualmente non fu nominato un Vescovo tutto per Atri come qualcuno si poteva aspettare, ma “in persona Episcopi” arrivò da Penne il Vescovo Beraldo. La situazione cambiò pochi mesi dopo, quando la diocesi atriana fu unita “aeque principaliter” a Penne. Sostanzialmente non cambiava nulla, ma Atri e Penne erano diocesi con la clausola della perfetta uguaglianza. E Atri era città a tutti gli effetti.

I Carmelitani non furono mai presenti in Atri con un convento. La disposizione degli Ordini Mendicanti non era stellare, come in altre città più grandi, perché erano presenti, nel centro storico, i Conventuali in S. Francesco, i Predicatori in S. Giovanni e gli Agostiniani Calzati in S. Caterina. Per completare la pentade degli Ordini Magistrali (legati a posizioni accademiche), oltre ai Carmelitani, dovevano essere presenti i Servi di Maria, famiglia religiosa che prese ispirazione da una predica di S. Francesco a Firenze.

La Madonna del Carmelo era venerata nella chiesa di S. Agostino, vestita nel tradizionale abito marrone con lo scapolare e il velo bianco. Veniva fatto il triduo dal 13 al 16 luglio. Quando S. Agostino fu chiusa, perché impraticabile, il simulacro della Madonna non fu più oggetto di venerazione. Alla vigilia della riapertura di S. Agostino, come sala polifunzionale della cultura, nel 2001, anche per interessamento di Ettore Cicconi, direttore del Museo Etnografico e fondatore del medesimo, la statua fu portata in S. Francesco e collocata provvisoriamente dietro l’altar maggiore. Gli faceva compagnia il simulacro, più piccolo, di S. Barbara, realizzata per interessamento dei minatori del Belgio che per alcune edizioni, ne organizzarono la festa, legata alla Cattedrale e a S. Agostino.

Attualmente la statua della Madonna del Carmelo (o del Carmine, come si dice abitualmente in Atri), è posta in una nicchia laterale della cappella di S. Gaetano Thiene, in S. Francesco, eretta per la devozione degli atriani e degli abruzzesi al Santo della Provvidenza. La nicchia, precedentemente inutilizzata, si è rivelata funzionale per ospitare l’immagine a tutto tondo della Madre del Signore. Presso l’altare di S. Gaetano, è stata messa S. Barbara. Un pezzo di S. Agostino in S. Francesco, si direbbe, perché la chiesa del Patriarca dell’Ordine Agostiniano ha prevalentemente funzione non liturgica.

Devota della Madonna del Carmelo era la famiglia Addari, nel rione S. Giovanni. Giuseppe, il fratello maggiore, aveva rinforzato la devozione, grazie al lungo soggiorno partenopeo, dove lo aveva portato il lavoro. A Napoli c’è la Basilica del Carmine Maggiore, dove si respira il profumo di P. Elia Alleva che nella prima metà del XX secolo si prodigò per i poveri. Tornato in Atri, Peppino, viveva con le sorelle Emilia e Rita, profondamente religiose, legate soprattutto al monastero delle clarisse, anche attraverso servizi per le claustrali. Aveva il senso dell’amicizia, trascorreva il tempo libero al Circolo dell’Unione, e tra un caffè e una sigaretta, dispensava buoni consigli e fraterne battute. Era ovviamente tifoso del Napoli e non fece in tempo a vederne gli scudetti.

Nella cappella di famiglia, nella parte antica del camposanto di Atri, c’è la piccola statua della Vergine del Carmine, associata a quella, delle stesse dimensioni, di S. Giuseppe, particolarmente legato all’Ordine Carmelitano. Certi simulacri fanno apparire il padre davidico di Gesù, un vero carmelitano, anche per la devozione promossa da S. Teresa di Gesù (d’Avila). Nel 1978 vi fu tumulato Peppino, e pochi anni dopo anche le amate sorelle.

La Madonna del Carmine era venerata anche nella chiesa della Cona, dove si conserva il simulacro, nel lato dell’Epistola. L’attenzione va ovviamente più verso la Madonna delle Grazie, ma è sempre la Madre del Signore, venerata sotto un’altra denominazione. Il 16 luglio è il giorno dell’ultima apparizione della Madonna a Bernadette, quindi tale data è associata a Lourdes.

A Silvi, antica diocesi di Atri, quando doveva sorgere la nuova chiesa dei Conventuali, dopo l’ultima guerra mondiale, la denominazione doveva essere la “B.V. del Carmelo”. Ma poi il titolo fu cambiato, principalmente per due ragioni: il dogma dell’Assunta, promulgato il 1° novembre 1950 da Pio XII e il legame con la città degli Acquaviva, con la Cattedrale dedicata a S. Maria Assunta (nei documenti antichi però l’Assunzione non è specificata, ma quando si dice “S. Maria” il riferimento calendariale per l’annuale festa è il 15 agosto).

Nel 2001 tra le due parrocchie omonime della forania è nata una collaborazione, anche per la cappellania del monastero di S. Chiara (piviere di S. Maria nella Cattedrale), affidata ai Francescani Conventuali dell’Assunta. Frutti tangibili della sinergia il pellegrinaggio con le reliquie di S. Chiara e S. Francesco, la venuta della croce di S. Damiano, i 750 anni del monastero clariano con una settimana di iniziative in Quaresima.

SANTINO VERNA