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- Pubblicato Venerdì, 19 Giugno 2015
- Scritto da Luciano Brandimarte
UNO SGUARDO ALLA STORIA DELLA GESTIONE URBANISTICA DI ATRI
COSTI E DIFFICOLTA' PER DARE UN FUTURO AL CENTRO STORICO
La polemica fra l'Assessore del Comune di Atri Felicione e l'A.P.T.A. (Associazione Professionisti Tecnici Abruzzesi) oramai conclusasi e risoltasi con l'incontro chiarificatore fra le parti avvenuto Giovedì 11 u.s. ha avuto comunque l'effetto di stimolare una serie di riflessioni circa la gestione urbanistica della nostra Città. La sezione locale di Italia Nostra è intervenuta essendo, a suo dire, in qualche modo, "la memoria storica degli accadimenti, così come si sono succeduti nel tempo".
Ora vorrei intervenire anche io su queste tematiche essendone, in parte, stato protagonista per impegno professionale e sicuramente osservatore attento in conseguenza dell'attività che oramai svolgo da oltre 40 anni (esattamente dal 21/04/1972 data di iscrizione all'Ordine degli Architetti) ed essendo praticamente stato chiamato in causa quale estensore, assieme agli Architetti Mariotti e Summonte, del primo Piano Regolatore Generale della Città del 1974 che sarebbe, secondo la sezione di Italia Nostra locale, il "peccato originale".
Vorrei dare un contributo per apportare chiarezza al susseguirsi dei fatti e maggiore approccio scientifico all'esame di fenomeni complessi quali quelli del divenire di una città, chiarendo prima di tutto che quando si esaminano fenomeni e accadimenti succedutisi nel tempo, nel nostro caso per circa 50 anni, è essenziale la "contestualizzazione" delle scelte. Bisogna, cioè, riportare il giudizio alle condizioni in essere al momento in cui la scelta viene effettuata. Non si può giudicare a posteriori dopo che il tempo ha modellato il fenomeno e ci offre la possibilitá di leggere il risultato pratico e concreto delle scelte effettuate.
Negli anni '70 era in atto un forte sviluppo economico e tutti i Comuni, di tutta Italia, grandi e piccoli, redigevano strumenti urbanistici che prevedevano espansioni delle cittá e tentavano di governare questa crescita che era dovuta anche a fenomeni di tipo sociale, oltre che economico. Liquidare, come fa la locale sezione di Italia Nostra, l'influenza dei fattori sociali ed economici nel fenomeno della crescita della urbanizzazione, come marginali ed accessori è veramente superficiale e poco serio e non in linea con il rigore che caratterizza la stessa Associazione.
Analizziamo cosa è accaduto in Atri in quel periodo.
Prima del primo Piano Regolatore Generale di Atri, redatto nel 1974 ed approvato dalla Regione Abruzzo nel 1977, negli anni dell'immediato dopoguerra si ebbe la prima espansione edilizia fuori dal Centro Storico con una serie di interventi di edilizia pubblica (Ina Casa e Case popolari ) e si ebbero così i primi insediamenti su Via Finocchi e su Via Risorgimento, allora Viale s. Antonio, fino oltre la chiesa di S. Gabriele. Molte famiglie, ben felici, si trasferirono a viverci. Provenivano, fondamentalmente, dal Centro Storico ove le condizioni igienico sanitarie e quelle sociali non erano certamente al passo con i tempi. Si viveva ancora in molti, con famiglie patriarcali e molto numerose, in spazi insufficienti, umidi, poco illuminati e con servizi igienici non adeguati. Diciamolo con chiarezza: si viveva male. La società si evolveva, le necessità crescevano, i giovani che formavano famiglia non volevano più vivere assieme ai genitori, desideravano autonomia, spazio ( lo standard ricercato era quello di una stanza per abitante e non di due o tre abitanti per stanza), possibilità di ricoverare l'auto, avere terrazzi o balconi praticamente inesistenti nel centro storico, godere della luce e del sole che nei centri storici spesso sono carenti.
Ma non erano solo questi i fattori incidenti. Una grande valenza aveva pure il fattore economico. L'intervento pubblico offriva, a costi politici e contenuti, un alloggio moderno e rispondente alle esigenze del momento. Intervenire nell'edificato del Centro Storico era oltremodo oneroso e difficile per le caratteristiche della proprietà degli immobili. La proprietà non era molto diffusa e i proprietari non erano in condizioni di investire per poter affittare, meno che mai per poter vendere. Ma la richiesta di nuova edilizia fuori dal Centro Storico, se è parzialmente vero che non derivava da immigrazione da altri Comuni o da tasso di natalità positivo (cosa che in fase di previsione poteva essere credibile per il ruolo di polo di servizio e di terziario che Atri si apprestava a svolgere) è certamente vero che doveva dare risposta alla migrazione interna derivante dallo spopolamento delle campagne a causa del passaggio da una economia agricola ad una economia del terziario con qualche ambizione di attività industriale.
E che la richiesta fosse sostenuta ne è la prova la realizzazione, sempre prima del PRG, dei primi condomini, anche di grandi dimensioni, quelli ubicati in Via Finocchi e i due ubicati in Viale Risorgimento come evidenziato nella allegata planimetria del PRG.
Solo successivamente a questi interventi si predispose il primo Piano Regolatore Generale di Atri che prese coscienza dei fenomeni in atto e tentò in qualche modo di governarli evitando il ripetersi della realizzazione di tipologie edilizie che poco avevano a che fare con il nostro territorio, quali edifici di altezza elevata. Furono costruiti, prima del PRG, anche edifici di sette piani posti sulla cresta della collina. In definitiva l'espansione, come sempre avviene, è stata regolata dalla legge del mercato della domanda e dell'offerta. Si è costruito fino a che vi è stata richiesta di nuovi alloggi e sarebbe stato sicuramente sbagliato non consentire a quei cittadini di poter vivere ancora in Atri e in condizioni igienico sanitarie adeguate. Non dimentichiamo che sempre per la legge del mercato molti atriani sono andati a vivere a Borgo Santa Maria ove le nuove costruzioni venivano offerte a prezzi decisamente competitivi rispetto ad Atri. Il vero problema risiede nel fatto che le periferie son rimaste per sempre tali a causa della mancata realizzazione di adeguati servizi e infrastrutture che pure sono sempre stati previsti negli strumenti urbanistici, come le norme imponevano.
La conservazione e la valorizzazione del Centro Storico di Atri sono sempre stati nel libro dei sogni degli Amministratori e dei vari progettisti che si sono succeduti. Senza norme adeguate, senza incentivi anche economici il Centro Storico di Atri sarà sempre in sofferenza. I tentativi fatti non hanno prodotto risultati. Ne cito uno di carattere normativo inserito nelle Norme tecniche di Attuazione del Piano Particolareggiano del Centro Storico redatto a suo tempo dal Prof. Samperi: nelle ristrutturazioni si imponeva la superficie minima dell'alloggio in 80 mq. per evitare che si realizzassero mini appartamenti a scopo turistico e per imporre la realizzazione di alloggi da destinare alla residenza stabile. Il risultato è stato che di alloggi ristrutturati nel Centro Storico ve ne sono stati veramente pochi. La conservazione delle volte, anche quelle non strutturali, imposta ora dal nuovo Piano Particolareggiato del Centro Storico sarà un ulteriore freno agli interventi a causa dei costi sia per la loro conservazione e restauro che per i grandi volumi da riscaldare. Aggiungiamo poi la nuova normativa sismica che contribuisce a rendere più difficili e più costosi gli interventi nei Centri Storici.
Se guardiamo indietro possiamo affermare che sul Centro Storico di Atri solo la Legge Regionale, voluta dal Prof. MATTUCCI, la Legge 49, ha avuto successo. Una Legge azzeccata che cofinanziava il restauro delle facciate degli edifici del Centro Storico e che riuscì a stimolare gli interventi dei privati spronati dal finanziamento Regionale. Poi il vuoto assoluto.
Infine una considerazione sul consumo di suolo. Un tema di grande attualità e di notevole importanza che però deve essere adeguatamente e attentamente valutato.
In Atri questo fenomeno è veramente modesto a guardare i dati recentemente pubblicati . E’ modesto per il consumo conseguente alla edificazione residenziale, ma è molto elevato per quello che riguarda l'inserimento dei pannelli fotovoltaici in zone agricole che in qualche anno ha raggiunto un consumo paragonabile a quello della nuova edificazione dal 1950 ad oggi.
Sarebbe stato interessante sentire la voce di altri su questo argomento visto che anche qui gli interessi economici sono forti, anche più forti che nell'edilizia.
Arch. Luciano Brandimarte