GIUSEPPE DE GABRIELIS A VENTI ANNI DALLA DIPARTITA

Aveva forte il senso della eleganza e della amicizia

A venti anni dalla dipartita, ricordiamo Giuseppe De Gabrielis, amministratore per un trentennio della Chiesa di S. Francesco ad Atri. Nato nel 1910 da Oreste e Adele Tomarelli, da giovane fu autista della Fi.Ma.San. In seguito fu impiegato del Banco di Napoli, fino al collocamento in pensione.

Nel 1938 sposò Nisia Angelini, nel Santuario di S. Gabriele dove tornò mezzo secolo dopo, ricordando la consorte venuta a mancare due anni prima delle nozze d’oro. Ebbero quattro figli, Elsa, Oreste, Adele e Floredana e diversi nipoti e pronipoti.

Peppino, dirimpettaio della Chiesa di S. Francesco, dopo la soppressione del Convento (1972) e il passaggio della Chiesa al Clero Diocesano, ne divenne custode e amministratore. Con l’ausilio di Carmelina Di Francesco, curava la monumentale Chiesa, dove molto sentita era la festa di S. Antonio di Padova, preceduta dalla Tredicina. Anche se non veniva più proposto il programma esterno, complice il lavoro agricolo con la scarsa presenza dei fedeli dei dintorni, Peppino organizzava, dopo l’ultima Messa, un rinfresco nell’Oratorio delle Stimmate, con cantori e collaboratori. Tra questi i ministranti della Cattedrale, in quanto la Chiesa era curata dall’indimenticabile Don Giovanni D’Onofrio, in quanto appartenente alla Parrocchia di S. Maria. Il rinfresco consisteva in pizze al pomodoro, rustici, birra e vino.

Un altro momento sentito, le Quarant’Ore, la domenica IIIa di Quaresima, e il venerdì e sabato precedenti. Peppino promosse la devozione a S. Giuseppe Artigiano, ricordato nella preghiera quotidiana del Rosario. Ne acquistò la statua con accanto Gesù Bambino quasi avviato all’adolescenza, e la pose nella Cappella di S. Raffaele. Commissionò il postergale al poeta Antonino Anello, maestro ebanista indissociabile dalla Chiesa di S. Francesco dove ha cantato con la schola per tutta la vita. Peppino era legato alla Basilica romana di S. Giuseppe al Trionfale, dove si recava quando andava a trovare la figlia Floredana, venuta a mancare dopo terribile malattia nel 2012. Nell’angolo della buona stampa di S. Francesco, la balaustra dell’Immacolata, collocava sempre qualche copia della “Santa Crociata”, dell’Opera “Don Guanella”, indirettamente legata a diversi frati che si sono avvicendati, da padri o da fratini, nell’attiguo Convento.

Peppino era legato anche alle Chiese di S. Nicola e S. Chiara, dove aiutava, per il servizio liturgico, negli ultimi tempi, Don Giovanni Forlizzi. Ha guidato l’automobile fino a pochi anni prima di morire, “deformazione professionale” legata agli anni delle autolinee.

Aveva il forte senso dell’eleganza e dell’amicizia, e si radunava con Fedele Bosica, Roberto Laudadio e Mario Muscianese-Claudiani, formando un drappello peraltro legato al circolo culturale dell’Avvocato Giovanni Pacchioli. Peppino con i tre amici evocava il film “Amici miei”, non tanto per le “zingarate”, quanto perché uomini d’altri tempi, in un contesto non diverso da Firenze, dove la passione per l’arte e le tradizioni scorre nel sangue dei cittadini.

Ha servito fino all’ultimo respiro la Chiesa di S. Francesco. L’anno prima di morire era diventata procattedrale, per gli ultimi restauri della Cattedrale. Per la seconda volta in pochi anni S. Francesco ne acquisiva temporaneamente le prerogative. Peppino ha ricevuto l’estremo saluto proprio a S. Francesco, mentre per Atri si preparava una forte nevicata, meno drammatica di quella del 2017. Ora riposa nella cappella di famiglia del camposanto di Atri, vegliato dalla statua della Madonna di Fatima.

SANTINO VERNA.