UN AFFETTUOSO RICORDO

ANTONIO FERRETTI, SACRISTA DELLA CATTEDRALE DI ATRI

E’ passato all’altra riva la sera del 22 aprile scorso, Antonio Ferretti, sacrista della Cattedrale di Atri. Aveva compiuto 99 anni il 24 gennaio scorso e fino a poco tempo fa godeva discreta salute. Teneva a ricordare il suo compleanno, a ridosso dell’onomastico S. Antonio Abate, anche se festeggiava, ovviamente, anche l’altra festa, il 13 giugno, S. Antonio di Padova.

Antonio, raccolse le redini dei due storici sacristi del XX secolo della più importante chiesa di Atri: Tommaso Antonelli e Gaetano Cervone. Personaggi immortalati nella poesia in vernacolo da Antonino Anello che addirittura parla di Nanuccio, nella prima poesia della raccolta “Lu ttavette”.

Compito del sacrista, egregiamente espletato da Antonio, la guida della Cattedrale e dell’annesso Museo Capitolare. Lavoro particolarmente effettuato in estate, con la presenza di tanti turisti giunti appositamente o bagnanti che da Silvi o Pineto, ma anche da più lontano, nei giorni con il cielo grigio, approfittavano per un bagno di cultura. Antonio inaugurò l’attività di custode subito dopo il ripristino del Duomo dopo i penultimi lavori di restauro (1954-64), per una migliore lettura delle linee romanico-gotiche di quella che è considerata una delle più belle Cattedrali del Centro-Sud.

Il Museo, all’epoca, era l’epilogo della Cattedrale (e non viceversa), perché ancora si era arrivati al rinnovo secondo le nuove normative museali, la prima volta nel 1994, la seconda nel 2012. Antonio spiegava con sapienza e discrezione le bellezze dell’interno del Duomo, con gli affreschi di Andrea Delitio e dei tanti maestri minori (ma “minori” soltanto sulla carta) e i cimeli del Museo, passando per la sacrestia capitolare, dove prelevava i paramenti e i suppellettili per le celebrazioni. La sacrestia, abbellita dai reliquiari parlanti, trasferiti al Capitolare, suggerì a Don Giuseppe De Gregorio, Parroco di S. Maria Maggiore in Francavilla al mare, l’idea della “Sala dei Santi”, per racchiudere in uno spazio separato dalla navata i simulacri di volta in volta esposti per la venerazione in chiesa.

Gli atriani che volevano una spiegazione condita da aneddoti, andavano dallo scultore Peppino Antonelli, presente in Cattedrale sempre come fosse la prima volta per lui. Mentre Antonio faceva silenziosamente il suo servizio, oppure la spiegazione ai forestieri, raramente chiamati “turisti” perché non suonano bene in vernacolo, Peppino in religioso silenzio studiava gli affreschi parietali del tempio. E lo ha fatto fino alla chiusura della Basilica nel 2004.

Antonio per tanti anni compiva il rito della collocazione festiva del lettorile in presbiterio, coperto dalla bandinella del colore liturgico. Chi entrava nei giorni feriali, guardava il presbiterio privo dell’ambone e forse non ci faceva neppure caso, perché era inebriato dai pannelli del Delitio, il più grande ciclo pittorico del tardogotico in Abruzzo. Alla fine del servizio alla Cattedrale fu rinnovato l’arredo del presbiterio con croce astile, candelabro, credenza, candelieri e transenne e l’ambone ebbe permanente collocazione a sinistra dell’altar maggiore.

Durante il servizio di Antonio, la Cattedrale di Atri ha vissuto i momenti più significativi della sua storia, almeno dell’era contemporanea. Nel 1985 fu vissuto il Congresso Eucaristico Diocesano e la mattina del 30 giugno di quell’anno (siamo al trentennale) Atri e la Cattedrale ebbero la visita di S. Giovanni Paolo II, il primo Papa felicemente regnante nella città degli Acquaviva. Anche diversi porporati visitarono la Basilica Concattedrale, l’allora Arcivescovo di Napoli Card. Corrado Ursi, ma gli atriani non se ne accorsero perché si festeggiava S. Rita e il futuro principe della Chiesa, Mons. Loris Francesco Capovilla, segretario particolare di S. Giovanni XXIII. Qualche atriani già lo aveva fatto cardinale, in quanto Segretario del Papa buono, e meno di un anno e mezzo fa arrivò la lieta notizia. Antonio preparò i due eventi dello storico Arcivescovo di Loreto, in precedenza di Chieti, per la venuta della Madonna di Loreto e per il primo anniversario della visita del Pontefice polacco.

Antonio Ferretti prestava servizio liturgico alla S. Messa festiva delle 12, la “Capitolare”, celebrata per tanti anni dall’Arcidiacono Don Bruno Trubiani, Direttore del Museo. Non c’era l’arrembaggio dei chierichetti per l’attribuzione del turibolo, perché la Messa grande c’era stata poco prima, celebrata dall’indimenticabile Parroco Don Giovanni D’Onofrio. Spesso era solo lui a fare il chierichetto, servendosi del sostegno con gli uncini per il turibolo e la navicella. Con la chiusura della Cattedrale, nel 1996, per un breve restauro, gli orari festivi furono ridefiniti e la S. Messa capitolare, trasferita alla sera. Si turnavano i canonici del Capitolo Concattedrale, rinnovato dall’Arcivescovo Mons. Antonio Nuzzi, provenienti da parrocchie al di fuori del comune di Atri. Si può dire che la S. Messa del Capitolo finì con Antonio, perché con gli anni che avanzavano, cedette progressivamente le redini al figlio Egidio, pur partecipando alle celebrazioni. Dimessa veste nera e cotta bianca, la domenica giungeva sempre elegante, con giacca e cravatta, e faceva bella figura con il fisico asciutto e il volto sorridente.

Uomo di grande fede, Antonio, con l’amico Guerino Passamonti, recitava il Rosario nei pressi della sua casa, all’ombra della chiesa di S. Giovanni, nel ricordo dell’amatissima consorte Maria Domenica Ruggieri, entrata nella Pasqua eterna 16 anni fa. Assistito amorevolmente dai figli, le esequie sono state celebrate nella Cattedrale di Atri.

SANTINO VERNA