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- Pubblicato Giovedì, 21 Novembre 2024
- Scritto da Santino Verna
RICORDO DI DOMENICO RICCICONTI
Il grande benefattore atriano che continua
a parlare a tutte le generazioni
Il 25 novembre 1943 moriva prematuramente a Napoli, Domenico Ricciconti, benefattore di Atri. Era nato nella città degli Acquaviva il 27 dicembre 1883 da Giuseppe ed Elena Pretaroli. Apparteneva ad una delle famiglie più facoltose di Atri. I parenti della madre erano proprietari di Palazzo Acquaviva, e per questo, popolarmente, Piazza del Popolo era chiamata “Piano di Pretaroli”. Domenico nacque nel palazzo avito, accanto all’ex-Chiesa di S. Stefano, con annessa casa celestiniana.
Gracile di salute, ebbe precettori privati e conobbe Don Luigi Illuminati che gli riservò un capitolo ne “Un paese d’Abruzzo, nella seconda metà dell’Ottocento”. Domenico Ricciconti, come tutti gli aristocratici, i benestanti e i professionisti di Atri, veniva chiamato con il “Don” (il “Sor” per chi veniva dai territori dell’ex-Stato Pontificio), usanza che si affievolì nella seconda metà del XX secolo. Un cugino di Domenico, Vittorio Mandocchi, operò nella beneficienza con l’istituto affidato alle Figlie dei SS. Cuori di Gesù e Maria (Ravasco) che diffusero in Atri la devozione a Piergiorgio Frassati, presto Santo.
Consigliere della Provincia di Teramo, Ricciconti, nel 1910 mise a disposizione della povera gente, il suo patrimonio immobiliare e agricolo. Volle beneficare le orfanelle della Provincia, e fu istituita una Fondazione con sette consiglieri che prestavano gratuitamente il servizio. Per il servizio educativo furono chiamate le Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paul, già operanti in città, nell’ospedale-civile “S. Liberatore”, ubicato all’epoca accanto al Santuario di S. Rita.
Il Palazzo di Domenico Ricciconti è ancora sede della Fondazione che oggi continua egregiamente e sapientemente l’opera cominciata più di un secolo fa, attraverso nuove forme di assistenza, come “Rurabilandia”, fattoria didattica con agriturismo, dove operano ragazzi con disabilità, per un progetto di promozione umana.
Altra costruzione della Fondazione, sempre di opere sociali, è il “Ricciconti” del rione S. Antonio, segnalato dalla statua della Madonna della Medaglia Miracolosa, restaurata recentemente da Ugo Assogna, ricordo della presenza delle “Cappelloni”, così chiamate dal copricapo bianco, reso celebre dall’Amarcord di Fellini.
L’altarolo dell’oratorio privato di Domenico Ricciconti è stato donato al Museo Etnografico di Atri, fondato e diretto da Ettore Cicconi. Anche grazie a questa piccola opera d’arte sacra, qualche anno dopo la fondazione del secondo Museo atriano in ordine di tempo, è diventata tangibile la sezione di religiosità popolare, così radicata in Atri e nell’antico territorio.
Domenico Ricciconti ebbe molto a soffrire nell’ultimo periodo della vita. Fu tumulato nella cappella gentilizia del camposanto di Atri e un’epigrafe fu posta nello storico palazzo, dove al pianterreno ha sede il circolo degli anziani. Nel 1951, con la revisione dell’odonomastica cittadina, a “Don” Domenico fu dedicata una metà di Via Pomerio, dall’inizio della discesa alla fine della balaustra, mentre con la revisione del 1996, gli è stata dedicata anche la piazzetta che congiunge idealmente il pieno centro storico al rione dei Vasari, la cui esposizione a mezzogiorno facilitava il lavoro dei ceramisti. Nell’accezione popolare la dicitura “Ricciconti” si è imposta su Via Baiocchi e i vicoli limitrofi, proprio a ricordo del benefattore atriano che continua ancora a parlare alle generazioni future.
SANTINO VERNA