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- Pubblicato Martedì, 21 Aprile 2015
- Scritto da Antonio Cerquitelli
SETTANTA ANNI FA IL 25 APRILE
OLTRE LA RETORICA, LE EMOZIONI DELLA STORIA E I RISCHI DEL PRESENTE
Scrivere della Resistenza, prima di sedermi davanti allo schermo del mio computer, mi sembrava qualcosa di naturale. Di banale. Oserei dire. Ma mi sbagliavo terribilmente. In fondo, anche nella prefazione a “ il sentiero dei nidi di ragno” Calvino confessa che scrivere il “ romanzo della Resistenza” significava per lui entrare in rapporto con emozioni che hanno coinvolto i suoi contemporanei, e tragedie, ed eroismi, ed oscuri drammi di coscienza che sembravano qualcosa di troppo grande per lui. “ Il romanzo della resistenza” non era ancora stato scritto da nessuno, per questo egli sentiva il tema come qualcosa di troppo impegnativo e di solenne. Ma alla fine lo scrisse. E la Resistenza ebbe il suo romanzo. Se permettete, anche per me parlare di antifascismo a settant’ anni dal 25 aprile 1945 è qualcosa di solenne e impegnativo . Ma il compito che mi sono posto non è stato quello di voler spendere un fiotto di parole trite e ritrite sulla Resistenza italiana, un mastodontico articolo infarcito di attributi retorici alle gesta dei partigiani. No. Ho pensato che solo scrivendo di quanto sia terribilmente difficile e ben poco scontata, nel 2015, questa tematica, avrei potuto rendere omaggio ai tanti eroi dell’ antifascismo. Se i partigiani dovevano combattere sulle montagne nemici armati, io, antifascista del terzo millennio, mi ritrovo a combattere contro il nichilismo e l’ assenza di valori di riferimento dei giovani ( ma non solo giovani) dell’ età contemporanea. Quel popolo di indifferenti da cui ci aveva messo in guardia Antonio Gramsci. Il fascista di oggi non porta il fez e la rivoltella (per fortuna), usa però un’ arma altrettanto pericolosa: il pensiero breve. Che non si confronta con il passato e non è in grado di progettare il futuro, che non riesce a decodificare la complessità e vive congelato sulla banalità, che non sa comprendere chi siamo e dove stiamo andando. Questo è il fascista di cui nel 2015 dobbiamo aver paura, non di quello che si diverte a fare il saluto romano e a dire che “almeno con Mussolini i treni arrivano in orario” ( ma naturalmente è bene stare in guardia anche da tipi del genere). Il fascista di oggi usa il pensiero breve per convincere ed essere convinto. Fomenta l’ odio razziale precisando però di non essere razzista. Sfrutta tematiche assai delicate come la crisi, la sicurezza e l’ immigrazione per conquistare voti. Ogni riferimento alla lega di Matteo Salvini non è affatto casuale. E il fascista di ieri chi era ? E, soprattutto, la Resistenza? Cosa è stata? Calvino nel IX capitolo del “ sentiero dei nidi di ragno” dice a proposito delle lotte partigiane: “ C’ è qualcosa, comune a tutti, un furore. Gente che s'accomoda nelle piaghe della società, e s'arrangia in mezzo alle storture, che non ha niente da difendere è niente da cambiare. Perché combattono, allora? Eppure tu sai che c'è coraggio, che c'è furore anche in loro. È l'offesa della loro vita, il buio della loro strada, il sudicio della loro casa, le parole oscene imparate fin da bambini, la fatica di dover essere cattivi. E basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell'anima e ci si trova dall'altra parte, come Pelle, dalla brigata nera, a sparare con lo stesso furore, con lo stesso odio, contro gli uni o contro gli altri, fa lo stesso” . La Resistenza insomma non è stata la guerra dei capi, degli intellettuali, dei leader di partito. Di particolari ideali rivoluzionari. Certo, anche di questi. Ma è stata soprattutto il riscatto della gente prostrata e umiliata: dei contadini per vincere la loro ignoranza, degli operai per il loro sfruttamento, delle donne per non essere più segregate in case a partorire figli e cucinare. Allora, in tutti gli italiani vi era una elementare voglia di riscatto dovuta alla rabbia di tante sofferenze subite. Probabilmente la stessa rabbia c’ era anche tra la gente arruolata nelle milizie della Repubblica di Salò. Ma è stata la storia a decidere che questi erano dalla parte sbagliata: dalla parte delle catene, della schiavitù, dei gesti perduti. E’ stata la storia a distinguere i buoni dai cattivi. Perciò: attenzione, ai giorni nostri, a quel nichilismo misto a rabbia di tanti italiani. Il rischio è che la loro rabbia possa essere canalizzata dai fascisti del terzo millennio. Abbiamo capito tutti: la Lega Nord. E a chi pensa che in fondo “ si stava meglio quando si stava peggio” in questo caso , citando Piero Calamandrei, “ ci ritroverai morti e vivi con lo stesso impegno popolo serrato intorno al monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”.
ANTONIO CERQUITELLI