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- Pubblicato Martedì, 12 Novembre 2024
- Scritto da Santino Verna
RICORDO DI FEDERICO TAMBURRI, MAESTRO DEL VETRO.
“Un uomo garbato e generoso, attraverso l’arte
ha comunicato la sua grande umanità"
Dopo lunga malattia, ha concluso la giornata terrena il M° Federico Tamburri, artista del vetro. Nato nel 1949, fu battezzato con il nome del nonno paterno, sacrista della Chiesa di S. Francesco in Atri. La famiglia era conosciuta nella città ducale, anche perché il papà Battista, gestiva un esercizio commerciale nell’allora Piazza Marconi, da non molto ribattezzata con il nome della dinastia del Beato Rodolfo. Dotato di enorme talento artistico, Federico ha percorso lo studio e la pratica dell’arte figurativa lasciando il segno del talento non solo nella città delle radici, ma in tanti luoghi del mondo. E non solo in ambito sacro, ma pure in quello profano.
Federico, uomo schivo e discreto, garbato e generoso, aveva disegnato il cartellone della visita di S. Giovanni Paolo II ad Atri. Ha proseguito la tradizione vetratistica atriana, cominciata con il Prof. Alfredo Ferzetti, affiancato dagli allievi Giuseppe Camplese e Benito Perilli. Dal loro cognome è nata la ditta Cam.Per, con laboratorio ad un tiro di schioppo dal camposanto di Atri.
Della multiforme opera artistica di Federico, ricordiamo le vetrate della Chiesa di S. Giovanni, a due passi dal laboratorio, nel 1984. Le opere, suggerite da Piergiorgio Cipollini, direttore dell’Academia Baptistiana, volevano sottolineare il ritorno alla denominazione originaria della Chiesa, non S. Domenico (come era dal XVII sec.), ma S. Giovanni Battista. Il M° Tamburri fu autore di quattro vetrate, due sulla facciata, raffiguranti la Madonna del Rosario, venerata nella Chiesa in quanto sede confraternale e il Precursore, e due sul fianco destro, visibile dal piazzale del camposanto, con S. Domenico e S. Caterina da Siena, entrambi appartenenti all’iconografia rosariana. Federico, nell’immagine della Patrona d’Italia, per sottolineare il legame con il Sommo Pontefice, inserì lo stemma di S. Giovanni Paolo II, unico Papa regnante venuto nella città di Atri. Nel 2000, sempre su suggerimento di Piergiorgio, mentre S. Giovanni era ancora impraticabile per restauro, Federico diede vita ad una nuova vetrata, questa volta nell’abside, raffigurante il martirio del Battista.
Come illustratore, ricordiamo Federico nella seconda antologia di poesie in vernacolo di Antonino Anello (2005). Il libro dal nome “Voci di piazza”, ebbe ancora una volta l’immagine del rione S. Giovanni, quartiere dell’autore e dell’illustratore, questa volta con l’unica porta medioevale rimasta nella città dei calanchi.
Il Maestro Tamburri auspicava per Atri il Museo della Vetrata Artistica. Teneva a dire che Atri non doveva essere la Murano d’Abruzzo, ma la Chartres di questa regione, dove l’arte deve essere maggiormente valorizzata. L’ipotetico Museo, quando si parlava pure dello Scenografico, con le scene dipinte per le pieces nel Teatro Comunale, avrebbe avuto sede, proprio accanto al laboratorio di Federico, nell’ex-dispensario.
Tre anni fa, Federico, per interessamento dell’Assessore alla Cultura Mimma Centorame e del Direttore del Museo Etnografico Ettore Cicconi, aveva partecipato con le “vetrofanie” alla Ia Mostra di Artigianato Artistico di Guardiagrele, anche in ricordo dei vetusti legami tra la città degli Acquaviva e il comune in provincia di Chieti. Un filo rosso presente nella vita quotidiana, perché la bussola in ferro battuto della porta laterale di S. Chiara, quella aperta abitualmente, è opera di maestri guardiesi.
Federico ha ritrovato in Cielo l’amata moglie Anna Maglione, con la quale, assieme alla figlia Debora, portava avanti la mastodontica opera artistica. Le esequie sono state celebrate nella Cattedrale di Atri, dove il turista non frettoloso può ammirare le vetrate dei maestri di Federico, presso la sacrestia capitolare. Il Maestro Federico Tamburri, artista poliedrico, lascia un indelebile ricordo in quanti lo hanno conosciuto, apprezzato e amare, perché anche attraverso l’arte ha comunicato tantissima umanità.
SANTINO VERNA