RICORDO DI PADRE DIONISIO LATTANZI

UN SACERDOTE ALL’ANTICA DAL GRANDE CUORE

 

Ha esalato l’ultimo respiro, nella mattina di domenica 15 settembre, nel Convento di Silvi Marina, P. Dionisio Lattanzi, decano dei frati minori conventuali di Abruzzo e Molise. Ultracentenario, le condizioni di salute si erano recentemente aggravate, ma la grinta non si era mai spenta.

Nato a Casoli di Atri, con lontane origini marchigiane, il 7 maggio 1923, venti giorni prima della nascita di Don Milani, Padre Dionisio era figlio unico, e un cugino, Luigi, aveva scelto la via di S. Francesco, diventando Frate Minore con il nome di Cherubino. Un altro cugino, l’Ing. Serafino, trapiantato a Pescara e molto attivo nel mondo cattolico, venne a mancare qualche mese prima dello scoppio del covid19.

Orfano di padre, con la madre si trasferì a Montesilvano, e nel 1936 entrò nella vita francescana dei Frati Minori Conventuali. Compiuto l’anno di noviziato presso la Tomba di S. Francesco, in Assisi, nella città del Santo Poverello proseguì gli studi, conclusi a Chieti, dove fu ordinato sacerdote.

Nella Provincia dei SS. Bernardino e Angelo è stato di famiglia in quasi tutti i Conventi, compreso Atri, dove fu formatore per due anni. Colto e pratico, con qualche dote artistica, fu in qualche modo allievo di P. Angelo Fiori, storico Parroco dell’Assunta di Silvi e per un mandato Ministro Provinciale. Il segno del talento l’ha lasciato nei vari Conventi, non solo negli arredi chiesastici, ma anche nelle stoviglie, inventando il piccolo chiodo applicato al manico di forchetta e cucchiaio, in modo da evitarne la scivolata nella zuppiera.

Appassionato di montagna, apparteneva al drappello dei frati delle escursioni. Una delle mete preferite la casa estiva di Rigopiano, dove aveva tanto lavorato, con alcuni confratelli e i fratini. La scalata sui monti d’Abruzzo era occasione per cogliere la genziana, trasformata poi in liquore da offrire alla comunità, a conclusione dei pasti festivi.

Nel 2000, fu trasferito da Tagliacozzo a Silvi e la cittadina balneare divenne la residenza definitiva di P. Dionisio, salvo un breve periodo al Santuario dell’Addolorata di Castelpetroso, dove ebbe la gioia di incontrare Papa Francesco, nella visita ad alcuni luoghi del Molise. Per dodici anni fu Cappellano delle Clarisse di Atri, subentrando a Don Enrico Liberatore, stabilitosi a Casalbordino nella prospettiva dell’ingresso tra i figli di S. Benedetto, e ogni mattina, con l’utilitaria bianca, giungeva da Silvi, anche con il ghiaccio, per celebrare l’Eucarestia, confessare e incontrare diversi atriani. Mancava soltanto per una parte dell’estate, assorbito dagli impegni silvaroli, perché sostituito nella città acquaviviana, dal gesuita P. Mario Delmirani, di un anno più giovane di lui, passato all’altra riva già da diversi anni. Quando P. Mario non assicurò più ad Atri la presenza in estate, per gli impegni nella capitale, P. Dionisio lo rimpiazzò, giungendo con il caldo e sempre a servizio delle tre Parrocchie cittadine.

Nel 2012 lasciò la cappellania di S. Chiara e gli subentrò Don Paolo Pallini. Tornò altre volte in Atri, accompagnato dall’amico fraterno Donato Francia, castellano adottato da Silvi, la cui bottega era all’ombra dell’Assunta. Una delle ultime volte, la festa della Santa Famiglia 2017, in S. Chiara, con la presidenza di P. Maurizio Di Paolo, Procuratore Generale dell’Ordine e suo Guardiano, per un anno, a Silvi, dopo la partenza per Castelpetroso, di P. Nicola Petrone.

Apparentemente rude e dal cuore grande, P. Dionisio era un sacerdote all’antica e aperto al nuovo. Spesso lo incontravi in borghese, ti invitava in Convento e ti offriva il caffè con la macchinetta. Era uomo di preghiera, sempre disponibile per le confessioni, buon conversatore. Aveva festeggiato i cento anni, con una Messa all’Assunta celebrata dal Ministro Provinciale P. Mauro De Filippis Delfico e uno stuolo di confratelli, provenienti dagli altri Conventi, il giorno della promozione del Pineto in serie C. Una festa minore era stata celebrata a maggio scorso, per la quota 101. Il Signore lo ha chiamato al premio eterno, in una data mariana, la festa dell’Addolorata, da P. Dionisio attenzionata nel periodo di Castelpetroso. Gli dissi scherzosamente: “Castelpetroso lo chiamo Castel Petrone, perché ci sta Padre Nicola”. E di rimando Padre Dionisio: “De minimis non curat Praetor”. Con la battuta pronta che sapeva attingere dal patrimonio umanistico. Ogni tanto ricordava Don Luigi Illuminati, conosciuto nel giovanile periodo atriano. Questa è stata la grandezza di Padre Dionisio: coniugare antico e nuovo. Come lo scriba del Vangelo.

SANTINO VERNA