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- Pubblicato Giovedì, 22 Agosto 2024
- Scritto da Santino Verna
RICORDO DI EMILIA SARDELLA A 30 ANNI DALLA DIPARTITA
UNA PROTAGONISTA DELLA STORIA “MINORE” DI ATRI
Era pure un caldo agosto, quando 30 anni fa, venne a mancare Emilia Sardella Orlandi, sacrista dell’oratorio della SS. Trinità in Atri. Pochi giorni prima le temperature avevano sfiorato i 40 gradi e memorabile rimase il concerto di Renzo Arbore a Pescara, nelle vicinanze della notte di S. Lorenzo.
Emilia era nata nel 1899 in Via S. Domenico, all’ombra di Palazzo Bindi. Sposò Giuseppe Orlandi, originario di contrada Camerino ed ebbero due figlie Ilde e Gina. Con la famiglia abitava a Portico Trebbiano, rione Capo d’Atri. Era conosciuta più con il cognome da non sposata, e quasi ne divenne lo pseudonimo, in quanto si prestava a designare l’attività commerciale esercitata da Emilia fino a tarda età. Gestiva il negozio di generi alimentari in Via Trinità, dove, tra gli articoli, erano presenti le sardine, sempre buone da gustare e accompagnare con un buon Montepulciano.
Quando Maria Graziosi lasciò il servizio all’oratorio della Trinità, ormai vicina alla conclusione della giornata terrena, Emilia ne prese il timone, curando con dedizione la più piccola chiesa del centro storico, un tempo aperta quotidianamente, con soli due momenti celebrativi nel corso dell’anno, le Quarant’Ore e la festa di S. Rocco. L’esposizione del Santissimo aveva la data del venerdì, sabato e domenica dell’antica Sessagesima (due domeniche prima dell’ultimo giorno di Carnevale), e la Trinità era la prima chiesa di Atri capoluogo, essendo la prima in ordine ascendente di dignità.
La festa di S. Rocco, quando arrivò Emilia, aveva dimesso il programma esterno, ma era caratterizzata dal Triduo e dal movimentato giorno della memoria del Santo di Montpellier. A partire dalle 7 del mattino, le Messe erano in continuazione e tanti i fedeli, provenienti prevalentemente da Atri. Poi la Messa serale, per chi non aveva potuto partecipare al mattino. Rimase contenta un anno, quando tra i fedeli era presente un ragazzo di nome Rocco, nome ormai poco diffuso, ma ancora sentito nella città dei calanchi, perché protettore contro le ferite e le malattie ribelli ai tentativi della scienza.
Nel gennaio 1986 Emilia chiuse l’attività commerciale. Cominciava una nuova pagina nel commercio con l’adozione dei registratori dei cassi e si avvicinava la rivoluzione informatica. Capo d’Atri cominciava pian piano a spopolarsi, per le nuove case nel rione S. Antonio e in altre aree periferiche. Resistevano nel quarto S. Croce altri generi alimentari, ma ormai cominciavano i primi vagiti dell’autunno.
Nel 1990 Emilia passava il timone di sacrista ad un’altra contradaiola di Capo d’Atri, la sarta Ida Amelii Marcone, autrice della tunica agostiniana del simulacro di S. Rita, nel locale Santuario. L’anno seguente in occasione del matrimonio della nipote Sara con Marcello Della Sciucca, Emilia, fu nominata durante la “serenata”, portata dagli amici degli sposi, dove molti erano componenti delle compagini canore atriane, sotto le finestre dell’abitazione della sposa.
Sentiva forte il culto dell’amicizia, aveva sempre una buona parola per tutti, e ricordava con enorme nostalgia la fanciullezza in una Atri che sembrava uscita dalla penna di Andersen.
SANTINO VERNA