L'ALTARE INSANGUINATO

35 ANNI FA L'ASSASSINIO DI MONS. ROMERO


Stava celebrando la Messa nella cappella dell'Ospedale di San Salvador. Aveva appena pronunciato le parole della consacrazione quando una sventagliata di mitra lo rovesciava a terra mescolando il suo sangue con il vino eucaristico.

Era il 24 marzo 1980. I famigerati squadroni della morte avevano nel mirino quel Vescovo straordinario, difensore dei poveri, voce dei disperati, amico degli ultimi. Una presenza decisamente scomoda che  andava eliminata. Era diventato un simbolo Mons. Oscar Romero, un simbolo da abbattere. Ma, come sempre accade, si può spegnere una vita, non un  ideale. La forza della testimonianza va oltre le alchimie del potere, e il prossimo 23 maggio verrà proclamato Beato. La Chiesa, dopo un lungo travaglio, ha deciso di elevare agli onori del altari un Pastore che ha versato il sangue per il suo gregge, ucciso in odio alla fede, martire, quindi testimone di quel grande amore che spinge a donare la vita.

Nel suo nome da 23 anni il 24 marzo viene celebrata la giornata di memoria e gratitudine verso i missionari martiri. L'iniziativa, promossa dal Movimento Giovanile Missionario, intende ricordare questi eroi sconosciuti, uomini e donne, sacerdoti e laici, operatori pastorali e seminatori del Vangelo, che sono stati uccisi perchè avevano scelto di stare dalla parte dei "piccoli".

I dati sono drammatici: dal 1980 al 2014 sono 1062 le vittime dell'odio alla fede. Nell'anno scorso sono stai uccisi 26 operatori pastorali: 17 sacerdoti, 1 religioso, 6 religiose, 1 seminarista, 1 laico. Sono cifre da considerare in difetto poichè si riferiscono solo ai casi accertati e di cui si è avuta notizia. La lista è ben più lunga ed anche nell'anno da poco iniziato continua la scia di sangue che attraversa la storia della Chiesa, un filo rosso che unisce in un abbraccio di amore e di eroismo volti e storie di cristiani che hanno fatto della croce il segno più alto di fedeltà al Martire del Golgota.

"Non c'è amore più grande che dare la vita...", chicchi di grano caduti nel grembo della  storia, nel fango del'odio e della violenza, da cui germina la speranza di un mondo nuovo.

Le cronache ci raccontano della sofferenza dei credenti dell'Iraq, della Siria, del Pakistan, della Nigeria... Pagine che grondano sangue di servitori del Vangelo che, come denunciava Papa Francesco, nella indifferenza generale, ignorati dai media, sono vittime di fondamentalismi totalitari, di un odio che non si arresta nemmeno davanti a donne e bambini.

Nel ricordo dell'Arcivescovo di El Salvador il 24 marzo diventa una data simbolo, un appuntamento con la memoria, una sosta per  riflettere e invocare il grande dono della pace, sconfiggendo la tentazione di rispondere alla violenza con la violenza che semina morte.

Dalla terra, bagnata dal sangue dei martiri del nostro tempo, possa germogliare il fiore della speranza con il profumo inebriante dell'amore più forte dell'odio.

DP