UN FILOSOFO CHE CI AIUTA A CAPIRE IL DIBATTITO DEL NOSTRO TEMPO

Ernesto Laclau : dire "populismo" non è dispregiativo

Populismo. Quante volte ascoltiamo questa parola nei dibattiti politici e quante volte un leader accusa l’ altro di essere populista. Ma se ci chiediamo cosa sia, ci accorgiamo che esso non ha caratteristiche stabili e ben definite. Ci accorgiamo anche che  può essere sia di destra che di sinistra; Hitler, Stalin, Mussolini, Fidel Castro sono stati leader populisti, naturalmente molto diversi tra loro.  Difficile è trovare quel “ quid” che accomuna questi personaggi. Il filosofo Ernesto Laclau ha affrontato a monte e non a valle la questione, a differenza di altri analisti che si sono limitati a descrivere i vari casi di populismo senza darne una chiara definizione normativa. Innanzitutto per Laclau non ha senso chiedersi se un certo movimento politico sia o non sia populistico, perché il politico è il populismo. Perciò è inutile utilizzare il termine in chiave dispregiativa. Come nella scienze della natura  le leggi della fisica devono essere sciolte da ogni riferimento morale, così vale per la scienza politica. Prima dobbiamo comprendere le norme sotterranee del politico e in seguito, eventualmente, darne giudizi morali. Ma cos’è quindi e come si forma un movimento populistico ( o politico, dato che per Laclau non c’ è differenza tra politica e populismo) ? Il “ popolo” del populismo non è mai dato: ma sempre da costruire. La  società, anch’ essa soggetta continuamente al divenire e mai “ pre-confezionata”,  è caratterizzata da un certo sistema istituzionale che cerca di soddisfare il più possibile le domande e i bisogni sociali. Ma naturalmente soddisfarli tutti è impossibile. Così in opposizione al potere di turno, si assommano una serie di domande eterogenee  che non condividono alcuna nota concettuale, tranne il fatto di essere state rigettate dal sistema e di opporsi appunto al potere dominante. Ma  come si fa a trasformare una serie di domande molto numerose e variegate in un movimento politico? Tra tutte queste vi è una che ,da particolare, diventa universale, diventa cioè un significante vuoto che tiene unita la catena degli eterogenei bisogni sociali . Questo è il punto nodale della filosofia di Laclau, che riprende il concetto di egemonia in precedenza formulato da Antonio Gramsci. I simboli di Solidarnosc, per esempio, non rimasero le domande particolari di un gruppo di lavoratori a Danzica, ma finirono per significare un campo popolare ben più ampio, schierato contro un regime oppressivo. Questo significante che da particolare diventa universale deve essere appunto “ vuoto” , non deve mai riferirsi mai a un bisogno o nota concettuale troppo specifica.  Laclau fa l’ esempio della svolta concettuale che Togliatti impresse alla categoria di “ classe operaia” : Togliatti aveva parlato di “ compiti nazionali della classe operaia” la quale doveva divenire il punto di raccordo di una moltitudine di domande disparate, senza che il partito dovesse quindi concentrare la sua attività nel Nord industriale , solo perché lì si trovava la classe operaia. Il compito era quello di costruire un “ popolo”, ma la sterile politica del Komintern non incoraggiò la svolta nazionale dei partiti comunisti, perché per esso il popolo era già dato e non da costruire. Avversando così il fatto che questi partiti potessero diventare populistici e creassero fronti democratici. Il populismo prevede sempre la divisione dell’ agone politico in due fronti: potere dominante e costruzione di un fronte popolare retto da un significante vuoto che svolge funzione egemonica. E’ bene distinguere poi il contenuto ontologico delle domande, per esempio l’ esigenza di una svolta radicale, dal contenuto ontico, ossia il movimento politico che si fa portavoce di questi bisogni. Laclau spiega come il contenuto ontologico possa essere ricoperto da diversi contenuti ontici: in Francia per esempio, prima della caduta del muro di Berlino, il voto di protesta nei confronti del sistema era sempre stato portato avanti dal Partito comunista ma , dopo il 1989 e con l’ ingresso dei socialisti al governo che ha reso sempre più sfocata la distinzione tra destra e sinistra, la voce di protesta alle politiche del governo è stata raccolta dal Front National. Se il populismo è il politico, significa allora che questo è una faccenda di capi, leader, prìncipi. Quei leader che agiscono come significanti vuoti, con espressioni vaghe e indeterminate, riescono a trionfare nelle competizioni elettorali costruendo il “proprio” popolo. Laclau approfondisce il tema con interessanti riferimenti alla psicanalisi di Lacan su cui non intendo qui soffermarmi. La mia intenzione è quella di sfatare luoghi comuni che ascolto soprattutto nei talk- show sul populismo, visto da tutti come malattia della politica : i “contenuti ontici” delle domande sociali fanno la differenza! Mussolini e Mandela furono entrambi leader populisti con programmi ed effetti sulla vita sociale evidentemente molto diversi tra loro. Sarà  allora un caso che il panorama politico italiano è tutto dominato da leader cosiddetti “ populisti”?  A vincere sarà sempre il più populista, ossia il più “ politico”.  

ANTONIO CERQUITELLI