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- Pubblicato Domenica, 15 Marzo 2015
- Scritto da Marino Spada
APPESI AD UN FILO... D'ACQUA
DALLE FONTANE ARCHEOLOGICHE UNA RISPOSTA ALL'EMERGENZA!
In questa coda d’inverno non ci facciamo mancare nulla. Pioggia, vento, neve, alluvioni e smottamenti. Molti comuni senza elettricità, acqua e metano, per non parlare anche di chi, armato di buona volontà, non riesce nemmeno a raggiungere il posto più vicino perché le strade, già sgangherate nell’ordinaria amministrazione, diventano un colabrodo e quindi chiuse al transito. Il comune di Atri ha affrontato l’emergenza idrica con avvisi, comunicati stampa e autobotti per l’acqua potabile, distribuita come il pane durante la guerra nella piazza del Municipio. Per l’acqua di scarico, quella del bisogno fisiologico, si è fatto ricorso alle nostre storiche e preziosissime fontane archeologiche, come Canale, Pila, della Strega e così via. Grazie al sistema idrico pensato tremila anni fa dai persiani, la nostra città, gode di un patrimonio unico e inestimabile, specie all’occorrenza . Se oggi possiamo attingere a esse dobbiamo dire grazie ai nostri predecessori, come il Sindaco Bindi che fece restaurare la Canale, dalla quale in questi giorni stiamo facendo la spola tra dalle nostre case con bottiglie, taniche etc. Un pellegrinaggio che dura da qualche giorno e sul quale qualcuno ha persino speculato lievitando il costo, in modo anche esagerato, dei vari oggetti all’interno dei quali caricare l’acqua. Prezzi alle stelle, speculazione sul bisogno, cose già viste anche in altre circostanze, come nel corso delle abbondanti nevicate di qualche anno fa. Il Consorzio che gestisce la nostra acqua, appunto l’ACA, il cui nome evoca bollette anche talvolta salate, si giustifica sul proprio sito adducendo guasti alle condutture , obsolete, che si sono rotte per via delle frane e delle recenti piogge. Ma come è possibile che qualche giorno di pioggia possa bloccare l’erogazione della linea idrica di centina di migliaia di utenze? Prima che arrivasse l’attuale fornitore, il nostro comune, a partire dal 1928, faceva parte del consorzio Tavo, e a quello che mi risulta pioveva anche in quegli anni, o mi sbaglio? Non sarà forse che la rete è scadente e la manutenzione è pessima? Non sarà per caso che l’ACA, indebitata sino al collo tanto da ricorrere al concordato preventivo per scongiurare il fallimento e le cui casse sono state svuotate dai vecchi amministratori di cui le note vicende giudiziarie sono di dominio pubblico non ha più un centesimo per garantire il servizio? Queste domande sarebbe il caso che iniziassero a porsele anche i nostri amministratori, coinvolgendo la Regione e magari anche la magistratura di merito. I cittadini, passata la bufera, dopo essere rimasti a bocca asciutta, farebbero bene ad agire per via legale con una class action, un’azione collettiva di richiesta del risarcimento. Nessuno infatti ci può dire se e quando il servizio sarà nuovamente disponibile nelle nostre case, nemmeno la stessa ACA il cui sito lancia l’ultim’ora, con la media di 48 ore l’una dall’altra e la cui versione è sempre meno affidabile: oggi, domani, non so! Insomma, siamo appesi ad un filo……d’acqua.
MARINO SPADA