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- Pubblicato Giovedì, 26 Febbraio 2015
- Scritto da Antonio Cerquitelli
UN GIOVANE "A TU PER TU" CON IL GRANDE SOGNO EUROPEO E I PROBLEMI DEI NOSTRI GIORNI
UN VIAGGIO NELLA STORIA PER TROVARE LE STRADE VERSO IL FUTURO
Nel 1941, dal confino in cui erano stati relegati dal regime fascista, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero il Manifesto di Ventotene: indicavano nel movimento federalista europeo l’unica soluzione della crisi europea e la sola possibilità per la pace mondiale. Un’ unione federale, con un governo eletto a suffragio universale da tutti i cittadini europei e con poteri superiori a quelli dei singoli governi nazionali. Solo così si sarebbero superate le rivalità e le incomprensioni del passato e si sarebbe costruito un futuro di pace e di sviluppo. Se ci soffermiamo sulle questioni della pace non so fino a che punto reali passi avanti dal 1941 siano stati fatti: certo,non abbiamo i milioni di morti delle due guerre mondiali, ma riflettiamo sui conflitti nel Kosovo e quelli più attuali dell‘ Ucraina. Il dio Marte non sembra ancora aver abbandonato l’ Europa. Se pensiamo invece alle tematiche dello sviluppo economico il discorso si fa ancora più complesso. Dai primi trattati degli anni cinquanta fino al trattato di Maastricht del 1992 che ha deciso l’ unificazione monetaria e finanziaria con l’ introduzione della moneta unica, l’euro, ci sono stati progressi per quanto riguarda la libera circolazione monetaria e l’ abbattimento delle barriere doganali tra i singoli Stati. Ma, volgendo l’ attenzione alla realtà effettuale delle cose( come diceva il buon Machiavelli), la verità ci dice che stiamo attraversando la crisi peggiore dopo quella del 1929 e il nostro Paese si trova in una situazione paragonabile a quella dell’ immediato dopo guerra, in una costante recessione economica, nonostante i ministri di turno continuino a millantare che la ripresa è ormai alle porte. A ciò aggiungiamo una terza grande questione che coinvolge direttamente l’ Italia: quella dell’ immigrazione. Dovuta soprattutto, tra le tante cause, al terrorismo islamico con un proprio Stato in Medio- Oriente e che ora spaventa l’ Europa, l’ Italia in primis. Ma qui giungiamo a un terzo grande problema, quello della politica estera. Pace, crisi economica e diplomazia. Tre grandi problemi che hanno una matrice comune: l’ assenza di un soggetto politico comune. L’ Unione europea è un UFO : organismo non identificabile. Uno Stato senza costituzione. Tanti trattati che ingeriscono sulle politiche nazionali senza un fondamento costituzionale che legittimi ciò. E ,da europeista convinto, condivido ben poco di quanto sta facendo l’ UE riguardo le tre grandi questioni sopra citate; in questo articolo intendo discutere della crisi economica.
Austerity è la parola chiave che turba i sogni di tante famiglie. Dall’ inizio della crisi la cosiddetta Troika ( Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo monetario Internazionale) si è resa colpevole di un autentico disastro nella gestione della crisi. Angela Merkel e Nicolas Sarkozy si incontrarono a Deauville, in Normandia, il 18 ottobre 2010, per discutere sulla strategia da adottare. Fu deciso che se uno dei Paesi della moneta comune si fosse ritrovato in difficoltà a rimborsare i titoli del debito pubblico, i primi a pagare sarebbero stati gli investitori privati, che avrebbero dovuto rinunciare ai loro quattrini. E solo successivamente gli altri Stati avrebbero valutato un eventuale soccorso nei confronti del loro fratello. Cioè : “ ognuno se la cavi da solo”. Da allora tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni, licenziamenti di dipendenti pubblici,flessibilità lavorativa, riforma pensionistica tengono costantemente da diversi anni l’ Italia, la Spagna e soprattutto la Grecia in crisi economica, con la disoccupazione giovanile che ha raggiunto livelli record. “ Ce lo chiede l’ Europa” è l’ imperativo categorico che impera sulle riforme strutturali dei singoli Stati. La questione è che la validità delle terapie finora iniettate sono state confutate dalla realtà e dai numeri. Perseverare è come pretendere di guarire un drogato facendogli assumere più droga! Emblematico è il caso della Grecia. Un Paese dell’ Eurozona ridotto in condizioni da sottosviluppo con 1,3 milioni di disoccupati,la metà della popolazione sotto la linea della povertà, il ceto medio distrutto con un Pil che è sceso del -26% in sei anni. A ciò aggiungiamo un aumento dei suicidi del 35% rispetto alla media degli ultimi trent’ anni e l’ aumento della mortalità infantile del 41%. Cifre spaventose e lugubri. Che dovrebbero far riflettere i burocrati di Bruxelles e della Germania, che sostiene maggiormente il debito pubblico degli altri Stati e per questo Paese più influente nelle decisioni economiche dell’ UE. Qualcuno mi obietterà: ma la Grecia stessa è in massima parte responsabile di questa situazione perché ha truccato i propri bilanci prima di entrar a far parte della zona euro. Certo, ma non è un buon motivo per giustificare un macello sociale di queste dimensioni. Per due motivi. Il primo. Romano Prodi, qualche giorno fa, in una intervista a un giornale tedesco ha così dichiarato:” Nel 2003 mi sono impegnato da presidente della Commissione europea perché fossero adottati severi controlli sui bilanci degli Stati membri subito dopo l’introduzione dell’euro. Non dimenticherò mai il momento in cui Schröder( all’ epoca cancelliere tedesco) e Chirac dissero, durante la presidenza del semestre europeo dell’Italia (giugno-dicembre 2003) che avrei dovuto tacere. La Grecia ha ripetutamente imbrogliato sui suoi conti pubblici perché non fu ritenuto opportuno introdurre un controllo dei conti”. Il secondo. La Germania nel secondo dopo guerra come responsabile del conflitto fu tenuta a rimborsare un ingente somma di denaro ai Paesi vincitori. Ma cosa si decise alla Conferenza di Londra del 1953? La prima della classe Germania è andata in default due volte durante il Novecento (nel 1923 e, di fatto, nel secondo dopoguerra). In quella conferenza internazionale le sono stati condonati i debiti di due guerre mondiali per darle la possibilità di ripartire. Tra i Paesi che decisero allora di non esigere il conto c’era l’Italia di De Gasperi, padre fondatore dell’Europa, e anche la povera e malandata Grecia, che pure subì enormi danni durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe tedeschi alle sue infrastrutture stradali, portuali e ai suoi impianti produttivi. L'ammontare del debito di guerra tedesco dopo il 1945 aveva raggiunto i 23 miliardi di dollari (di allora). Una cifra colossale che era pari al 100% del Pil tedesco. La Germania non avrebbe mai potuto pagare i debiti accumulati in due guerre. Guerre da essa stessa provocate. I sovietici pretesero e ottennero il pagamento dei danni di guerra fino all’ultimo centesimo. Mentre gli altri Paesi, europei e non, decisero di rinunciare a più di metà della somma dovuta da Berlino. Un terzo default fu sfiorato subito dopo la riunificazione delle due Germanie e per la terza volta gli Stati creditori, compresi Italia e Grecia, condonarono il debito. “Historia magistra vitae”. Ma forse i nostri fratelli tedeschi, impegnati nei loro conti, non hanno trovato il tempo di consultare i libri di storia. Per questo il vero spettro e pericolo dell’ Europa non è certo il governo di Alexis Tsipras che è impegnato in maniera razionale e responsabile a fronteggiare una crisi umanitaria prima che economica nel suo Paese. Il vero pericolo è costituito dalla coppia Merkel - Schauble. Che dovrebbero riconoscere come la Germania ha di certo avuto i suoi profitti con questa crisi essendo diventato il porto sicuro di molti investitori stranieri, grazie, sicuramente , ad importanti riforme strutturali, ma anche grazie a quei debiti condonati per ben tre volte dal resto d’ Europa. Il vero tema che intendo sostenere non è però una sorta di revanscismo contro i tedeschi. La questione è più profonda. E’ necessario e doveroso pensare a un’ altra Europa. Un’ Europa che diventi un soggetto politico unito , con Stati che finalmente cedano parte della sovranità, affinchè i cittadini europei possano davvero decidere se sottomettersi o no ai tecnocrati dell’ austerity. Altrimenti, tutte le elezioni finora svoltesi per il rinnovo del Parlamento europeo rischiano di essere una farsa. Finchè ciò non accadrà l’ UE non ha diritto di sovrapporsi all’ autodeterminazione del popolo greco e degli altri Stati. Io penso quindi a un’ altra Europa, basata su quelle politiche keynesiane portate avanti dagli USA dopo la crisi del ‘ 29 e dal presidente Obama a partire dal 2008 che hanno risollevato gli americani da periodi di difficoltà economica. Penso a un’ Europa che superi il neoliberismo visto come un mantra inattaccabile. Pensato come l’ eterno ritorno dell’ identico. Ma che non fa i conti con la dinamica del capitalismo, il quale richiede continuamente trasformazioni sociali, politiche e giuridiche tra gli attori sociali. L’ UE e l’euro sono ormai ritenuti una gabbia d’ acciaio: l’ obbligo del pareggio di bilancio e il rigido parametro del 3% sul rapporto deficit/ pil sono una catena al collo: come quella che, nella commedia intitolata Babilonesi,il grandissimo Aristofane immaginava al collo degli alleati di Atene,raffigurati,incatenati, alla macina, schiavi della città egemone. Aristofane passò qualche guaio per quella satira, ma aveva ragione; e alla fine l’ impero fondato sulla coercizione si sfasciò. Il rischio è il successo dei nazionalismi lepenisti e fascio- leghisti, che agiscono, come la storia ci insegna, allo stesso modo dei fascisti e nazisti, sfruttando i patimenti della gente prostrata e umiliata da un disastro economico di cui i lavoratori sono gli incolpevoli, ma che poi rappresentano sempre gli ostacoli alla ripresa secondo i cacicchi di turno. Ma ci sarà pure un giudice a Berlino! D’ altronde “ La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà” diceva Altiero Spinelli.
ANTONIO CERQUITELLI