Ridare vita alle antiche tradizioni

LA FESTA DI SAN GIUSEPPE IN ATRI: PERCHE’ NON RIPROPORLA?

Il 19 marzo la Chiesa festeggia S. Giuseppe, padre davidico di Gesù, castissimo sposo di Maria e patrono della Chiesa Universale. Fino al 1977 era festa di precetto, poi per motivi di organizzazione economica venne soppressa insieme ad altre date segnate in rosso sul calendario, come l’Ascensione e il Corpus Domini. Esiste un’altra festa di S. Giuseppe, il primo maggio, ricorrenza laica, “cristianizzata” nel 1955 da Pio XII, anche per ricordare il Patrocinio del padre nutrizio del Signore.

Si entra nel clima della festa di S. Giuseppe già dal 18 o 19 febbraio, perché in una di queste date (la prima quando febbraio ha 29 giorni, come quest’anno, la seconda se febbraio non è bisestile) comincia il mese di S. Giuseppe, in modo da terminare la pia pratica del Sacro Manto, il 19 marzo. Il numero trenta è un ricordo degli anni vissuti da S. Giuseppe con Nostro Signore. Il mese di S. Giuseppe è ovviamente tutto il mese di marzo. Da più di un secolo, anche il mese di ottobre è legato a S. Giuseppe, perché dopo le litanie Leone XIII volle la preghiera dell’ A te o Beato Giuseppe. Forse ottobre è pastoralmente più efficace, perché non coincide con i tempi forti, e intercetta la ripresa delle attività lavorative con la professione, la scuola e il catechismo.

In Atri, cuore della devozione a S. Giuseppe era la Chiesa di S. Nicola, dove annualmente era organizzata la processione, accompagnata dalla banda. La raccolta delle offerte, in natura o in denaro, cominciava i primi di febbraio. La processione riguardava una parte del centro storico, ovvero il piviere di S. Nicola. Il territorio parrocchiale, dopo la IIa guerra mondiale, quando ormai la festa di S. Giuseppe si era un po' affievolita, subì un ritocco, perché acquistò una porzione di centro storico appartenente a S. Maria, vale a dire lo spazio dal rione dei Vasari (contestualmente l’oratorio della SS. Trinità passava da S. Maria a S. Nicola) a Vico Palme, dove comincia la seconda parte di Via Pietro Baiocchi. La soluzione topografica determinò la doppia appartenenza del giardino Sorricchio, sia a S. Nicola che alla Cattedrale. Dato però che l’appartenenza è determinata dal portone d’ingresso, l’antico giardino ducale appartiene a S. Nicola.

Tuttora S. Giuseppe è venerato in S. Nicola, in fondo alla navata sinistra. Nel 1941, i contadini offrirono la nuova statua. Nel 2017, per ricoverare la statua “vestita” di S. Rita proveniente dall’attuale Santuario Diocesano della Santa degli impossibili, il simulacro di S. Giuseppe fu tolto dalla nicchia e poggiato accanto all’ingresso della sacrestia. L’immagine del padre davidico di Gesù poteva essere vista da vicino e il fedele poteva leggere sul piedistallo l’iscrizione del donatore. Nella Parrocchia di S. Nicola si svolgeva la processione di S. Giuseppe ma non quella del Santo eponimo, peraltro venerato in Cattedrale dalla Congrega dei Sarti. Anticamente in Atri, all’alba della festa di S. Giuseppe si accendevano i “faugni”, prerogativa originariamente solo dell’Immacolata e del suo castissimo sposo. La solenne data di S. Giuseppe si abbinava al rito del fuoco, perché coincidente con l’equinozio primaverile.

S. Giuseppe era festeggiato soprattutto dai falegnami, in quanto il castissimo sposo di Maria era stato carpentiere, mestiere riguardante l’artigianato di legno, ferro e pietra. Per i fabbri la protettrice, in Atri, era S. Lucia (perché le tenaglie usate dai maestri del ferro, servirono a cavarle gli occhi, prima della decapitazione), mentre i muratori avevano S. Vincenzo Ferreri, il cui altare è presente nella Chiesa di S. Giovanni (S. Domenico).

I falegnami, un tempo molti a Capo d’Atri, si radunavano nel pomeriggio in una bottega e gustavano la scrippella di farina e acqua. Poi sarebbe arrivata la festa del papà, e le zeppole, nelle due versioni di crema e panna, con amarena al centro. Ad Atri, nella Chiesa della Cona, alla festa di S. Giuseppe veniva compiuta la pia pratica delle Quarant’Ore, trasferita poi alla Va di Quaresima (l’antica domenica di Passione), talvolta coincidente, come quest’anno, con il Triduo in preparazione alla solennità.

In tempi recenti la devozione a S. Giuseppe fu introdotta in S. Francesco, nella Cappella di S. Raffaele, vicina alla porta del Perdono. L’amministratore Giuseppe De Gabrielis ne acquistò il simulacro, commissionando al poeta Antonino Anello, il postergale, accanto alla tela dell’Arcangelo. Un omaggio alla famiglia francescana, perché dal 1741, per volere di Benedetto XIV, S. Giuseppe è patrono dei Frati Minori Conventuali, prima del decreto del Beato Pio IX che lo dichiarava, nel 1870, patrono della Chiesa Universale, nell’atmosfera del Concilio Vaticano I. Peppino ricordava sempre S. Giuseppe nel Rosario che animava in S. Francesco, prima della celebrazione eucaristica serale.

L’anno giuseppino, voluto da Papa Francesco, dopo la prima ondata di covid, ha dato la possibilità di riscoprire le meraviglie del padre davidico di Gesù. Atri dovrebbe riportare in vita la festa di S. Giuseppe, anche se cade spesso in giorno feriale. E’ un giorno splendido perché annuncia la primavera, fonte di speranza e di lode al Signore per le meraviglie del creato. S. Giuseppe è stato messo ancora una volta alla porta, perché sono più attenzionate le due date contigue: 17 marzo (S. Patrizio), occasione per bere un po' di birra e 21 marzo (inizio della primavera), per marinare la scuola.

Riprendiamo la festa di S. Giuseppe, perché se ci affidiamo a lui, alla sua intercessione presso il Signore, i nostri impegni vengono fecondati e le nostre sofferenze hanno un senso, sono allievate, diventano rose nel giardino del Signore.

SANTINO VERNA