ANNA AMOROSO: LA POESIA DELLA
VITA BAGNATA DI LUCE

Ha raggiunto il suo amico Lorenzo entrando
dalla porta principale del Paradiso

«E calmo risposi: bene! Mettiamoci/ in orbita: prendiamo finalmente/ la giusta misura davanti alle cose;/ con serenità facciamo l’elenco:/ e l’elenco è veramente breve». Così David Maria Turoldo (Ieri, all’ora nona), quando ha saputo della sua malattia. Anna Amoroso col suo Di terre e di scoperte (BraviEdizioni, Macerata, dicembre 2021) percorre il suo cammino cogliendo l’essenziale con lo sguardo rivolto verso se stessa e verso l’Altro, distillando miele con i suoi versi carichi di senso.

Un messaggio. Clemente Rebora dice: «La poesia è un miele che il poeta, / in casta cera e cella di rinuncia, / per sé si fa e per i fratelli in via». Ha voluto, Anna, congedarsi con un messaggio di dolcezza ricavato dall’elaborazione del suo dolore. Il 14 ottobre 2021, ha raggiunto il suo amico Lorenzo entrando dalla porta principale del Paradiso, accolta da un abbraccio d’amicizia, a 44 anni. In questo mondo tanto convulso, anche per la pandemia, la poesia le ha permesso di entrare in contatto con se stessa, verso il proprio centro e da qui «ascoltare anche la propria voce nel pullulare delle altre che incalzano, perché non siamo “individualismi” ma individui con il desiderio di recuperare la sintesi di un’esistenza» (p.5).

La sua poesia racconta del suo modo di porsi di fronte alla vita, e del suo resistere al dolore, tanto da riuscirne a vedere la luce, amore per la vita, fino alla fine. Il silenzio e l’ascolto diventano preghiera davanti al mistero della morte e della sofferenza: «Sono sotto un canto di luce/ Nella volta di una nenia che si fa preghiera/ Cerco voce di madre/ La culla di un pensiero felice, vermiglio,/ Carico di sole che non si esaurisce./ Cerco speranza,/ smeraldo anello di congiunzione tra me e i fremiti dell’aria./ In questa intensità/ sento ancora la voce/ mentre le mani mi afferrano nel silenzio./ C’è vita anche tra buie pareti che brulicano dolori trattenuti/ Respiro il domani e mi appoggio tra le ali di colibrì» (p. 7). Chi ha avuto il dono della sua amicizia è grato; perché ha conosciuto la sua grande sensibilità, la sua forza, la sua stanchezza, la sua speranza.

Una lezione di vita. Il suo colibrì, con grandi ali per l’occasione, l’ha accompagnata in Cielo. Le persone la cercano solo per ringraziarla, perché ha dato tutto quello che poteva e la terranno presente per la sua testimonianza di vita e ricorreranno a lei per sentirsi consolate. E in Cielo, ora, sa come lo sapeva qui, che i rapporti non finiscono, il dialogo continua, anche nel silenzio. Con il suo sguardo vivace e dolce insieme ha abbracciato il mondo: la gioia e la sofferenza, l’Altro per cui la nostra vita si carica di senso.

Afghanistan: «Grattano l’ombra/ le donne senza più canto/ La poesia annega nello schianto/ come i volti nascosti/ ora senza nome di/ identità lapidate/ nello strappo dell’ingiustizia. / Resta come un gong di attesa/ per un popolo senza più aiuti/ Resta un gong di attesa/ per chi non ha più voce» (p. 23). Nel suo dolore, pensare l’altrui sofferenza è ossigeno che al respiro arriva, palpito di vita. Hospital, Afghanistan, Il colle, E tra le onde vi cerco. Questi sono i momenti in cui il suo poema si svolge. Il colle di Recanati, è il ritorno a casa, dove era nata nel 1977.

Qui trova il calore, la quiete, l’affetto. «Ecco, / si arresta il fremito. Riparte il passo, / leggera spinta verso un/ rientro quieto e felpato. / Suoni familiari di campane scivolano di nuovo sulla mia pelle/ che ha poco tempo per il sole e il vento. / Si appoggiano su di me, una carezza cresciuta nel buio, / un’attesa che non si arrende mai» (p. 31). Nel suo luogo e tra gli affetti un momento di riposo e di luce, come essere avvolta da un leggero tepore che distende, rilassa.

Una carezza che tonifica e assicura. L’alito del mare rinfresca. L’affetto respiro che non lascia soli ma si fa silenzio e preghiera di fronte al mistero e può dire: «Mi offro come spugna per andare oltre me stessa». E ancora: «Ho cercato mani e cristalli/ per cogliere l’inizio del viaggio, /una carezza ha interrotto il silenzio/ e non sono più sola. / È il mio mare. È il nostro mare. / E tra le onde vi cerco». Ciao Anna Amoroso. Ti ringrazio per avermi chiamato e per avermi mandato l’ultimo saluto.

Francesco Carlomagno