Un viaggio nella storia...

LA DEVOZIONE DI S. MICHELE ARCANGELO AD ATRI

La Chiesa, dal 1969, festeggia il 29 settembre, i SS. Arcangeli Michele, Raffaele e Gabriele. In precedenza, i principali Arcangeli erano festeggiati in date separate, il 29 settembre Michele, il 24 ottobre Raffaele, il 24 marzo Gabriele. La data settembrina rimane festa soprattutto di S. Michele, principe delle milizie celesti.

La devozione fu promossa dai Longobardi, giunti in Italia, anche perché attratti dal Santuario di S. Michele sul Gargano, come affermano alcuni storici, e caldeggiata da S. Gregorio Magno, il quale, per frenare l’avanzata di Costantinopoli, diede spazio al popolo d’oltralpe. Atri ha avuto relazione con i Longobardi, perché apparteneva al ducato di Spoleto.

S. Michele, però, divenne indissociabile dalla vicina “Angulum”, Città S. Angelo, il cui nome ricorda l’Angelo per antonomasia, Michele, eponimo della Collegiata, la cui torre campanaria è molto simile a quella della Cattedrale atriana. E’ riduttivo parlare dei quattro campanili gemelli, Atri, Campli, Corropoli e Teramo, perché si dovrebbero menzionare altre torri campanarie adriatiche, a partire da Ripabernarda, nell’Ascolano, fino alla Cattedrale di S. Giustino.

In quanto patrono di Città S. Angelo, S. Michele, nella città degli Acquaviva, non fu mai molto venerato, sebbene gli fu eretto l’altare nel transetto destro di S. Reparata, con la tela settecentesca copia della celeberrima, di Guido Reni (1635-36), custodita nella Chiesa romana dell’Immacolata, in Via Vittorio Veneto (detta semplicemente Via Veneto), vicino Piazza Barberini. Il XVII sec. fu il secolo di S. Michele, perché per sua intercessione, molti luoghi furono liberati dalla peste, come Vasto, dove divenne patrono della città. La tela del pittore bolognese, fu messa un po' alla porta, quando prese il sopravvento il Caravaggio. Turisti italiani e stranieri, anche i più frettolosi, visitano la Cappella Contarelli in S. Luigi dei Francesi, ma disertano il S. Michele del Reni. Eppure la tela secentesca si è presa la rivincita, perché non pochi poster con S. Michele riprendono l’opera del “Grand-Guide”, come lo chiamavano i francesi.

Prima dei grandi restauri della Cattedrale, l’altare di S. Michele è diventato quello dell’Addolorata. La tela dell’Arcangelo psicopompo (=guida delle anime), fu portata in sacrestia. In Cattedrale sono presenti altre due immagini di S. Michele, affreschi tardomedioevali, uno sulla controfacciata, l’altro, proveniente dalla Chiesa di S. Liberatore (od. Sacrario dei Caduti).

Una tela di S. Michele, simmetrica a S. Raffaele, è presente nell’oratorio della SS. Trinità. Opera di Giuseppe Prepositi (XVIII sec.), fu a lungo collocata lateralmente. Dal 2001 si trova in presbiterio, con al centro il Crocifisso ligneo.

S. Michele era ovviamente venerato in S. Francesco, per la devozione del Santo Poverello al principe delle milizie celesti, peraltro coeponimo della provincia religiosa dei Frati Minori Conventuali. Se il primo titolare è S. Bernardino da Siena, il francescano più famoso del XV sec. il cui ultimo respiro fu esalato nel non più esistente Convento magistrale dell’Aquila, il secondo è S. Angelo, ovvero l’Angelo per eccellenza, in quanto la giurisdizione si estendeva fino al Gargano. Quando la provincia si restrinse ad Abruzzo e Molise, e il Gargano fu incluso nelle Puglie (al plurale, perché comprendente la Terra di Bari e la Terra d’Otranto), la giurisdizione apula prese il nome dei SS. Nicola e Angelo, dove il Vescovo di Mira è ancora una volta accanto all’Arcangelo. La provincia abruzzese (per volere dell’indimenticabile Ministro Provinciale P. Giorgio Di Lembo, nel 2006, fu aggiunto il Molise nella denominazione territoriale, quando tornò la presenza dei frati a Campobasso e Castelpetroso), conservò il nome di S. Michele, affidandosi alla sua potente intercessione presso il Signore. La festa della Provincia rimase S. Bernardino, per via della Basilica inclusa nel territorio, anche per la collocazione calendariale più funzionale rispetto all’Arcangelo, penalizzata dall’inizio dell’anno pastorale, quando la macchina organizzativa delle attività deve accendere il motore.

La Chiesa di S. Francesco, ad Atri, ha più venerazione per S. Raffaele, la cui tela di non grande valore artistico è custodita nella prima cappella a destra, la preferita di Giuseppe Antonelli. Il Santuario micaelico è tornato all’attenzione nel 2002, quando Arcivescovo di Teramo-Atri fu nominato l’indimenticabile Mons. Vincenzo D’Addario, proveniente da Manfredonia-Vieste, erede dell’antica Siponto, il cui Vescovo S. Lorenzo Maiorano ebbe l’apparizione dell’Arcangelo nel 490. Il XV centenario ha avuto tante celebrazioni con la presidenza di Mons. D’Addario sedente sulla cattedra a sinistra dell’altare della grotta, per 16 anni Vescovo in Capitanata, perché ai dodici anni in terra strettamente micaelica, si aggiungono quelli a Cerignola-Ascoli Satriano, dove arrivò nella veste di Coadiutore con diritto di successione.

Un timido gemellaggio tra Atri e il Santuario micaelico avvenne, nella semplicità di una domenica dal tempo tiepido con le avvisaglie del freddo, il 12 ottobre 2003, quando nella Cattedrale di Atri, con la presidenza di Mons. Vincenzo, giunse un gruppo di fedeli della precedente arcidiocesi garganica. La liturgia fu animata dalla corale “Giovanni D’Onofrio”. I garganici ebbero modo di ammirare il massimo monumento di Atri, ricco di non pochi agganci con la terra di Puglia.

SANTINO VERNA