PER NON DIMENTICARE: GLI EVENTI CHE CENTO ANNI FA SCONVOLSERO L'EUROPA 

LA GUERRA DEGLI ALTRI

SECONDA PARTE: BELLI SEDES

Il teatro di guerra assume una dimensione spaziale smisuratamente ampia. A Occidente, con il piano Schlieffen, le truppe tedesche (7 armate e 24 corpi di cavalleria) aprono un fronte di oltre 400 chilometri, dal confine olandese a quello svizzero. Ad esse, i francesi contrappongono cinque armate tra il confine svizzero e il fiume Sambre, in un raggio d’azione di 320 chilometri. A Oriente, la Russia zarista schiera due armate nella zona nord-occidentale, quattro in quella centrale e due a meridione: una copertura di circa 500 chilometri, dal Baltico al Mar Nero. L’Austria fronteggia i russi concentrando tre armate e numerose divisioni di fanteria e cavalleria al centro. Tralasciamo i rimanenti e secondari teatri di mare e di terra: la spedizione navale inglese nei Dardanelli, le operazioni militari in Serbia, Turchia, Persia, etc. Ovunque, si susseguono carneficine spaventose. Ricordiamone alcune: le battaglie nella Prussia orientale di Tannemberg (26-29 agosto 1914) e dei Laghi Masuri (7-9 settembre 1914); la battaglia di Ypres (Francia, 22-4 / 25-5-1915) con impiego di gas venefici; la battaglia di Verdun (Francia, 21-2 / 21-7-1916) in cui perirono 330 mila tedeschi e 350 mila francesi; la battaglia delle Somme (Francia, luglio-novembre 1916) con oltre un milione di morti. Nel maggio 1915 si apre in Europa il nuovo fronte italiano, dal Carso all’Ortles, lungo i confini con l’impero austro-ungarico. La maggiore parte delle truppe viene schierata sull’Isonzo con operazioni di attacco nel Trentino, sulle Alpi Carniche e nel Cadore. Il Comando supremo è affidato al generale Luigi Cadorna: megalomane, baciapile, privo di intelligenza strategica, ossessionato dall’idea del tradimento in agguato (1). Per ambizione e stupidità, ordina undici offensive con inutili assalti suicidi a posizioni imprendibili. Dissangua due armate in appena 29 mesi. Il crollo del fronte italiano a Caporetto (24 ottobre 1917) e la caotica ritirata sul Piave rivelano, ancora una volta, la sua inettitudine e impreparazione militare. Dinanzi al fulmineo attacco austriaco, gli alti comandi perdono la testa. Appaiono inebetiti. Danno ordini confusi e contraddittori. Quindi, “disponendo di automobili, si misero senz’altro in salvamento” (2). Lo spietato Cadorna non si vergogna di stilare un ignobile comunicato in cui attribuisce la sconfitta alla “mancata resistenza di reparti… vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico” (3). Dopo l’inaudito macello, cade il ministero Boselli. Lo sostituisce il giurista siciliano Vittorio Emanuele Orlando che biasima e rimuove Cadorna dal comando supremo (4) affidandolo ad Armando Diaz. Il conflitto si conclude il 12 novembre 1918. Due mesi dopo, nella reggia di Versailles presso Parigi, si ridimensiona l’assetto geopolitico del vecchio continente. Torna in auge il motto di Brenno: vae victis!  I trattati di pace, lontani dalle speranze popolari, sanciscono la brutale spartizione del bottino di guerra tra le massime potenze. Prevale la logica imperial-piratesca mentre, sull’Europa, si addensano le nubi di un nazionalismo sinistro e turbolento.

Aristide Vecchioni

 NOTE:

1)Cadorna fu il responsabile di esecuzioni sommarie per atti di insubordinazione e di “viltà nei confronti del nemico”, nonché delle “decimazioni” applicate senza il rispetto delle procedure previste dal codice militare. Cfr. Melograni, Storia politica della grande guerra, 1915-1918, La terza, 1971;

2)Cfr. G. Lehener, Economia, politica e società nella prima guerra mondiale, G. D’anna, 1973, cit. in A. Desideri, Secondo millennio, ed. G.D’anna, vol.3, p.382;

3)Ivi, p.380;

4)scrisse V. E. Orlando: “La vera crisi morale del nostro esercito sta nel fatto che il Comando supremo ammazza troppi soldati e troppo in fretta”.