VICO MIGLIO

UN SUGGESTIVO ANGOLO MEDIOEVALE

Nel quarto S. Giovanni sorge un vicolo, la cui discesa diventa un problema durante le abbondanti nevicate atriane. Tutti ricordiamo quella storica del 1956, e anche quella del 1965, come la notte di Natale del 1986 poco prima della Messa. Le storiche nevicate sembravano essere un ricordo sigillato e nel 2005, ecco un’altra nevicata nella terza decade di gennaio, con il metro superato. E chi dal Belvedere doveva recarsi all’ex-convitto, passando per uno di questi vicoletti, si raccomandava l’anima.

Miglio non è ovviamente Gianfranco Miglio, ideologo della Lega e crea confusione con altre due stradine quasi omonime: Maglio, nel quarto S. Croce (Capo d’Atri) che forma un ferro di cavallo con Vico Monticello (esiste un altro Monticello nel rione S. Giovanni) e Tiglio, un vicoletto porticato nei pressi di casa Tascini, dove sorge il Museo Archeologico. Prima dell’istituzione del secondo museo in ordine di tempo (ma il secondo della serie vero e proprio, se consideriamo l’inaugurazione, è l’etnografico), c’era la bottega sartoriale di Marino Assogna, uno dei migliori maestri atriani dell’ago e del filo che nella maturità e alla fine della carriera aveva il quartier generale dietro la torre di S. Maria.

Le confusioni nell’odonomastica erano e sono simili alle omonimie. C’erano nel rione di Capo d’Atri due cugini, entrambi con lo stesso nome e cognome, quindi spesso e volentieri (eravamo ancora al tempo delle cartoline) l’uno riceveva la posta dell’altro e viceversa. A volte il mittente non specificava la via perché non ricordava con precisione l’ubicazione.

Vico Miglio, come le stradine vicine, conserva ancora un po’ l’aspetto medievale. Su un muro, imbrattato come purtroppo si riscontra non di rado in Atri, una frase d’amore, questa volta non di un uomo verso una donna, ma il contrario. E l’atriano attenzionato era un giovane dal fisico asciutto e atletico che aveva militato in una squadra della provincia di Pescara. Si era parlato di un provino in un prestigioso club di una serie maggiore, ma preferì rimanere in loco.

A destra della salita è il portico, con lo stemma araldico, indagato da Piergiorgio Cipollini, dov’era la casa di Eufrata Biondi, madre del Beato Francesco Ronci. Il Beato, uno dei primi seguaci di S. Pietro Celestino, non è molto conosciuto, ma è ben ricordato nel mondo celestiniano, di cui Atri è uno dei centri più importanti, specialmente in questi ultimi anni, con l’arrivo della fiaccola in Cattedrale, dopo l’accensione sul sagrato della Basilica di Collemaggio e il percorso che tocca diversi luoghi dello spirito e della civiltà delle province dell’Aquila e di Teramo. Grazie soprattutto a Ettore Cicconi, direttore del Museo Etnografico abbiamo riscoperto un altro figlio illustre di Atri che sicuramente ha messo piede in Vico Miglio. Casa Biondi è stata indagata da Giovanni Antonelli, docente di lettere classiche e peraltro insegnante a S.Matteo delle Chiaviche, uno dei tanti paesi del Mantovano che ha respirato la presenza e l’insegnamento di Don Primo Mazzolari.

La fiaccola della Perdonanza non sfiora casa Biondi, ma quella che fu probabilmente la casa natale di Francesco Ronci, perché partendo dalla chiesa delle clarisse, dopo l’accoglienza delle monache, si reca in Cattedrale, percorrendo Corso Elio Adriano. In compenso dal capo e dalla coda di Vico Miglio si possono scorgere le processioni atriane con il “giro lungo”: la prima, seguendo l’itinerario dell’anno liturgico, il Cristo deposto, la sera del Venerdì Santo. Ma la prima, per estensione, anche se non è una processione religiosa, è la sfilata dei “faugni” che compie il giro inverso, proprio per sottolineare la caratteristica non religiosa, anche se alcuni studiosi ritengono l’origine funzionale alla celebrazione liturgica: i contadini per partecipare alla S. Messa in orario antelucano, quando mancava l’illuminazione elettrica, rischiaravano il buio con i fasci di canne. Ma questo non avveniva solo in Atri, ma in tanti luoghi dove c’era la tradizione della liturgia alle prime luci dell’alba (persino nelle Filippine, la cui dominazione spagnola ha portato usi e costumi europei e mediterranei), tipica dell’Avvento, quando si celebrava la Messa “del gallo”, invito alla vigilanza e alla sobrietà, richiamate dall’animale che cantò per il rinnegamento di S. Pietro (per questo sormonta non di rado le cuspidi delle torri campanarie).

Casa Biondi è ora l’abitazione di Costanzo Marcone, già funzionario della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Vi abitavano i genitori, Raffaele e Giuseppina Pallini. Altre case, con i fondaci, hanno talvolta appesi i peperoncini rossi per l’essiccazione. Presente in tutte le tavole degli atriani, il peperoncino associato al simbolo del MSI e alla fiamma sul capo di S. Vincenzo Ferreri, presente nel santorale domenicano e quindi venerato nella chiesa di S. Giovanni, qualcuno lo mette persino nel brodo.

Vico Miglio fa entrare il visitatore nel vivo del rione S. Giovanni, il quartiere più popolare di Atri, la cui vicinanza al camposanto l’ha legata ancora di più alla gente che prima o dopo la Messa fa una visita ai propri cari, non solo nei mesi di ottobre e novembre.

SANTINO VERNA