UN TIPICO VICOLO ATRIANO CON TANTE STORIE E LA VIA PIU' STRETTA DELLA CITTA'

VICO MUZIO MARTELLA, L’ANTICA VICO CELENO

All’inizio del quarto S. Giovanni sorge uno dei vicoli più tipici di Atri, la “ree di Cialene”, come si dice nel verace vernacolo paesano. Celeno, nome mitologico legato all’Eneide, classico che si sfoglia più volentieri dopo i quadri dell’ultimo anno del liceo, viene ricordato con Zefiro, il

vento di Ponente. Ad Atri esisteva fino al 1951, pure una via con questo nome, ed era la strada che fiancheggiava la chiesa di S. Chiara. Fu intitolata al Beato Rodolfo Acquaviva per omaggiare il figlio più illustre di Atri, o almeno uno dei figli più importanti, dato che la prima abitazione acquaviviana in Atri era dove oggi sorge il complesso delle clarisse. Ma Zefiro è anche un piccolo portico, nei pressi della chiesa di S. Nicola. La toponomastica di una volta pertanto è stata salvata.

Vico Celeno sembra riassumere visivamente la spiritualità degli atriani perché da questa strada è possibile scorgere simultaneamente le costruzioni campanarie di S. Francesco e S. Giovanni. Erroneamente quella di S. Francesco viene detta torre, ma si tratta (come per S. Chiara, la Trinità, S. Liberatore, S. Spirito, S. Andrea, S. Pietro poi demolita) di campanile a vela. Gli atriani, affezionati ai francescani, sono un po’ domenicani, accomunati dall’appartenenza alla famiglia degli Ordini Mendicanti che in varie città stavano ad una certa distanza perché ogni convento aveva la propria area della questua.

Francesco e Domenico erano amici e secondo la leggenda il Patriarca dell’Ordine dei Predicatori avrebbe voluto indossare il saio minoritico. Per risolvere il problema metteva sotto la bianca tonaca il cordiglio trinode di S. Francesco, con i simboli di povertà, castità e obbedienza. In varie città nella festa di S. Francesco sono presenti i domenicani, mentre i figli di S. Francesco restituiscono la visita nella chiesa di S. Domenico l’8 agosto (un tempo era il 4) o in un’altra data domenicana, il 24 maggio.

In Atri questo non è possibile perché i domenicani mancano dal 1809 e i francescani conventuali dal 1975, e la festa di S. Francesco non di rado coincide con quella della Madonna del Rosario, la prima domenica di ottobre, perché Atri, con l’Arciconfraternita del SS. Rosario aveva il privilegio di festeggiare la Vergine nel giorno del Signore, in luogo della data fissa del 7 ottobre. Vico Celeno, ora Muzio Martella, è passaggio obbligato per molti che dal pieno centro storico si recano nella chiesa di S. Giovanni. E tra gli atriani imbevuti di spiritualità francescano- domenicana ricordiamo Antonino Anello, il poeta dialettale che mette spesso nelle vibranti composizioni i vicoletti del paese natale.

Circa a metà della stradina è l’edicola mariana che sormonta la nicchia con le statue dell’Addolorata e S. Rocco. Una tabella riporta l’anno 1887. Gli abitanti del vicolo si occupano delle immagini sacre. Più sopra una ceramica policroma raffigura S. Reparata.

Il passaggio da Vico Martella a Vico Miglio, il vicolo parallelo, è una “ruetta” che permette l’ingresso di un solo pedone per volta. E’ la strada più stretta di Atri. Ma in testa alla classifica dei vicoli più stretti d’Italia c’è Ripatransone, cittadina che ricevette da Atri la tradizione del cavallo di fuoco nel 1682. Un pirotecnico atriano in occasione della festa mariana propose l’esibizione del cavallo e la kermesse piacque tanto da diventare un appuntamento annuale. L’artista è rimasto anonimo, forse perché  Città S.Angelo ne rivendica i natali essendo la città dell’antica provincia di Teramo (nel 1927 passò a Pescara e anche Silvi era candidata al passaggio, poi fu scelta Popoli che si distaccò dall’Aquila), capoluogo dei giochi pirici. Dal balcone di Capo d’Atri, nei giorni di buona visibilità, è possibile scorgere con la Montagna dei Fiori anche Ripatransone.

Vico Celeno, in passato, era piena di residenti. Case, botteghe, fondaci, bambini che giocavano e massaie che si affacciavano alla finestra. Nella parte sottostante si scorgono le processioni con il giro lungo (Cristo morto oltre alle esequie perché è la strada del camposanto, Corpus Domini, S. Rita, S. Reparata, Madonna del Rosario), mentre in quella superiore le teorie con mezzo giro (Immacolata , Assunta).

Con la revisione della toponomastica cittadina nel 1996, Vico Celeno ha preso la denominazione di Vico Muzio Martella. Ma nell’accezione popolare è rimasta la “ree de Cialene”. Forse per non confonderla con Piazza Francesco Martella, la piazzetta intitolata al martire antifascista. Situazione che si ripete a Pescara con Viale Leopoldo Muzii, dove finisce il pieno centro storico e la vicina Piazza Michele Muzii, con il mercato coperto che sostituì quello delle bancarelle dei contadini. Un tempo c’era la Parrocchia della SS. Trinità, ricavata in un locale terraneo, sottolineata da una campana fissata al muro e dall’insegna che ricordava più un esercizio commerciale che la casa del popolo di Dio.

All’ingresso inferiore del vicolo, la bacheca delle affissioni. I manifesti mortuari o necrologi sono quelli visti di più. Forse perché la morte oltre a spaventarci, ci ricompatta e ci rende più profondi e più autentici. E di questa verità abbiamo assai bisogno.

SANTINO VERNA