UNA CAMMINATA  IN CITTA' PER  SCOPRIRE LE TRACCE DEL GRANDE UMANISTA

PALAZZO ILLUMINATI, UNA CASA E LA STORIA DI UN GRANDE FIGLIO DI ATRI

 

Dalla sacrestia della chiesa di S. Nicola si può sbirciare la casa del figlio più illustre di Atri, il canonico Luigi Illuminati. Quello che Gabriele D’Annunzio è per Pescara, Don Luigi è per Atri. Certamente l’Orbo Veggente  è più famoso perché ha toccato più luoghi in Europa, ma anche Illuminati è stato presente in diverse aree geografiche in Italia: Roma, caput mundi e capitale della latinità dove si recava, Napoli dove si laureò, Messina, Cagliari e Genova dove fu docente.

La famiglia Illuminati era originaria delle Marche e ancora oggi il cognome è diffuso nella regione dell’ex-Stato Pontificio. Il padre dell’umanista, Gaetano, era uomo di fiducia del Sindaco Antonio Finocchi, deputato al Parlamento nazionale quando Firenze fu capitale del Regno, la madre, Anna Impacciatore, era di Elice, allora in provincia di Teramo. La non grande casa, appariscente nella sua architettura, ha l’epigrafe latina che in qualche modo descrive il carattere di Don Luigi: Hic mea libertas floret. Il canonico atriano era anticonformista, già portava il clargy-man, difficilmente dava confidenza, si circondava più volentieri della gente umile che dei facoltosi. Un uomo del popolo lo accompagnava quotidianamente a fare spesa.

Qualcuno potrebbe sminuire l’Alter Propertius perché cattedratico all’Università di Messina. Pensiamo che gli atenei siciliani siano di non grande valore, perché abituati alla sudditanza verso l’Italia Settentrionale. Nel Regno delle Due Sicilie, dove le università si contavano sulla punta delle dita, Messina era un centro di grande prestigio, per la sua posizione strategica tra la Sicilia e il Continente. Era il vero capoluogo dell’isola, Palermo aveva una funzione più baronale. Vi studiò, anche se non vi conseguì la laurea perché discusse la tesi a Firenze, Giorgio La Pira, il Sindaco Santo, oltre a Salvatore Pugliatti, il cui nome forma un nesso inscindibile con l’Università messinese e Alessandro Marabottini, lo storico dell’arte che ha realizzato ottimi lavori sull’arte contemporanea. Deceduto nel 2012 è stato uno dei più grandi studiosi di Pompeo Girolamo Batoni.

Vicino di casa era l’Arcidiacono Raffaele Tini e tra i due c’era una bonaria rivalità, forse accentuata dagli stabili contigui. In effetti è più facile discutere con il vicino che con il compaesano dell’altro rione. Durante l’ultima guerra mondiale, dato che la sofferenza ricompatta, i due componenti del capitolo atriano si abbracciarono nella sacrestia di S. Chiara, perché entrambi officiavano nella chiesa delle clarisse, all’epoca con l’altare “coram Deo” e le monache nel coretto con l’enorme difficoltà nel seguire la celebrazione per i fedeli. Ad entrambi serviva Messa Raffaele Marcone che abitava nella vicina Vico Mariocchi, e si associava il giovanissimo Franco Di Giovanni.

In Atri non esiste il museo biografico di Don Luigi Illuminati, come Recanati ha la casa di Giacomo Leopardi e Pescara la casa-museo di Gabriele D’Annunzio. Perché la parte intramurale si può dire un museo diffuso del canonico umanista. Venendo dalla villa comunale incontriamo la biblioteca capitolare dove il canonico lasciò i suoi volumi. E anche qui si ripete la soluzione precedente. La biblioteca di Illuminati, l’attiguo museo dell’Arcidiacono Tini. Senza dimenticare la Cattedrale, sempre nel cuore di Don Luigi. Scendendo lungo Via Cardinal Cicada, la chiesa di S. Giovanni, legata alle opere munifiche di Filippo Accantosti, amico del padre. Poi la chiesa di S. Nicola, di cui era parrocchiano e finalmente la casa, dove campeggia il bassorilievo della Madonna del Sorriso.

La visita del museo diffuso si conclude a S. Spirito, con il cappellone di S. Rita. Per la Santa degli impossibili, nel 1942, Don Luigi compose una poesia, per interessamento di Eugenio Antonelli, responsabile dell’industria cementizia. Un giorno, durante la passeggiata quotidiana nella parte Sud di Atri, Eugenio incontrò Don Luigi e nacque un discorso sulla Santa di Cascia. La devozione allora era forte, come del resto oggi, ma il periodo della guerra rendeva i cuori più disponibili alle cose dello spirito.

A Don Luigi Illuminati fu intitolato il liceo classico, e non poteva essere altrimenti. Se il liceo di Pescara fu dedicato a Gabriele D’Annunzio che certamente non era un latinista come lui, Atri doveva omaggiare il suo figlio più illustre. Peccato poco conosciuto. Un giorno, una ventina d’anni fa, arrivò in un esercizio commerciale di Atri un forestiero, tutto elegante, in giacca e cravatta. Avendo letto il nome di Luigi Illuminati davanti al liceo chiese ad una signora, atriana verace, del personaggio eponimo. La signora, allora giovanissima, forse aveva vagamente conosciuto il canonico, o comunque, ne aveva sentito raccontare in famiglia. Quasi si arrampicò sugli specchi, non ne conosceva molto la storia.

In quella gelida mattina, si ebbe una conferma a caldo delle parole evangeliche: Nessuno è profeta in patria.

SANTINO VERNA