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PALAZZO FORCELLA: DALL'ALBANIA AD ATRI UNA FAMIGLIA CHE HA SCRITTO LA STORIA DI ATRI

Nel cuore di Atri, tra Via Angelo Probi e un caratteristico spiazzo che s’affaccia sulla Via Ferrante, sorge Palazzo Forcella, la cui famiglia eponima denomina il largo che talvolta viene detto “Melchiorre”, per via di un’altra facoltosa famiglia che vi abitò, legata peraltro al dono del reliquiario del Beato Rodolfo Acquaviva, custodito nel Museo Capitolare. Il gesto munifico coincise con la beatificazione di Rodolfo nel 1893.

I Forcella hanno origini albanesi. Giunsero sulla sponda occidentale dell’Adriatico con l’invasione turca nella seconda metà del XV sec. del Paese delle Aquile, dove il 21 settembre scorso Papa Francesco ha compiuto uno dei viaggi apostolici nelle periferie esistenziali, ma anche geografiche, parti consistenti del programma petrino. Ovviamente Atri non diventò mai una colonia albanofona, come la non lontana Villa Badessa (ma la fondazione è del XVIII sec.), ma i ricordi turchi alimentarono leggende e detti.

“Mamma li turchi”, come precisava Stevka Smitran, poetessa serba, docente universitaria e grande studiosa di Matvejevic, non era un detto abruzzese relativo ai turchi che avrebbero invaso l’Abruzzo (forse marginalmente pure quello), ma una locuzione degli allofoni trapiantati in Abruzzo che ricordavano l’abbandono della terra d’origine a causa del popolo invasore. A Tollo viene rappresentato ogni anno l’assalto dei turchi, mandati via per intercessione della Madonna della Vittoria, fatto veramente accaduto, ma la pantomima, in controluce, vuol ricordare le sofferenze dei Paesi balcanici.

Atri ha vissuto una storia analoga, con l’assedio dei Saraceni nell’Alto Medioevo. Fuggirono per intecessione di S. Reparata che secondo la leggenda li rese ciechi. L’episodio fu oggetto di molti drammi sacri nel corso dei secoli, rappresentati in Cattedrale in occasione della festa liturgica e non solo, e l’apice fu il melodramma “La Vergine di Cesarea” di autori vari, con musica di Antonio Di Jorio che volle così rendere omaggio, per interessamento dell’allora Sindaco Prof. Emilio Mattucci, alla cittadina di adozione. La prima rappresentazione ebbe luogo in Piazza Duomo il 20 agosto 1964, la seconda, esattamente  un quarto di secolo dopo, sempre in Piazza Duomo, con la regia di Danilo Volponi, in quegli anni di casa ad Atri per via della Passione di Gesù, e la collaborazione di Alberto Anello ed Elio Forcella. Il Teatro Minimo, con Francesco Anello e Gianni De Galitiis, fu presente tra gli attori.

Il palazzo Forcella, dove campeggia lo stemma di famiglia, è poderoso. La famiglia diede illustri cittadini e validi professionisti. Tra di essi, Michelangelo Forcella, protagonista dei moti antiborbonici che scrisse una pagina pregnante del Risorgimento atriano. Un altro Forcella, Pietro, s’imparentò con i Pico della Mirandola, sposando Lydia, realizzando il secondo anello di congiunzione di Atri con le terre matildiche dopo il matrimonio di Giovan Girolamo Acquaviva, fratello di Claudio, con Margherita Pio di Carpi. La cappella di patronato era nella chiesa di S. Giovanni, con la venerazione di S. Filippo Neri, patrono della vicina Casoli, il cui culto in Abruzzo era stato promosso soprattutto all’ombra della badia di S. Giovanni in Venere, perché il sistema delle commende aveva abbinato il celebre cenobio di Fossacesia (legato peraltro alla Cattedrale di Atri e alla chiesa di S. Salvatore in Silvi Paese) al fondatore dell’Oratorio. Discendenti di “Pippo buono” si stabilirono tra Pescara e Torino di Sangro e una delle ultime fu la Maestra Concetta Neri, morta nel 1996.

In tempi più vicini a noi palazzo Forcella fu casa di Mario Vecchioni, dannunzista di spicco che si trasferì con la famiglia prima a Pescara, nei pressi della chiesa di S.Antonio, e poi a Roseto. Atri gli rimase sempre nel cuore. Con discrezione e affetto ogni tanto risaliva sul natio colle per fare la passeggiata alla villa. Paradossalmente la sua opera era indirizzata all’abruzzese che non ebbe mai a cuore Atri, Gabriele D’Annunzio, promotore dello sviluppo di Pescara che avrebbe non poco rimpicciolito la città degli Acquaviva. A Don Luigi Illuminati il Vate non era simpatico, neppure ad Antonio Di Jorio. Quest’ultimo lo avrebbe definito “pazzo”. E forse per certi aspetti lo era, anche se molte gesta furono eseguite su copione e non era certamente l’immorale che tutti crediamo.

Il figlio del dannunzista di Atri, Domenico Vecchioni, ha intrapreso la carriera diplomatica ed è diventato un preciso e piacevole scrittore. La monografia su Evita Peron, la “Madonna” dei descamisados ha suscitato grande interesse, soprattutto dopo il musical di Luisa Veronica Ciccone, i cui nonni erano nati alle falde della Maiella. Il dottor Vecchioni ha vissuto una delle pagine più importanti della carriera proprio in Argentina, prima di approdare a Cuba, passando per Nizza, dove ha ritrovato S. Reparata, titolare della Cattedrale e idealmente gemellata con la città degli Acquaviva. Se S.Francesco, S.Antonio e S.Lorenzo sono venerati in tutto il mondo, pochi sono i luoghi di S.Reparata, vergine e martire di Cesarea.

E’ stato incasellato tra gli atriani famosi il 3 dicembre 1994, al Teatro Comunale, assieme al Prof. Nicola Cesare Occhiocupo, originario di Villa Bozza di Montefino e studente ginnasiale ad Atri, allora Magnifico Rettore dell’Università di Parma e a Mons. Francesco Di Felice, alla vigilia della promozione a Sotto-Segretario del Pontificio Consiglio della Famiglia.

Palazzo Forcella, all’ombra della chiesa di S.Francesco, è imago brevis della Atri che porta orgogliosamente il suo nome in tutto il mondo.

SANTINO VERNA