PALAZZI E VIE MINORI DI ATRI

IL PALAZZO DUCALE, "JUS PRIMAE NOCTIS" E IL BEATO NICOLA: STORIA E MISTERI DELLA RESIDENZA DEGLI ACQUAVIVA

Difficilmente un atriano chiama il principale stabile cittadino “palazzo ducale”, ma semplicemente “il comune”, perché sede del municipio. E neppure la piazza fa riferimento nell’accezione popolare agli Acquaviva, dato che tutti dicono “piazza del comune”. Con i duchi gli atriani non sono mai andati pienamente d’accordo, a partire dalla loro comparsa alla fine del XIV secolo, perché i concittadini di Publio Elio Adriano erano fieri dell’autonomia comunale.

Il palazzo fu iniziato grazie ai duchi e completato nei secoli successivi quando assunse l’aspetto attuale. Gli Acquaviva rimasero ad Atri fino al 1757, quando con Isabella Strozzi, figlia spirituale di S. Leonardo da Porto Maurizio, apostolo della Via Crucis e promotore di quella del Colosseo, la dinastia si estinse e continuò soltanto con il ramo cadetto di Conversano. I duchi non abitavano sempre in Atri. La cittadina collinare era uno dei tanti luoghi di residenza.

La ciliegina sulla torta del palazzo fu la costruzione, per volere dell’allora Sindaco Comm.Avv.Santino Verna, realizzata dall’ing. Eugenio Vinditti, immediatamente dopo l’ultima guerra mondiale,  della torre civica con le campane che scandiscono il tempo, nelle ore diurne. Un tempo i bronzi lavoravano pure di notte, ma poi ci furono le solite lamentele paesane, perché a mezzanotte e tre quarti, i quindici colpi turbavano il meritato riposo notturno. Quando l’orologio era in restauro, non molti anni fa, le ore non suonavano più. Si sentiva la mancanza di una sottolineatura civica. Nei giorni del ripristino non ci fu una grandissima fibrillazione. Un atriano ultraottantenne, su una panchina del belvedere, in un bel giorno di primavera, commentò telegraficamente “Tutto lì”, per dire forse che c’era tanto da fare per Atri.

Nel palazzo ducale, sempre durante l’amministrazione dell’avvocato Verna, furono chiusi i “trabocchetti”, utilizzati dai duchi per la condanna degli avversari. Il malcapitato camminava a ritroso e una volta azionata la leva si sarebbe ritrovato nelle stanze sotterranee, affidato agli aguzzini.  I duchi, come altri potenti dell’epoca, avevano il privilegio dello “ius primae noctis”. La sposa doveva passare la prima notte di nozze con il duca, altrimenti lo sposo passava i guai.

Si racconta che due sposi per evitare l’assurdo privilegio del despota, celebrate le nozze, se ne andarono subito da Atri. Dopo un po’ di tempo però, il richiamo del paese natio, fece tornare i coniugi nella città degli Acquaviva. Il duca che non aveva dimenticato il fatto, invitò a pranzo lo sposo di allora e lo fece torturare dagli aguzzini.

Allo “ius primae noctis” e’ legata pure la storia del Beato Nicola, leggendaria figura di cavaliere molto abile nel conquistare il cuore delle fanciulle. La promessa sposa fu insidiata dal duca, grazie all’espediente del privilegio della prima notte, e perse la verginità. Per la vergogna si tolse la vita, buttandosi in mezzo ai calanchi e Nicola, turbato dall’episodio, divenne asceta, vivendo all’ombra della Cattedrale, sul cui sagrato sarebbe morto. Il giorno seguente fu trovato miracolosamente all’interno. Le porte si erano aperte da sole e fu decretata la tumulazione nella cisterna romana, prima del trasferimento nella prima campata della navata destra della Cattedrale, al tempo del Vescovo Matteo Giudici. Il culto, circondato da troppa leggenda, fu soppresso e il sarcofago ligneo (XVII sec.) portato nella sacrestia capitolare. Il rito della Porta Santa, oggi magnifico e solenne, ha solo il vago ricordo del Beato Nicola che si riaccende nel cuore e nella mente degli atriani non più ragazzini.

Il palazzo ducale, oltre agli uffici comunali, ha il Museo didattico degli strumenti medioevali e rinascimentali, inaugurato il 12 agosto 2000 e promosso da Gian Piero e Antonio Catelli. Il corridoio superiore conserva i bronzetti di Giuseppe Antonelli, insigne scultore atriano con volti e tradizioni della prima metà del XX secolo di Atri. Tra questi il coro dei fratini di S. Francesco, grandi cultori dell’arte ceciliana e promotori della splendida schola-cantorum che portò in Atri la tradizione del Tota Pulchra di P. Alessandro Borroni, composto nel 1894 in occasione del VI° centenario della traslazione della S. Casa di Nazareth a Loreto. Ad Atri fu facile eseguirlo perché erano (e sono) ottime le voci.

Dal corridoio sono visibili le tracce dell’antica cappella, dove sicuramente maturò la vocazione gesuitica e missionaria del Beato Rodolfo Acquaviva. Ugo Assogna, erede artistico e allievo di Peppino Antonelli, ha realizzato il busto, benedetto dall’Arcivescovo Vincenzo D’Addario il 28 giugno 2004 e collocato nell’atrio del palazzo, sede estiva di tante manifestazioni culturali e musicali.

SANTINO VERNA