FRANCO BATTIATO, L’INDEFINITO IMMENSO

Racchiudere tutto il nostro sentire in una semplice definizione è quanto di più riduttivo ci possa essere. Definire è limitare. Come si fa a concentrare l’infinito in uno spazio così angusto e stretto? Definire è come associare un qualcosa ad un colore preciso. E con il resto dell’arcobaleno come la mettiamo? Tutto ciò che viviamo può avere molteplici sfumature. Che noia mortale se dovessimo ragionare per rigidi schemi e dare per forza un nome a quel marasma di emozioni che popolano il nostro animo. Spesso un unico termine non basta a spiegare certe sensazioni. Sarebbe come sminuire il significato più profondo di ciò che viviamo. Sarebbe come cercare di rinchiudere un fiume in un bicchiere.

Come si fa a descrivere l’immenso Franco Battiato, che purtroppo ci ha lasciati l’anno scorso, con dei semplici aggettivi? Eccelso, etereo, struggente, arguto, soave, sopraffino, dissacrante, sublime, magico, unico, Umano… Franco se n’è andato senza far rumore, armoniosamente, in punta di piedi, elevandosi in un’altra dimensione, ove s’era già rifugiato da un po’ di anni a questa parte a causa di quel maledetto male che ruba brutalmente i ricordi e offusca la mente. Proprio a lui, che aveva fatto un uso così abbondante, della mente, andando dritto all’essenza di tutto ciò che lo circondava, non accontentandosi mai del superficiale e del contingente. Nonostante il suo indiscutibile valore e il prorompente carisma che irradiava con la sua presenza e con le sue perle canore, non è mai stato realmente compreso, per lungo tempo è stato deriso, bistrattato e considerato un alieno, i più non sono mai riusciti a cogliere la vera grandezza e la strabiliante genialità dei suoi testi e delle sue riflessioni, considerate sovente troppo “strane”, ma che invece erano, a mio avviso, di un’acutezza e originalità raramente riscontrabili e non ripetibili. Vogliamo, poi, parlare delle suggestioni oniriche che riusciva a creare, servendosi di sonorità rarefatte, che parevano provenire da un altro universo? Non è mai stato di quei cantanti fatti con lo stampino o allineati al sistema, lui ha sempre rifiutato di ingabbiarsi in convenzioni. Anche nella sua vita privata ha fatto scelte non scontate, non ha mai avvertito la necessità di sposarsi e non l’ha fatto, non ha mai sentito il bisogno di accontentare qualcuno o di seguire la massa, è stato sempre un uomo sui generis e libero, se ne infischiava dei giudizi e dei pregiudizi.

Se dovessi sintetizzare la mia visione personale del grande Battiato, userei questa mia poesia intitolata “L’ardire di Pegaso”, con cui son stata segnalata nell’ambito della XXI edizione del Premio di Poesia “Giuseppe Porto” di Pianella, e che penso calzi a pennello il suo essere. La metto di seguito e, assieme ad essa, aggiungo all’articolo un video di uno dei suoi capolavori più toccanti “L’ombra della luce” che smuove le corde più impercettibili ed in cui pareva quasi prevedere un suo futuro “allontanamento” dalla realtà con la conseguente perdita di lucidità e, perciò, implorava di non essere abbandonato. Fa meno male pensare che sia stato proprio lui, a poco a poco, a decidere di staccarsi dall’ordinario e a cercare un suo pertugio, in cui ripararsi da un mondo che non era mai stato in grado di appagare davvero la sua incontenibile fame di Conoscenza e Umanità.

L’ARDIRE DI PEGASO
Aspra e insidiosa
quella cima che hai dovuto scalare
ingoiando frammenti di pareti sfregiate
dall’indifferenza di folle intimorite
da un’anima diversa
osteggiata e sommersa
da condanne ingiuste
di una società non disposta
ad accogliere ciò che si distacca
dalla convenzione imposta.
A te non bastava una pelle normale.
Avevi bisogno di ali per poterti elevare.
Così hai deciso di volare
laddove gli altri nemmeno osano immaginare.

https://www.youtube.com/watch?v=E8jo7DBxaos

Alessandra Della Quercia