FRANCESCO MARTELLA: UNA VITA PER LA LIBERTA’

L’UMILE CALZOLAIO DIVENTATO EROE IN UNA STAGIONE OSCURA DELLA NOSTRA STORIA

Quella di Francesco Martella è la storia di un eroe, come  di tanti altri della Resistenza naturalmente. Un uomo che non ha nulla da invidiare ai grandi eroi della tradizione omerica o ai celebri condottieri della storia. Perché  è morto nel modo più dignitoso cui uno possa ambire: per i propri ideali. Ma quella di Francesco Martella è anche la storia di una persona umile, un calzolaio, il quale aveva però una gran voglia di riscatto, che andava al di là delle proprie convinzioni politiche: era la volontà di dire basta ai soprusi e alle umiliazioni che i ceti più deboli avevano subito durante il regime fascista. Non più oggetti ma soggetti. Non più semplici comparse ma gli unici registi della propria vita. E ci si ribellò per un sentimento elementare di dignità  come spiegò   poi  Giorgio Bocca. Questi erano i motivi che spinsero contadini, operai, donne, artigiani a dar vita a quella che  si sarebbe chiamata "Resistenza". Le masse popolari furono i veri protagonisti del cosiddetto " Secondo Risorgimento italiano" più di tutti i leader e capi dei partiti antifascisti. 

Martella nacque ad Atri nel Gennaio del 1898; per guadagnarsi da vivere imparò il mestiere di calzolaio. Ma Atri,come del resto tutto il Meridione,non era capace di garantire stabilità economica ai suoi figli. Così egli nel 1924 decise di emigrare a Verona,città in cui il lavoro del calzolaio era particolarmente ricercato,data la presenza in quegli anni di numerosi reggimenti dell’esercito. Intanto il fascismo si stava rivelando per quel che era: una tirannide opprimente nei confronti delle classi lavoratrici. Nel giovane atriano si andava così formando una propria coscienza di individuo e allo stesso tempo di classe che non intendeva vedersi assorbita nel totalitarismo fascista. Ai  sacrifici per mantenere la propria famiglia,arricchita di due figli, si aggiunse un’intensa attività di lettura che lo avvicinarono ai circoli antifascisti della città. Subito finì sotto la persecuzione dell’ O. V. R. A. che lo spinse a lasciare l’Italia per raggiungere Parigi. Ma anche nella città francese i suoi movimenti erano costantemente controllati dalla polizia italiana. Il fascicolo intestato al nome di Francesco Martella raccoglie infatti circa cento documenti che vanno dal periodo della sua partenza per  la Francia alla Liberazione e alla sua morte e denotano con quanta perseveranza l’O. V. R . A. lo seguisse anche in suolo straniero. Si avvicinò agli ambienti anarchici e in seguito entrò a far parte di " Giustizia e Libertà", divenendo segretario del gruppo parigino, distinguendosi nei dibattiti politici e nelle analisi sul fascismo.

Nel 1935 Mussolini invase l’ Etiopia utilizzando il napalm e l’iprite contro gli innocenti contadini e pastori negri. Una premessa di ben più vasti genocidi che sarebbero stati perpetrati insieme all’alleato nazista nella seconda guerra mondiale. La vergognosa aggressione  al popolo etiopico pose il movimento antifascista nella necessità di un approfondimento politico ed ideologico delle condizioni in cui si svolgeva la lotta di classe contro il fascismo e Martella partecipò al Congresso di Bruxelles, approvando l’ appello per la cessazione delle ostilità ed il ritiro delle truppe italiane dall’ Etiopia. Nel 1936  partecipò come volontario alla guerra civile spagnola tra le file della Repubblica, abbandonata però a se stessa dagli Stati democratici europei, ricevendo l'appoggio solo dei Sovietici e di volontari provenienti da ogni parte del mondo; troppo forte era l'esercito franchista, sostenuto anche da Hitler e Mussolini. Ciononostante  il Martella ebbe modo di distinguersi combattendo nel famoso” V Reggimento “ guidato da Vittorio Vidali  ( Carlos Contreras). Per il suo eroismo dimostrato a  Guadalajara fu elevato al grado di ufficiale. Da comandante partecipò alle battaglie di Madrid, Aragòn, Guernica ed alla ritirata dall’ Ebro dove morirono 15.000 volontari  dell’”Ejercito Popular”. Tutti conosciamo l’esito della guerra.  Tornò quindi in Francia e divenne segretario dell'Associazione ex combattenti pacifisti. Allo scoppio della seconda guerra mondiale  Parigi fu invasa dai tedeschi, Martella venne tratto in arresto il 2 ottobre 1940 dalle autorità germaniche. Condotto alla prigione di Aachen, fu poi inviato a Verona e in seguito a Ventotene in quanto per le autorità “ individuo particolarmente pericoloso a causa dei suoi sentimenti antitaliani e antifascisti”. A Ventotene ritrovò il calore e l’affetto di vecchi amici e compagni che avevano combattuto con lui in Spagna: il suo animo non si lasciò così abbattere, ritrovando l’energia e la forza spirituale dei primi anni. Dopo la caduta di Mussolini lasciò Ventotene e raggiunse Roma, dove si trovava l’8 settembre 1943. Immediatamente, dopo l’annuncio dell’armistizio, partecipò alle giornate di Porta S. Paolo, ponendosi a capo di un gruppo di franchi tiratori. La superiorità dell’esercito tedesco era però schiacciante e Martella a stento riuscì a salvarsi riparando in Atri, sua città natale. Qui, con la massima circospezione, prese contatto con pochissimi compagni fidati, con i quali tentò di organizzare una resistenza armata. La sua morte coincise con le pagine più buie e oscure della città. La sorte matrigna volle che egli prendesse casa accanto a quella di Giuseppe Pietropaolo, noto fascista della zona che aveva partecipato alla guerra spagnola dalla parte però del generale Franco. Il 17 novembre 1943 dei soldati tedeschi e fascisti irruppero nella casa di Francesco Martella e spararono su di lui. Il suo corpo fu deriso, offeso, oltraggiato e portato per le vie del paese come un oggetto senza anima. In seguito furono accusati notabili politici all' epoca iscritti al partito fascista che nel secondo dopoguerra avrebbero dominato il panorama politico atriano  a capo della DC. Ma non furono mai trovate delle prove. Si parlò anche di documenti fatti scomparire a Teramo che avrebbero inchiodato i colpevoli.  Pietropaolo fu arrestato nel '45 e condannato a venti anni di reclusione per collaborazione politica col tedesco invasore e per concorso in omicidio. 70 anni dopo l’assassinio, i mandanti sono rimasti ignoti. Oggi quello che possiamo fare per lui è raccontare. Cosa assai più efficace di qualsiasi vendetta. Perchè molto più odiosi di tutti i fascisti e nazisti sono gli indifferenti. E ad Atri ce ne furono molti per parecchi anni. Solo nel '90 fu eretta una statua e intitolata una piazza in ricordo del partigiano ucciso. A mio parere Francesco Martella sarebbe potuto benissimo essere il protagonista del romanzo "Per chi suona la campana" di Hemingway. Anche lui come l'americano Robert Jordan (il personaggio principale del libro) venuto da un Paese straniero a combattere per la causa spagnola, lasciando la propria famiglia e decidendo di non ritirarsi a una vita di comodo, affrontando i pericoli del conflitto fino all'inevitabile e dolorosa conclusione. Potremmo chiederci chi glielo abbia fatto fare...le ragioni sono legate non tanto a certi ideali politici (di sicuro anche a quelli) ma perchè era giusto farlo. Proprio per quella voglia elementare e universale di riscatto e dignità di cui ho parlato prima. Scegliendo di vivere una vita da protagonista.

ANTONIO CERQUITELLI