S. ANTONIO ABATE, IL PIU’ IMMORTALATO

NELLA CATTEDRALE DI ATRI 

S. Antonio Abate, la cui festa dal V sec. cade il 17 gennaio (mai suscettibile di trasferimenti calendariali, come è avvenuto per altri Santi, es. S. Benedetto e i SS. Tommaso, Apostolo e Aquinate), risulta il Santo più immortalato nella Cattedrale di Atri. Intendiamo non solo nella Basilica di S. Maria, ma anche nella cisterna romana (vulgo S. Maria Vecchia), non più con funzioni liturgiche, ma inclusa nel percorso e nel biglietto del Museo Capitolare.

E’ un Santo inconfondibile nell’iconografia, perché sin dal Medioevo ha avuto attributi specifici, in Occidente. Un po' come è avvenuto per S. Bernardino da Siena, raffigurato da Andrea Delitio in un intradosso del coro e d’obbligo nella Cattedrale, perché compilatore del processo di canonizzazione, fu il Vescovo di Penne e Atri, Giovanni Ranellucci da Palena.

Antonio il Grande, se negli affreschi viene rappresentato austero, dalla prolissa barba bianca e addirittura con un paio di occhiali a molla, intento a leggere, nella versione del Delitio (anche per ricordare l’amore per la Sacra Scrittura), nelle stampe popolari è rappresentato circondato dagli animali della campagna. Se in Oriente, ancora oggi, è raffigurato con un mostro ai piedi, simbolo del demonio sconfitto, nel mondo latino è accompagnato da un animale esistente nella realtà, il maialino. Il mostro, presente nell’iconografia libanese, combina due animali: il lupo e l’orso. Il diavolo sconfitto ha la mole dell’orso, ma la testa e le fauci del lupo. In Occidente (questo non lo vediamo nella Cattedrale di Atri), si arrivò al maiale, anche per la collocazione calendariale della festa. Infatti in questo periodo, complice il freddo, si ammazza il “frigorifero a quattro zampe” (Adriana Gandolfi), fondamentale nella dispensa del contadino. Gli Antoniti, in Francia, inoltre, allevavano i maiali per l’economia degli ospizi.

Il motivo della ripetuta presenza di S. Antonio Abate nella Cattedrale di Atri, è dovuta alla venerazione del padre di tutti i monaci. Non solo del monachismo orientale, ma anche di quello occidentale. Antonio, nella tradizione popolare, ha avuto molta più venerazione di S. Benedetto da Norcia, ricordato nella demologia quasi solamente per un motivo metereognostico, “San Benedetto/ la rondine sotto il tetto”, per indicare il ritorno della primavera. Atri è una cittadina da sempre agricola, e questo spiega la presenza di S. Antonio Abate, tre volte soltanto nel presbiterio di S. Maria. E’ presente pure nella prima campata della navata destra, vicino all’altare di S. Anna, in sacra conversazione, e nei pressi del fonte, nell’insolito atteggiamento di riposare sul giaciglio.

La statua, in legno dorato, scolpito e dipinto (XVI sec.) fu portata nel Museo Capitolare. Proveniva dalla Chiesa di S. Antonio Abate nell’omonimo rione, tornata all’attenzione due anni fa, poco prima della pandemia, grazie ad una conferenza, nella città degli Acquaviva. In Cattedrale, non sono infatti collocate permanentemente statue di Santi, come accade nelle altre Chiese, dove i simulacri sono riposti nella nicchia e posti vicino al presbiterio, nell’imminenza dell’annuale festa.

Alla statua di S. Antonio Abate fu rubato il maialino. Infatti ai piedi del Santo, è una vampa di fuoco, simbolo dell’amore per il Signore, anche se quest’attributo, nell’iconografia, passò, talvolta, a S. Antonio di Padova, molto meno raffigurato nel complesso della Cattedrale atriana.

SANTINO VERNA