RICORDO DI NADINA COSANNI ANELLO 

Nel mese di ottobre, a lei tanto caro, perché mese della Madonna del Rosario, ha concluso la giornata terrena la Signora Nadina Cosanni, vedova del Maestro Antonino Anello, poliedrico artista atriano. Il figlio Alberto le aveva preparato, come al solito, il pranzo e l’ha trovata morta sulla poltrona.

La Signora Nadina era nata nel 1923, un mese e mezzo dopo l’inseparabile compagno di un’intera vita, Tonino Anello. La famiglia Cosanni è stata sempre legata alla Chiesa di S. Giovanni, all’epoca denominata semplicemente S. Domenico. Il fratello Luigi, detto Gigi, di un anno più grande, venuto a mancare 14 anni fa, è stato lungamente sacrista di S. Giovanni e organizzatore dell’annuale festa della Madonna del Rosario, la prima domenica di ottobre (quest’anno il 3).

Nadina e Tonino si sposarono nel 1951 nella Cattedrale di Atri, alla cui Parrocchia appartenevano entrambi. Hanno avuto tre figli, Carla, consorte del Preside Prof. Massimo Spezialetti, Alberto e Francesco. Una famiglia di artisti, con la Signora Nadina dietro le quinte, a partire da Tonino, poeta in vernacolo, autore di commedie, componente della schola-cantorum “S. Francesco”. E, anche, valente ebanista, nella bottega di Via Canale, ad un tiro di schioppo dalla Chiesa di S. Giovanni, dove fu celebrato il matrimonio della figlia Carla con Massimo il 20 aprile 1975.

Era rimasta profondamente sconvolta dai due recenti lutti, del marito Antonino, deceduto ultranovantenne l’11 febbraio 2019 e del figlio Francesco, nato al Cielo, il 24 marzo scorso. Due dipartite che hanno segnato moltissimo la vita artistica e culturale della città degli Acquaviva, dove il teatro è di casa e lo sarebbe stato di più, se negli anni del miracolo economico si fossero attuate scelte come è avvenuto in tante cittadine delle Marche e dell’Umbria.

Conserviamo tutti l’immagine di Tonino e Nadina che, nel mese di novembre, con un ristretto drappello di concittadini si recavano nella Chiesa di S. Spirito, ora Santuario diocesano di S. Rita, a piedi, da Porta S. Domenico, per l’intero mese dei defunti, tradizione un tempo osservata anche in S. Francesco, in orario quasi antelucano, e poi rimasta solo a S. Spirito, storicamente legata al Suffragio dei Defunti, per via dell’omonima Congrega e della vicinanza all’antico camposanto, tuttora segnalato da due cipressi, visibile da finestre e balconi di Capo d’Atri. Un mondo che scompare, come i giorni nebbiosi di Atri, nei mesi autunnali, fiducioso, però, nell’alba senza tramonto del mattino di Pasqua.

SANTINO VERNA