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- Pubblicato Venerdì, 19 Febbraio 2021
- Scritto da Santino Verna
UN GRANDE ATRIANO, UOMO D'ALTRI TEMPI APERTO AL MODERNO
L’IMPROVVISA DIPARTITA DI NINO BINDI
Il Professor Nino Bindi ha concluso la giornata terrena. Un infarto, lo ha portato via all’affetto dei suoi cari il giovedì dopo le Ceneri. Le condizioni di salute da tempo non erano perfette, ma nessuno avrebbe immaginato una dipartita così fulminea.
Nicola Bindi jr. era nato nel 1941 da Domenico e Ivonne Curti. Gli fu imposto il nome del nonno paterno, appartenente ad un’aristocratica famiglia atriana, ottimo medico, Sindaco di Atri nei duri anni della ricostruzione postbellica, prima dell’Avv. Santino Verna. Anche il papà Domenico, dottore in giurisprudenza, fu Sindaco della cittadina, dal 1970 al 1975.
Nino, dopo la maturità classica, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Macerata dove conseguì la laurea. Insegnante per una vita, ha svolto il servizio in diverse scuole della Provincia di Teramo, come l’ITC “A. Zoli” di Atri, dove si conquistò la stima e l’affetto di tutti gli studenti.
Sposò la Prof.ssa Rosi Fierli, anche lei docente all’ITC di Atri. Hanno avuto due figli, Domenico e Neve. L’estro artistico di Nino ebbe un felice periodo come batterista, nei “Siparietti”, presso il Teatrino “Mandocchi”, quando la TV era in poche case e, per giunta, con un solo canale e un palinsesto scarno. Tanti giovani atriani, come Giovanni Verna, hanno recitato su quel piccolo palco. Era anche uno sportivo praticante, come i fratelli Mariano (scomparso prematuramente anche lui 15 anni fa) e Francesco. Non di rado andava in bicicletta per le vie di Atri, dove i saliscendi e la mancanza di piste ciclabili sconsigliano l’uscita in strada del velocipede.
Nel 1974 fu tra i fondatori del coro “A. Di Jorio”, del quale divenne presentatore. Tanti gli spettacoli che hanno visto protagonista Nino, e tra questi, quello del 15 agosto 1989, quando presentò la compagine canora, diretta dal M° Prof. Concezio Leonzi, completamente rinnovata, con nuove leve, mentre la “vecchia guardia” aveva riformato la schola-cantorum “S. Francesco”.
Nel 1993, la parentesi politica, tra i cristiano-sociali. Era la prima elezione diretta del Sindaco e il momento elettorale, non era più vissuto, forse, con l’entusiasmo di una volta. Si votò il 6 giugno, una gradevole domenica di sole, e Nino fu eletto Assessore alla Cultura. Tra i suoi impegni, l’istituzione dell’archivio “A. Di Jorio”, nel ridotto del Teatro Comunale, inaugurato, alla presenza della figlia del maestro, Prof.ssa Pasquina, giunta da Rimini, il 14 dicembre 1996.
Si adoperò anche con Carlo Delle Piane, per un film ambientato ad Atri, “Ti amo Maria”, una delle tante storie d’amore raccontate dal cinema, questa volta con la location d’eccezione della città degli Acquaviva che si prendeva la rivincita su tanti luoghi attorno a Roma o dell’Umbria, dove il grande schermo è più di casa. Gli atriani furono felici di conoscere uno dei “pezzi forti” di Pupi Avati e di rivedere, sul telone montato a Piazza duchi d’Acquaviva, la propria casa col balcone pieno di fiori.
L’impegno di Nino fu profuso anche per la valorizzazione dello scultore Giuseppe Antonelli. Punto di partenza, il coretto abruzzese, dono di nozze. Nel 1979 divenne copertina del primo LP del coro di Atri, diretto dal M° Prof. Alfonso Bizzarri. Le 13 sculture, fuse in bronzo, inizialmente furono presentate in una mostra al Comunale, poi vennero trasferite al piano superiore di Palazzo Acquaviva.
Durante il mandato di Nino al Comune di Atri, fu attuata la revisione della toponomastica cittadina, intramurale, periferica e rurale. Fu nominata una commissione e tra le proposte, per volere di Nino, il vicolo con eponimo Muzio Martella. Immortalato da Peppino Antonelli, nella scultura e da Domenico Zincani, nella fotografia, Muzio è uno di quei personaggi “felliniani” della Atri del XX secolo. Vincenzino Marcone, Antonio Leti, Israele Piccirilli, Arturo e Lidia Ronci, sono alcuni atriani della serie che potevi incontrare tra le vie del centro, dove dispensavano il buon umore e la gioia.
A Muzio spettò la via della sua casa, Vico Celeno, la cui denominazione sembrava forse troppo arcaica. Una stradina pedonale, un tempo molto abitata, all’inizio del rione S. Giovanni, dove cominciava l’incontro quotidiano del famoso atriano con la cittadina acquaviviana.
Finita l’esperienza in Municipio, Nino continuò per qualche anno ad insegnare, e collocato in pensione, andava spesso e volentieri, con la moglie Rosi, nella casa di montagna a Roccacaramanico. Coltivava gli interessi culturali, e tra questi, la monografia su Tobias Perfetti, maestro di cappella della Cattedrale di Atri, emigrato a S. Paolo del Brasile, dove insegnò a tanti alunni e gli hanno dedicato una strada.
Il progetto era maturato nel salotto del nipote del maestro, Pino Perfetti, con gli amici Concezio Leonzi e Massimo Spezialetti. Ogni pomeriggio, Nino si recava dall’amico Pinuccio e, dati i gravi problemi al nervo ottico, gli leggeva articoli di giornali e riviste, o le ultime novità librarie. Andava a trovare l’amico anche nella residenza sanitaria di Silvi Marina, dopo un incidente domestico, due mesi prima dell’arrivo del covid.
L’ultima battaglia culturale di Nino, la difesa del presepe di Castelli, portato in Piazza S. Pietro. Nino era un uomo di fede, partecipava ogni domenica alla S. Messa in S. Chiara dove andava pure suo nonno Nicola. Amava molto Papa Francesco e la sua granitica fede non era mai ostentata. Voleva scrivere una lettera all’Osservatore Romano, e l’ultimo quotidiano nazionale che ho nominato con lui è stato proprio il giornale del Papa. Un uomo d’altri tempi, Nino, ancorato ai vetusti valori e aperto al moderno, come lo scriba divenuto discepolo del Regno che dal tesoro estrae l’antico e il nuovo (Mt 13,52).
SANTINO VERNA