RIFLESSIONI....

L’ECCEZIONALITÀ DELLA PARTICOLARITÀ

Ogni rapporto è unico, eterno e infinito... 

Cos’è eterno? Ciò che è unico.

Perché ciò che è unico è uno, è solo, è più che raro. Ha inizio, ma non ha fine.

È come quei monumenti pregiati che sono stati creati una volta e resistono tuttora. Immortali.

Ciò che è unico, essendo Arte, spesso non è compreso. Molti si limiteranno alla superficie, in pochi ne coglieranno il senso più viscerale. In parecchi tenteranno di emularlo, ma invano.

Perché ciò che è unico è inconfondibile e irripetibile.

Questo concetto è applicabile in ogni situazione e campo, incluso quello relazionale. Quando si instaura un legame particolare accade qualcosa di unico.

Ne consegue che tutti i rapporti unici sono eterni e infiniti.

È la particolarità che attrae e coinvolge, spicca su tutto ciò che è ordinario e usuale. Nella letteratura ci sono innumerevoli esempi di grandi scrittori e poeti che hanno affrontato questa stimolante e affascinante tematica.

In particolar modo, Charles Bukowski nelle meravigliose frasi che usa nella sua opera poetica e riflessiva intitolata “L’hai amata, vero?” tratteggia, con intensità e incisività, il suo turbolento, ma potente e struggente sentimento per una donna “difficile”, che lei definisce più volte “matta”, ma nell’accezione più positiva del termine dato che fu proprio la sua “follia” ed il suo essere “diversa” a stregarlo e a farlo innamorare perdutamente. Di seguito, il significativo testo:

L’hai amata, vero?”
Lui sospirò.
“Come posso risponderti? Lei era matta” sorrise, perso in qualche ricordo.
Si passò una mano fra i capelli: “Dio, se era tutta matta. Ogni giorno mi svegliavo accanto a una donna diversa, una volta intraprendente, l’altra impacciata. Una volta esuberante, l’altra timida. Era mille donne, lei. Ma il profumo era sempre lo stesso, inconfondibile. Era quella la mia unica certezza. Era il profumo dei viaggi che doveva ancora fare, mi diceva.
Le chiedevo cosa volesse dire ma non me lo spiegava mai. Mi sorrideva e sapeva di fregarmi, con quel sorriso. Perché ti giuro che quando sorrideva io non capivo più nulla, amico. Non capivo più nulla. Non sapevo più parlare né pensare. Niente, zero. C’era all’improvviso solo lei.
Era matta” rise “tutta matta. A volte si perdeva a guardare un mappamondo o un quadro, ci volevano ore perché tornasse in sé. E quella sua mania di mettersi sempre i pantaloni… Non l’ho mai vista con una gonna, sai?
A volte di notte piangeva. Dicono che in quel caso le donne vogliono solo un abbraccio. Lei no. Lei si innervosiva a starmi vicino in quei momenti. Si vestiva e stava in giardino tutta la notte, e guai a raggiungerla. Mi ordinava di lasciarla sola. La sentivo piangere, ancora oggi sono convinto che parlasse con qualcuno, in quelle notti terribili.
C’era qualcosa in lei, amico mio. Non so che cosa, ma non era una ragazza normale. C’era qualcosa in lei, o c’erano altre ragazze in lei, ancora oggi non te lo so dire.
Non so dove si trova adesso ma scommetto che è ancora alla ricerca di sogni.
Era matta, tutta matta.
Ma l’ho amata da impazzire.

Alessandra Della Quercia