Tempio dell'arte...

LA SACRALITA’ DEL TEATRO

Tema di questi giorni è la riapertura del cosiddetto “Bar del Teatro”, qualche anno fa ci trovammo nella medesima situazione di oggi ed io insieme ad altri 2 concittadini raccogliemmo circa 800 firme per impedire che l’allora amministrazione comunale procedesse alla riapertura del Bar e ridesse al Foyer del Teatro la sua funzione e vocazione originaria. Naturalmente non riuscimmo nell’intento e il Bar fu riaperto con la promessa però che sarebbe stato trasformato in un “Caffè Greco” dove poter gustare la scura ed esotica bevanda circondati dall’arte, dalla storia e dalla cultura. Sappiamo tutti, invece, come andarono poi le cose. Noi avremmo potuto fare ricorso al TAR e, visto che l’atrio del Teatro non ha la destinazione per essere adibito ad uso commerciale, molto probabilmente avremmo avuto ragione, ma spendere 6.000 euro era fuori dalla nostra portata. Ora, al di là degli aspetti giuridici, quello che mi ha colpito nei vari interventi sull’argomento che si sono susseguiti sugli organi di stampa e sui social è il fatto che quando si parla del Foyer del Teatro se ne parla come se fosse un’area staccata dal Teatro, un garage qualsiasi da adibire a bar o negozio o altro. Mi è d’obbligo ricordare che l’atrio del Teatro è esso stesso Teatro e che quando vi si accede, anzi, dirò di più, quando si mettono i piedi sugli scalini d’accesso si entra di fatto nel tempio dell’arte e nella sua sacralità, non è un folle visionario che lo dice, ma la storia dell’uomo.

Certo, se gli scalini fossero di marmo bianco invece che di porfido grigio sporco la cosa aiuterebbe, tuttavia non dovrebbe essere difficile capire che in un luogo sacro non può esserci spazio per attività commerciali che hanno un’altra funzione, del resto non mi risulta che negli altri Teatri italiani ci sia un bar privato all’interno del Foyer, Atri, in questo senso, ha da sempre rappresentato una pessima anomalia e troppo volte è accaduto che mentre si svolgeva uno spettacolo gli avventori presenti nel “Bar” intenti a seguire con foga i posticipi del campionato di seria A oppure ad ascoltare con partecipazione il festival di Sanremo emanavano ululati causando le forti e sacrosante lamentele degli attori impegnati a recitare. Inserire le restrizioni come: niente TV, niente gelati, niente patatine e bevande ecc. per salvare capra e cavoli non ha alcun senso, il gestore di un bar deve fare profitto, come è giusto che sia, non può rinunciare a tutte queste cose e abbiamo già visto cosa accade, s’inizia con tutte le buone intenzioni e dopo qualche tempo si finisce per ripristinare tutto perché altrimenti non si guadagna abbastanza. Il Bar deve fare il Bar e il Teatro deve fare il Teatro, ogni cosa deve avere il suo luogo ma purtroppo in questo paese ci sono tante cose che stanno in posti dove non dovrebbero stare, e questo, ahimè, vale anche per le persone. Asserire poi che l’assenza di tavolini e ombrelloni in piazza penalizzi la movida e il turismo è francamente un limite, il prestigio di una città d’arte, come amiamo definirci, non dipende solo da quanti aperitivi riesce a sfornare, tanto più che non mi sembra che manchino i bar in questo paese, e rovinare il Teatro per aggiungerne un altro fuori luogo è del tutto inutile e dannoso. So perfettamente che questo mio intervento non sarà preso nemmeno in considerazione, per svariate ragioni, figuriamoci. Tuttavia, visto che siamo ancora in tempo, voglio lo stesso invitare l’amministrazione comunale a valutare l’ipotesi di non riaprire alcun bar nell’atrio del Teatro ma di sfruttarlo per quella che è la sua vocazione naturale: si potrebbero allestirci delle piccole mostre fotografiche o di altro; si potrebbero organizzarci presentazioni di Libri; piccoli concerti; farci periodicamente delle letture di poesie e opere letterarie; metterci un punto informativo di arte e cultura e tante altre cose inerenti al mondo del teatro e dello spettacolo. I mancati introiti derivanti dall’affitto del locale, che si aggirerebbero intorno ai 12mila euro l’anno non sono determinanti per un comune come Atri, e comunque sono facilmente recuperabili in tanti altri modi. Se facciamo vivere il nostro Teatro Comunale 360 giorni l’anno in tutti i suoi aspetti vedrete che il turismo e la movida la si può fare anche in maniera diversa e magari tutti noi impareremmo qualcosa in più il che non ci farebbe proprio male.

Francesco Anello