L'ABRUZZO IN LIBRERIA

UN LIBRO DI DONATO DE FRANCESCO

Novità in libreria, di un autore abruzzese a 360 gradi, Donato De Francesco:  I Misfatti della ragione, riflessioni di un vecchio analfabeta sulla putrefazione postmoderna (ed. “Il Cerchio”, 2020, pp.277, euro 26,00), con prefazione del Prof. Paolo De Lucia, docente di Storia della Filosofia all’Università di Genova. 

Donato De Francesco, 88 anni, di S. Eusanio del Sangro, compaesano quindi dell’umanista Cesare De Titta, poeta trilingue che percorreva l’Abruzzo in sidecar (allora si diceva “motocarrozzetta”), è maestro elementare con studi universitari. Profondo sostenitore della vita contadina, è stato sindaco del paese natio. Programmista della RAI, ha lavorato nella sedi di Napoli, Roma e Pescara, e soprattutto nella città adriatica ha lasciato il segno del talento. Erano gli anni di Giulio D’Amicone, Franco Farias e Maria Rosaria La Morgia, l’avvento del TG regionale, la presenza dei programmi a diffusione locale, quando non esistevano canali tematici e lo schermo pilotato dall’utente.

Memorabili i documentari natalizi, “Crustoli e caviciunitte”, andato in onda il 21 dicembre 1981, dove la denominazione sembra metter d’accordo l’Abruzzo dei cento campanili, e quello dell’antivigilia del 1983, in un giorno importante nel calendario regionale, per la festa della Squilla a Lanciano. De Francesco ha scavato nel terreno delle tradizioni popolari dell’anno e della vita, come nel documentario del Carnevale di Rapino, il paese chietino della maiolica, famoso per il corteo delle Verginelle, ovvero bambini ingioiellati per la processione mariana dell’8 maggio. Con la rievocazione del Carnevale del 1861, si parlò del brigantaggio, sgargiante pagina della storia contemporanea d’Abruzzo.

I documentari hanno riguardato pure l’ambiente, e non poteva essere altrimenti, come quello sull’erosione della costa a Montesilvano. Tra i programmi radiofonici ricordiamo la discussione con il Prof. Alfonso Bizzarri, docente di Storia e Filosofia nei licei e musicista, circa la musica popolare. Era il 1983 e moderava Franco Farias, poco prima di passare a tutti gli effetti nella redazione giornalistica. Una discussione costruttiva, da rileggere quasi 40 anni dopo, con le acquisizioni dell’etnomusicologia e dell’antropologia culturale, ben studiata in Abruzzo. Si parlava di Antonio Di Jorio, padre della canzone regionale e musicista poliedrico.

Donato De Francesco, nell’otium frentano, vive la seconda giovinezza. E’ uno di quei vegliardi della cultura, illuminata dalla fede, costruttrice di cenacoli. Un po’ come lo storico Raffaele Colapietra. Ha creato il personaggio di zi’ Ntonio, nome ben appropriato per un abruzzese, perché si scorgono il padre del monachesimo adottato nel Medioevo dagli abruzzesi perché lottatore contro il maligno (famoso il documentario sul S. Antonio di Francavilla al Mare, con Pasquale Del Ciotto) e il discepolo di S. Francesco, neppure passato per l’Abruzzo, quando da Messina risaliva ad Assisi per l’incontro con il Santo Poverello, difensore dei poveri e degli oppressi, in tutti i luoghi dove ha operato nella breve e intensa vita.

Pregnante l’analisi politica, dove parla dell’origine comune di illuminismo, liberalismo, socialismo e massoneria.  Tra le righe di De Francesco scorgiamo il concetto di trasversalità della massoneria. Pur di raggiungere il potere, e qualunque potere, siamo disposti a portare qualsiasi casacca. Il collante è l’antropocentrismo, l’umanitarismo e l’esaltazione della libertà.

Paolo De Lucia, allievo di Adriano Bausola, per 15 anni Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di cui ricordiamo il ventennale della morte, ha gli insegnamenti di Storia della Filosofia Contemporanea e Storia della Filosofia italiana.  E’ stato Commissario per i Dottorati negli Atenei di Verona, Trento e Madrid. Nell’agile prefazione, entrando nei meandri della mitologia, espone il paragone con l’Iliade e l’Odissea. Testi fondamentali per gli studi classici. Ulisse è  il rappresentante degli insediamenti costieri, quindi della città, mentre Polifemo, è esponente della campagna.

Le parole, a volte un po’ difficili, rendono ancora più interessante il testo. Un libro lo possiamo leggere con occhi annoiati, oppure con la fame di conoscere e sperimentare emozioni nuove.  Ma anche con la lente della nostalgia. Il filosofo giuliese quando parla di De Francesco come rabdomante dell’inautentico, menziona la favola dei vestiti dell’imperatore di Handersen. La voce dell’innocenza, priva di convenzioni sociali dettate dall’interesse economico e sociale, ma anche del quieto vivere, è immagine dell’infanzia, periodo e condizione da recuperare. Infanzia da non confondere con infantilismo.

Donato De Francesco ha il potere di ricondurre a lieti pomeriggi della fanciullezza, quando ancora si parlava di putrefazione postmoderna. La patina della nostalgia non ci restituisce il passato come è stato in realtà, direbbe Indro Montanelli, ma offre infinite possibilità di riflessioni.

SANTINO VERNA