IL CALORE DEI RICORDI

LA MIA SCUOLA: I PROFESSORI DI MATEMATICA 

Primi giorni di scuola arriva la professoressa di matematica: La Milillo. Nel primo appello,  leggendo il cognome disse : “vediamo se sei bravo come tua sorella” e si riferiva a Lina. Dopo un paio di lezioni arrivò la professoressa Baldini che durò per tutto l’anno. Al secondo anno arrivò Liliana Pomante che restò anche nel terzo anno. Quindi ho avuto due professoresse di matematica, entrambe brave ed entrambe giovani ed appena laureate che mi hanno danno i primi elementi di algebra.

Ogni volta che incontravo la Pomante era felice di salutarmi e mi diceva sempre che ero il suo bravissimo alunno. Un giorno ho avuto la fortuna di salutare insieme le mie due professoresse. Per gli auguri su facebook una volta le risposi “E vero che io ci avevo messo del mio ma una buona parte del merito era dovuto alla sua bravura ad avermi insegnato i primi rudimenti di algebra che mi sono serviti fino all’ultimo giorno di ingegneria”. Le cose nella vita vanno sempre insieme per cui è difficile stabilire il merito tra le due azioni.

Ottobre 1959 la mattina la Pomante spiega una cosa nuova e dice che il giorno dopo  non avrebbe interrogato. Il pomeriggio grande partita di calcio al campo sportivo e così non ho dato neanche uno sguardo a quello che la Pomante aveva spiegato. In quel tempo fare una partita di calcio al campo sportivo era un evento da non perdere. La mattina dopo sorpresa. E la Pomante chi interroga? Il sottoscritto. Naturalmente l’interrogazione non andò bene.

Il giorno dopo mia madre mi fece una ramanzina, poche parole ruvide e pesanti “due sono le cose o studi o vai a lavorare”. Io non me ne curai, sapendo come stavano le cose, e a fine anno arrivò un bell’8.

Questo era la bellezza (o la bruttezza) della vita di un paese e la fotografia della realtà atriana degli anni ‘60. La Pomante aveva incontrata mia madre e le aveva raccontata la mia pessima figura. In quegli anni la vita era così, senza giri di fronzoli e con la povertà che c’era, si andava a lavorare già a 10 anni e non c’era nessuna legge o istituzione statale che impediva di farti lavorare. Adesso si continua a studiare anche se non si hanno le capacità perché per legge non si può lavorare.

Maggio 2019, sono ad Atri per farla vedere a dei nipoti americani. Vado a trovare la Pomante che mi racconta un fatto per me inedito. Anno 1966 finito l’esame di maturità con un ottimo risultato si presenta il problema se continuare a studiare. Mio Padre chiede un consiglio a lei (e forse anche ad altri) dicendole “ma come facciamo a mandarlo all’università se non ci sono i soldi per mangiare”. La Pomante rispose “non mangi e mandalo all’università perché lo merita”. Un racconto scioccante sia per il contenuto e sia perché non pensavo che mio padre potesse giungere a tanto. Il resto è storia ma con tanti sacrifici soprattutto i primi due anni di università.

La chiamo con il cognome per quell’atto di riverenza e di rispetto a cui siamo stati abituati fin da ragazzi nei riguardi dei professori. Non l’ho mai considerata una amica ma sempre la professoressa che mi ha dato tanto per la mia professione. Lei in classe era buona, severa (se necessario) e giusta. Non é  stata mai cattiva e burbera come qualche altro professore. Era rispettata e stimata da tutti gli alunni anche se non pretendeva il rispetto. Non l’ho mai vista arrabbiata e mai una imprecazione contro qualcuno, era cordiale, mai antipatica e quasi sempre con il sorriso.

Le sue lezioni erano semplici, anche per argomenti difficili, si capivano subito e rimanevano nella mente (forse per questi giudizi sono il meno adatto). Mi ricordo i complicati problemi di geometria solida che oggi dico sono la realtà di tutte le cose, basta vedere una chiesa o un monumento.

Nicola Dell’Arena