TRADIZIONI NATALIZIE AD ATRI

C’ERA UNA VOLTA IL NATALE…

Nel clima natalizio in Atri si entra con la Solennità dell’Immacolata Concezione, festa assai sentita nella cittadina dei calanchi, soprattutto con l’accensione e la sfilata dei “faugni”. L’8 dicembre, come anche il 13, festa di S. Lucia, era giorno propizio per allestire il presepe nelle case.

Il Natale era annunciato dagli zampognari che scendevano dai monti, vestiti con i particolari abiti dove risalta la lana di pecora. Il periodo di questi suonatori si è allargato, quindi è possibile incontrarli anche molto prima del Natale, ma non è piacevolissimo ascoltarli a novembre, e qualcuno non li vuole sentire, perché il mese dei defunti non si tocca.

In quasi tutte le chiese di Atri si fa il presepe. S. Francesco ha quello permanente, una piccola ricostruzione della Natività con qualche pastorello, nella cappella di S. Raffaele, per ricordare il primo presepe vivente della storia, a Greccio, nel 1223, nello stesso anno in cui era nato un altro Francesco, della famiglia Ronci di Atri, nei pressi della chiesa del Patriarca dell’Ordine Serafico. I frati conventuali preparavano sempre un bel presepe e l’allestimento era già una festa.

In Cattedrale l’arrivo di Gesù Bambino prevede tre simulacri, uno per la mangiatoia in presbiterio, uno per il presepe all’interno della chiesa, in un luogo scelto di anno in anno, uno per quello all’aperto. E’ il Bambinello tradizionale, con le caratteristiche occidentali e le braccine aperte, quasi anticipo del sacrificio della croce.

In S. Giovanni un anno fu realizzato il Mistero della Natività, utilizzando un manichino per rappresentare la Madonna e la “conocchia” di S. Liborio per S. Giuseppe. La statua vestita del Vescovo francese, custodita nell’attiguo oratorio confraternale, divenne immagine del padre davidico di Gesù.

In S. Nicola vengono messi in rilievo due angoli per il Mistero: il prolungamento absidale e uno spazio nella navata destra. La S. Messa della notte di Natale è sempre stata molto sentita, con grande partecipazione di fedeli e alla liturgia veniva fatta spesso la processione introitale, attraversando la navata sinistra per giungere all’altare da quella mediana. Ma il momento più toccante era ed è l’arrivo di Gesù Bambino, deposto nella mangiatoia.

Il giorno di Natale chi non è potuto andare di notte, va alle celebrazioni mattutine o serali. Nel 1999, la S. Messa della tarda mattinata in Cattedrale segnò l’apertura del Grande Giubileo e fu presieduta dall’allora Arcivescovo di Teramo- Atri, Mons. Antonio Nuzzi. Per l’occasione il diacono indossò la dalmatica barocca degli Acquaviva.

Momento sentito è il 31 dicembre, con il Te Deum di ringraziamento in Cattedrale, con la partecipazione del Sindaco e della Giunta. Partecipa sempre la schola-cantorum che oltre al canto che denomina la celebrazione esegue brani natalizi, alcuni della tradizione francescano-conventuale come Che magnifica notte di stelle, di P. Domenico Stella, direttore della Cappella Musicale della Basilica di S. Francesco. Dopo la S. Messa, lo scambio degli auguri.

Da Pineto, nel 2006, è nata la tradizione nella chiesa delle clarisse di aspettare l’arrivo del nuovo anno con la celebrazione eucaristica, congiungendo il Te Deum con il Veni Creator, invocazione allo Spirito Santo, meno famoso dell’inno attribuito a S. Ambrogio, forse perché legato al 1° gennaio, quando il precetto festivo è stato assolto e magari si ha ancora sonno.

Il 1° gennaio dal 1968, per volere di Paolo VI, è giornata mondiale della pace e talvolta la S. Messa per la pace in Cattedrale è stata presieduta dal Vescovo diocesano.

Il 6 gennaio, la tradizionale visita ai presepi, con il giro delle chiese. Dopo la S. Messa avviene il bacio del Bambinello, anche se questo rito talvolta è stato trasferito alla domenica successiva, quando l’Epifania si trova negli ultimi giorni della settimana, per prolungare il tempo natalizio prima del ritorno alla normalità. E’ il giorno dell’infanzia missionaria, quindi un giorno rivolto particolarmente ai bambini.

Nelle case, prima dell’avvento di Internet e di Facebook, era consuetudine ad Atri radunarsi, grosso modo dall’8 dicembre al 6 gennaio, per giocare a carte e fare quattro chiacchiere, non necessariamente con una lauta cena, ma consumando tra una battuta e un ricordo, qualche dolce natalizio. Da questa tradizione si è sviluppata la “nottata”, prolungando l’incontro del giorno prefestivo fino alle 5 del mattino, quando si esce per i “faugni”, per poi partecipare alla Messa antelucana in Cattedrale che un tempo aveva grande solennità per la presenza dei tre sacerdoti, ovvero presidente, diacono e suddiacono. La Messa alle 6 del mattino (una volta ancora prima delle 6) si ricollega alla tradizione ispanica del ricordo della vigilanza nel tempo di Avvento (per questo si diceva “Messa del gallo”).

Negli anni ’80 e ’90 il periodo natalizio aveva per sottofondo lo scoppio dei petardi, associati soprattutto alla festa dell’Immacolata e alla notte di S. Silvestro, per salutare l’anno vecchio e come auspicio per l’anno nuovo. Chi non aveva raudi o pirat, si accontentava di un piatto vecchio da buttare dalla finestra o sulla strada o in giardino, tanto per fare un po’ di rumore.

L’aspetto enogastronomico non è secondario nelle tradizioni natalizie atriane. Il pranzo di Natale, ovviamente, è il più solenne, preceduto dalla cena della vigilia, a base di pesce, con le portate che vogliono ricordare i 9 mesi di gestazione della Madonna, ma anche la novena di Natale. I dolci, prima della globalizzazione culinaria di pandori, panettoni e panforti, erano e sono i calcionetti, le neole, i bocconotti e la pizza dolce. Il parrozzo, comprato o fatto in casa, fa sempre la sua presenza, specialmente in quelle famiglie dove vi sono pescaresi o c’è stato un rapporto con la città dannunziana.

Il 31 dicembre atriano è stato toccato dalla globalizzazione con le lenticchie che un tempo si mangiavano particolarmente il Mercoledì delle Ceneri, forse per l’associazione al piatto di Esaù. Abbinati all’ultimo giorno dell’anno hanno il significato dell’abbondanza, per la somiglianza con le monetine. Pertanto mangiare molte lenticchie significa avere più soldi nel corso dell’anno, malgrado la crisi che ci accompagna. La sera di S. Silvestro si faceva una cena normale, a base di carne, con il Montepulciano, prima dell’arrivo della mezzanotte.

S. Silvestro, titolare della Chiesa Madre di Mutignano, il borgo minore più vicino ad Atri, è raffigurato nel ciclo pittorico del Delitio nella Cattedrale di Atri, come S. Stefano, S. Giovanni Apostolo e la Strage degli Innocenti, quasi una catechesi attraverso l’arte, un’agiografia visiva pure per il santorale natalizio.

SANTINO VERNA