UNA NUOVA CARRELLATA: I SANTI E LA PESTE

SAN GIORGIO E IL CORONAVIRUS

Uno dei Santi più popolari di aprile, è S. Giorgio martire. Abbiamo poche notizie su questo testimone della fede, denominato “megalomartire”, perché molto venerato nell’Oriente cristiano. Anche l’Occidente gli ha riservato chiese, statue e feste, ma la devozione si è un po’ affievolita con l’era contemporanea.

Giorgio era nato in Cappadocia, nella seconda metà del III secolo. Dopo la morte del padre, pagano, con la madre cristiana, si trasferì in Palestina, dove approfondì la fede nel Signore e distribuì il denaro ai poveri. Entrato nella carriera militare, si conquistò le grazie dell’imperatore Diocleziano che ne ammirava la virtù e il coraggio.

Quando fu indetta la persecuzione, Giorgio arditamente lacerò gli editti imperiali e per questo venne arrestato. Resistette con forza alle lusinghe e ai tormenti, e dopo aver resi vani tutti gli sforzi dei persecutori, fu condotto al supplizio. Il coraggio impressionò fortemente Alessandra, una moglie di Diocleziano che si dichiarò cristiana e meritò di essere associata alla corona del Santo guerriero.

Dopo il martirio si sviluppò la leggenda del drago. In un Paese lontano, viveva un drago in uno stagno e richiedeva vittime animali. Quotidianamente per tenerlo buono, dovevano fornire alla sua bocca, buoi e agnelli. Quando questi finirono, si richiesero le vittime umane. Allora il Re di quel luogo decise di tirare a sorte. Pertanto due sfortunati ogni giorno venivano condotti allo stagno, per entrare nelle fauci del drago.

Un giorno, nel sorteggio, cadde la figlia del Re e questi cominciò a piangere perché voleva risparmiare la figlia. Ma il popolo insorse perché la legge era uguale per tutti. Se il Re non avesse sacrificato la figlia, il popolo gli avrebbe bruciato la casa. Mentre la fanciulla si avviava verso il drago, comparve S. Giorgio, il quale incatenò il drago e lo portò in città, come un cagnolino. Promise che avrebbe ucciso il mostro, se il Re e il suo popolo si fosse convertito al cristianesimo. Il Paese si convertì, il drago fu ammazzato, la principessa fu data in moglie al valoroso cavaliere e il popolo ricevette il Battesimo.

Come si vede nella leggenda, il drago è simbolo del paganesimo. Dato che le acque erano spesso insidiose, per le inondazioni e la gente affogata, si immaginava un drago all’interno di essa. Per questo varie città con il problema dell’acqua, elessero a patrono S. Giorgio. Tra queste Ferrara e Reggio Calabria. La prima conobbe S. Giorgio attraverso Ravenna, per le relazioni con Bisanzio, la seconda, al centro del Mediterraneo, per i rapporti molto grandi con l’Oriente. E’ ovviamente venerato a Venezia, dove è eponimo di una grande Basilica, a Genova e a Campobasso, pur non essendo città di mare. Nel capoluogo del Molise è presente in un quadro dei Misteri, la processione attenzionata dai demologi, nel giorno del Corpus Domini, con le statue viventi, ormai da tre secoli.

Molto venerato nel Regno Unito, soprattutto a partire dal 1222, con il nome del megalomartire sono stati battezzati diversi inglesi, della casa reale e del popolo. Per aver sconfitto il drago, pericoloso animale fantastico, divenne Santo dei combattenti.

Nei Paesi Slavi si diffuse la tradizione di salutare l’arrivo della primavera, con la festa di S. Giorgio. Per le strade del paese un giovane inghirlandato veniva condotto al fiume, e simbolicamente buttato. All’ultimo momento era sostituito da un fantoccio. Durante il percorso, con il sottofondo di canti e strumenti popolari, avveniva il giro delle case di parenti e amici, con l’offerta di doni in natura.

L’usanza approdò in Abruzzo, a S. Giovanni Lipioni, forse per le relazioni tra il Molise e l’Alto Vastese con i Paesi balcanici. La tradizione non è mai entrata pienamente nel calendario regionale, perché il Calendimaggio abruzzese è rappresentato da preparazione e consumazione delle virtù teramane, a base di carne, non associata a S. Giorgio, ma alla festa dell’Invenzione della Croce (3 maggio), unita poi all’unica festa della Croce dell’anno liturgico (14 settembre), quella dell’Esaltazione. In tempi non molto lontani, il giorno delle virtù è diventato il primo maggio, festa dei lavoratori, anticamente festa dei SS. Filippo e Giacomo Apostoli, eponimi della Basilica romana dei SS. Apostoli. Nel 1955 Pio XII fissò al primo maggio, la memoria di S. Giuseppe Operaio, anche perché era stata soppressa la festa del Patrocinio di S. Giuseppe nel periodo pasquale. Le virtù non sono piatto esclusivo del primo maggio, ma dei primi giorni del mese mariano.

Per essere stato patrono contro la peste, S. Giorgio è protettore pure contro il coronavirus. E ci invita a combattere contro il male, con la fede, la giustizia e la carità.

SANTINO VERNA