arrivederci online 
 IN RETE, SENZA COMPLESSI
di Guido Alferj
La testimonianza di un grande giornalista 

 

 

 


 

Dalla mitica "lettera 22" alla tastiera del computer
di Guido Alferj 

 

Per prima cosa una confessione: amo in maniera viscerale, in modo sfacciato la carta stampata. Se per quarant’anni ho fatto questo mestiere molto probabilmente è perché, da bambino, ho imparato, dal tatto,  a riconoscere la carta di un giornale dalla carta dell’altro… E, dall’odore dell’inchiostro, un settimanale da un quotidiano. E poi soprattutto perché ho capito ben presto che quei fogli con tante notizie e con tante storie mi inserivano in una comunità, mi facevano sentire cittadino del mondo. Erano la mia finestra sulla vita.

Studente a Roma, quasi impazzivo per la gioia quando, alle mie prime esperienze professionali, il caporedattore di un quotidiano cui collaboravo mi mandava in tipografia a “chiudere” le pagine del giornale: al tipografo mancavano sempre due-tre righe per completare una colonna di testo e mi chiedeva così di allungare un articolo di politica o di sport. E mi emozionava vedere che quei pochi scarabocchi vergati in fretta e furia su un foglietto di carta, dopo pochi istanti divenivano rispettabilissime righe di piombo. Era, qualche secolo dopo Gutenberg , la mia personalissima scoperta della stampa. Tutto questo per spiegare, insomma, il mio grande amore per il giornale, una passione smodata che mi ha sempre accompagnato in tanti anni di attività.

Si può amare, allo stesso modo, un giornale telematico, un notiziario on line, un quotidiano che non ha né carta né inchiostro, che non si trova in edicola e che non costa neppure un euro? Dico la verità, col tempo mi sono innamorato anche del web, tanto innamorato che oggi – in pensione dopo quasi quarant’anni al “Messaggero” e docente di giornalismo all’ università – insegno ai cronisti di domani come ci si inserisce nel mondo del web, come si diventa giornalisti telematici.

Ce n’ho messo del tempo, è vero, a convincermi. Le resistenze al cambiamento, per chi ama il proprio lavoro, sono sempre tante. All’inizio degli anni ’90, quando i pc cominciavano ormai a far parte dell’armamentario degli inviati, io mi ostinavo ad andare in giro per guerre con la mia “Lettera 22”, compagna fedele di tante avventure. Poi non c’è voluto molto a capire che la professione stava cambiando, che il raccontare la realtà non era più una prerogativa e un privilegio di giornalisti col tesserino, che l’informazione si stava allargando e che i nuovi media erano simbolo di partecipazione e di maggiore democrazia.

Questo, oggi, è il mondo dell’ on line. C’è il problema deontologico, certo. Il cittadino che diventa cronista ma anche editore di se stesso, o che diventa blogger fa circolare  nel mondo fatti poco noti , fa girare le notizie, rivela magari storie di corruzione o di mafia  ma si espone anche al rischio di diffondere false comunicazioni. Non sottoposto ad alcuna regola può creare danni ed alimentare poco virtuosi circuiti di  informazione.

Guido Alferj, abruzzese di Ortona, dopo aver collaborato in diversi quotidiani e agenzie di stampa a Roma, è stato per oltre dieci anni responsabile a Pescara della redazione abruzzese de “Il Messaggero”. Dalla fine degli anni '80, sempre per il quotidiano romano, come inviato speciale  ha seguito i principali avvenimenti internazionali e le crisi  che hanno portato alla fine dei regimi comunisti nei Paesi dell'Europa dell' Est. Ha seguito poi la guerra Iran-Iraq e la prima Guerra del Golfo. Dal 1991 fino al 2000 nei Balcani ha raccontato i conflitti che hanno sconvolto l’intera ex Jugoslavia. Nel 1992 e '93 si è recato ripetutamente in Africa: Namibia, Sudafrica, Kenia ma soprattutto in Mozambico e in Somalia durante la missione “Restore hope”. Si è spesso occupato della grave crisi del Medio Oriente, seguendo gli avvenimenti principali a Gerusalemme e nei Territori palestinesi e raccontando in particolare la seconda Intifada e i bombardamenti nella Striscia di Gaza. E' stato più volte in Afghanistan e ha seguito da Kabul le prime elezioni libere del Paese. Fra il 2002 e il 2006 è stato a lungo testimone della guerra in Iraq, con lunghe trasferte a Bagdad, prima durante e dopo la caduta di Saddam. Nel 2007 ha vinto il Premio Russo per i reportage di guerra. Attualmente collabora con un’ agenzia di stampa on line e insegna nel Master di giornalismo dell’ università Lumsa di Roma

Ma nonostante tutto questo, non c’è dubbio che l’on line è il giornale del futuro, è il nuovo modo di informarsi e di informare, in un continuo scambio di notizie. E’ quello che si chiama “giornalismo partecipativo” e che oggi trova applicazione specialmente nelle piccole realtà. La cronaca locale oggi si esprime  infatti principalmente attraverso i nuovi media: e specialmente i giovani, una volta tenuti lontano dall’informazione più “paludata”, si avvicinano a questa forma di giornalismo partecipativo, interagiscono tra loro, l’universo digitale diventa il loro ambiente naturale (si calcola ormai che nel mondo oltre il 70% dei giovani preferisca informarsi sul web).

E’ la fine della mia tanto amata carta stampata? O non è piuttosto vero che la rivoluzione del web e la nascita di tanti quotidiani online potranno dare nuova linfa – e nuove opportunità – al rilancio dei quotidiani stampati? Tra i due tipi di informazione, nel futuro,  ci sarà competitività oppure complementarietà? Ecco, questo oggi si chiedono gli addetti ai lavori. Se lo chiedono in particolare quei colleghi che temono che l’avvento del web possa far sparire definitivamente la figura classica del giornalista: ma se l’informazione continuerà ad essere corretta e democratica, se la rete sfrutterà al meglio le sue potenzialità, sarà esattamente il contrario. Chi fa informazione avrà sempre maggiore spazio nella società. E l’informazione sarà meno elitaria e più completa.

No, i quotidiani on line non uccideranno quelli stampati. Assistiamo oggi a giornali cartacei che scompaiono (in Francia France soir e la Tribune annunciano di passare al digitale, il New York Times lo farà nel 2015) o che investono sempre più nelle edizioni digitali riservate ai pc, agli smartphone o agli iPad. Un fenomeno diffuso in tutto il mondo ma che non presuppone la scomparsa tout court dell’ informazione tradizionale. La carta stampata continuerà a vivere a patto che si rinnovi, che diversifichi le sue piattaforme e i suoi target, che punti maggiormente sulla specializzazione e sugli approfondimenti.

La nascita di “ indialogo”.non può quindi non far piacere a chi vede nell’informazione on line e in particolare nell’informazione locale un’ ulteriore occasione di crescita sociale e culturale. Soprattutto a chi -  come il sottoscritto o come i tanti giornalisti della nostra regione che ricoprono o che hanno ricoperto ruoli di rilievo in tanti importanti media italiani-  rimane  legato all’ Abruzzo e alla sua gente.

Guido Alferj