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L'EPIDEMIA DI OGGI, LA FEDE DEL PASSATO:

quando il popolo chiedeva aiuto al cielo

SAN GIUSEPPE, PROTETTORE ANCHE CONTRO LA PESTE 

Il padre davidico di Gesù e castissimo sposo di Maria, è invocato contro tutti i mali, poiché ha potere presso il Signore. Gesù gli ha obbedito, e gli è stato discepolo, nella bottega del carpentiere di Nazareth. Maria Santissima ha insegnato a Gesù, il rispetto e il dovere, verso il padre nutrizio: “Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo” (Lc 2, 48). La Madonna mette prima S. Giuseppe, quando perdono Gesù dodicenne, tra i dottori, nel tempio.

S. Giuseppe non dice neanche una parola nel Vangelo, come Lazzaro, risuscitato da Gesù, poco prima della sua Passione. Si potrebbe dire che la parola di Giuseppe, è l’obbedienza al disegno di Dio. Un disegno inizialmente incomprensibile, ma illuminato dall’Amore del Signore. Giuseppe è l’uomo dell’ascolto e dei sogni, non un sognatore sprovveduto, ma un uomo che si affida totalmente a Dio, senza mettere il calcolo e l’interesse nelle vicende.

La devozione a S. Giuseppe, sempre grande nella Chiesa, si è rafforzata soprattutto nel secondo millennio cristiano. Uno dei promotori fu Bernardino da Siena, il francescano più famoso del XV secolo. In Italia la devozione divenne grande soprattutto nel Centro, con l’arrivo di due reliquie: il bastone e l’anello nuziale. Il primo, dono di Bessarione ai Camaldolesi di S. Maria degli Angioli a Firenze (fu per un importante periodo città di adozione del porporato greco), alla soppressione del monastero, fu portato presso l’Eremo di Camaldoli, nel comune di Poppi.

L’anello nuziale, ricordo dello Sposalizio di Maria e Giuseppe, devozione sigillata dalla memoria liturgica nel tardo Medioevo, arrivò prima a Chiusi e da questa città, fu trasferita a Perugia, dove tuttora si custodisce nella Cattedrale di S. Lorenzo.

Ma l’exploit devozionale di S. Giuseppe giunge con il Concilio di Trento.  Il padre davidico di Gesù viene invocato per la buona morte, perché esalò l’ultimo respiro tra le braccia di Gesù e Maria. Tutti vogliamo avere nel momento della dipartita, l’abbraccio di Gesù, Maria e Giuseppe. Non solo nell’ora della morte, ma in ogni istante della nostra vita, particolarmente nei momenti di difficoltà, come il coronavirus. Giuseppe, novello Giuseppe del Primo Testamento, venne raffigurato come un anziano, dalla bianca capigliatura, il volto rugoso, le mani callose, in abbigliamento quasi sacerdotale, sin dalla testa calva, evocazione della tonsura del clero. La tunica viola ha quasi sempre lo scollo per giustificare l’amitto. Il manto giallo o marrone, simbolo di protezione dei devoti, divenne un piviale con tanto di prezioso fermaglio. S. Giuseppe è stata la prima pisside e la prima patena, cullando Gesù Bambino tra le braccia. Che tenerezza! E persino il bordone, gruccia dell’anzianità, assunse la forma di un bacolo pastorale, insegna del Vescovo e dell’Abate, nelle celebrazioni liturgiche.

S. Giuseppe fu invocato contro la peste, soprattutto nel XVII secolo, quando guarì miracolosamente un bambino in Francia. La guarigione avvenne nella nazione, dove sarebbe apparso a Bessillon, procurando l’acqua per un pastorello assetato. E’ l’unica apparizione ufficiale del padre davidico di Gesù. Altra apparizione è quella di Fatima, dove in Cielo è accanto alla sua santissima sposa.

La devozione a S. Giuseppe, patrono degli appestati, fu portata avanti nel secolo della peste, dai Cappuccini, ramo del Primo Ordine Serafico, particolarmente dedito all’assistenza nei lazzaretti, gli ospedali degli appestati. Ricordiamo Fra Cristoforo, di manzoniana memoria. Se da un lato è poco adeguato ad assumere la direzione spirituale di Lucia (sarebbe stato meglio un Gesuita allora), è il soldato con la sciabola giusta nel curare materialmente e spiritualmente gli infermi.

I Cappuccini hanno continuato questo servizio, anche con la fine della peste. Dove hanno potuto, si sono messi a disposizione per le cappellanie ospedaliere, portando il conforto dei Sacramenti e della buona parola, ai moribondi e agli ammalati. Incarico condiviso con i Ministri degli Infermi (Camilliani), frutto del Concilio di Trento, il cui carisma è proprio l’assistenza agli ammalati, anche con pericolo di contagio. S. Camillo de Lellis, prima di fondare la famiglia religiosa, aveva conosciuto i Cappuccini, ed era entrato nel Convento di Manfredonia, ma era stato dimesso a causa della salute. Infatti bisognava avere sana e robusta costituzione per svolgere le mansioni religiose.

S. Giuseppe è invocato per allontanare “la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo”. Con queste parole lo preghiamo, dal 1889, quando Leone XIII volle questa preghiera a conclusione delle Litanie nel mese rosariano di ottobre. Il padre davidico di Gesù, nel 1870, era stato proclamato dal Beato Pio IX, patrono della Chiesa Universale e Papa Mastai aveva caldeggiato la nascita del Santuario romano di S. Giuseppe, presso la Basilica di S. Maria degli Angeli alle Terme. Piazza Esedra sarebbe diventata Piazza S. Giuseppe con il monumento al castissimo sposo di Maria. L’entrata delle truppe piemontesi e il Papa prigioniero in Vaticano non permisero la realizzazione di questo sogno.

S. Giuseppe ci protegge particolarmente in quest’inedita e felpata situazione, ovvero la pestilenza dell’era postatomica.

SANTINO VERNA