L'EPIDEMIA DI OGGI, LA FEDE DEL PASSATO:
quando il popolo chiedeva aiuto al cielo... 

SAN MICHELE, L’ARCANGELO CONTRO LA PESTE

Il principe delle milizie celesti, S. Michele, in una delle quattro apparizioni sul Gargano, è stato intercessore presso il Signore per debellare la peste. L’unica apparizione micaelica in questo lembo della Capitanata nel secondo millennio cristiano, riguarda proprio la peste.

Le altre tre furono legate due, alla nascita del Santuario micaelico, con l’apparizione al Vescovo Lorenzo Maiorano, e una alla guerra tra Napoli e Benevento. La grotta dell’Arcangelo, originariamente, era rifugio dei cristiani perseguitati durante le persecuzioni, come le catacombe. Con la consacrazione della grotta dalla forma di chiesa, grazie all’intervento di S. Michele, Monte S. Angelo divenne uno dei quattro luoghi di pellegrinaggio della cristianità medioevale, insieme alla Terra Santa, Roma e Santiago di Compostela. Essendo Monte vicino a Manfredonia, con il porto sull’Adriatico, il Santuario divenne sosta dei pellegrini verso la Terra Santa.

Nel 1656, l’Arcangelo apparve al Vescovo Alfonso Puccinelli. Gli disse che la peste sarebbe terminata. Per ringraziare S. Michele fu eretta una colonna, proprio nei pressi della Basilica. Manfredonia, antica sede vescovile, ebbe sempre un’importante relazione con Monte, perché ricadeva e ricade nel suo territorio. Il Santuario divenne una sorta di Concattedrale della diocesi, pur non avendo ufficialmente questa prerogativa. Per questo motivo, in presbiterio, a sinistra di chi guarda l’altare, come nelle Cattedrali, è presente la cattedra. E’ una delle quattro cattedre pugliesi delle “non” Cattedrali, assieme alla Basilica di S. Nicola a Bari e alle chiese prelatizie di Altamura e Acquaviva delle Fonti.

S. Lorenzo Maiorano e Alfonso Puccinelli sono predecessori di Mons. Vincenzo D’Addario, Arcivescovo di Manfredonia-Vieste dal 1990 al 2002. L’indimenticabile Don Vincenzo, fu testimone del passaggio di consegne dai Benedettini di Montevergine ai Micaeliti, congregazione polacca. Naturalmente grande devoto di S. Michele fu S. Pio da Pietrelcina, vissuto quasi tutta la vita all’ombra di Monte, presso il Convento di S. Giovanni Rotondo, salvo brevissime interruzioni. Il frate con le Stigmate invitava i penitenti e i fedeli a visitare il Santuario micaelico.

Per sconfiggere la peste, i devoti si munivano delle pietre di S. Michele. La devozione al principe delle milizie celesti, fu rinverdito proprio nel XVII secolo, quando la tela di Guido Reni fu collocata nella chiesa romana dell’Immacolata, in Via Veneto. Divenne l’immagine-tipo dell’Arcangelo, giovane imberbe alato, vestito da soldato romano come potevano immaginarlo le genti del Seicento, nell’atto di sconfiggere il demonio, questa volta dalle sembianze umane.

Copie della tela del Reni si diffusero in tante chiese cattoliche, dove si erigeva un altare o un luogo all’Arcangelo. Atri rispose con fervore all’impulso, e nel transetto destro della Chiesa di S. Reparata, S. Michele divenne eponimo dell’altare. Nel 1936, dovendo ospitare la statua dell’Addolorata, per il rinnovo della processione del Cristo Morto, la tela fu portata nella sacrestia dei canonici. L’altare dell’Addolorata con l’urna del Cristo deposto, ospitò per diversi anni la custodia eucaristica della Cattedrale. S. Michele aiuta i sacri ministri, prima della celebrazione eucaristica.

Acme del culto micaelico, la fine del XIX secolo, quando Leone XIII ne ebbe la visione, dopo un momento liturgico. Cadde a terra, e quando si riprese dallo svenimento spiegò ai presenti quanto aveva vissuto. Per la Chiesa si profilava un periodo di grande tribolazione, ma il principe delle milizie celesti lo assicurava che il bene avrebbe trionfato alla fine.

In questa tribolazione poteva essere incasellato il coronavirus. Papa Gioachino Pecci visse un periodo di grande dolore per la Chiesa, con la secolarizzazione in vari Paesi, e il Sommo Pontefice ancora prigioniero in Vaticano. Sarebbe venuta la Grande Guerra e poi i totalitarismi con tutti gli annessi e connessi. E poi un’altra guerra mondiale.

Nei pressi del Vaticano, a Castel S. Angelo, è presente la statua di S. Michele nell’atto di rimettere la spada nel fodero. L’Arcangelo fu visto da S. Gregorio Magno, ultimo Papa dell’antichità, alla fine della peste, nella città eterna. S. Michele nell’altra mano ha la bilancia, per pesare le anime. La peste e la morte ricordano ai cristiani di ogni tempo e di ogni luogo che un giorno dobbiamo presentarci al cospetto di Dio. La giornata terrena la dobbiamo spendere bene, amando il Signore e i fratelli.

SANTINO VERNA